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La buona novella, De Andrè «rinasce» in dialetto siciliano

La buona novella, De Andrè «rinasce» in dialetto sicilianoFabrizio De Andrè, 1990 – foto La Presse

Note sparse Il riadattamento del fondamentale album di Faber, un progetto del poeta e cantautore Francesco Giunta. La storia dei vangeli apocrifi reinventata con il linguista Giovanni Ruffino e con la cura di Edoardo De Angelis

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 15 dicembre 2021

Impegnato da anni nel recupero del patrimonio linguistico e musicale siciliano, il poeta cantautore e cantastorie Francesco Giunta ha presentato all’Officina Pasolini a Roma, il suo nuovo ambizioso progetto, un riadattamento di La buona novella di Fabrizio De André in siciliano, sfociato in un prezioso e curato album su vinile con la riproduzione della grafica e dei caratteri originari del disco, annunciato da uno spettacolo per voci, pianoforte e percussioni tenutosi al teatro Jolly di Palermo a luglio.

«UNO SFORZO di svariati anni, un’idea che ha germogliato a lungo nella mia testa, complice l’incontro con Fabrizio nel 1997 al Massimo, dove parlammo dell’opera di Rosa Balistreri e del laboratorio di musica popolare a Licata. Quelle parole si innestarono nella mia esistenza diventandone parte – racconta Giunta che ha messo nel booklet del disco anche le sue foto da fan nel 1975 al primo concerto di De André nel capoluogo siciliano, ennesima testimonianza di un affetto radicato per il suo lavoro – Non è possibile immaginare l’importanza e l’effetto che ha avuto oltre cinquant’anni fa l’uscita di un capolavoro come La buona novella. Dal crogiolo di quegli anni sarebbe nato un mondo profondamente diverso da quello che ci lasciavamo alle spalle. A parer mio Fabrizio, perennemente al di sopra della cronaca e delle mode, intuì che una svolta epocale come quella in atto andava sostenuta e testimoniata con un’opera di altissimo valore ideale. Personalmente ritengo che tale opera risulti ancora insuperata».

ECCO COSÌ la riscrittura. Una rilettura o reinvenzione che vuole prendere le mosse o forse riprenderle dal grande lavoro del Fabrizio De André dialettale, che in questo progetto passa diretto per la lezione che Pier Paolo Pasolini ci ha insegnato nel Decamerone, ne I racconti di Canterbury: un’Italia da riscoprire attraverso le sue tante lingue. In questo caso la storia dei vangeli apocrifi rivissuti in un sentito dialetto siciliano, riscritta da Giunta con la benedizione del professore Giovanni Ruffino, linguista, dal 2017 anche accademico della Crusca e con la cura di Edoardo De Angelis e il sostegno della Fondazione De André onlus.
La rappresentazione, dal forte piglio teatrale, si avvale di un cast tutto al femminile con le voci di Laura Mollica, Giulia Mei, Cecilia Pitino, Alessandra Ristuccia, tutte in completo nero come il coro di una tragedia greca, e il pianoforte di Beatrice Cerami, coinvolte nei vari passaggi, da L’infanzia di Maria a Tre madri, da Ave Maria a Il testamento di Tito. Tutti presenti sull’ album in vinile a tiratura limitata numerata di 500 copie (acquistabile in esclusiva su www.francescogiunta.it e www.musicadelsud.it) disco a chilometro zero, costruito e prodotto grazie agli Amici per Buona Novella, tutti citati nel libretto, nome per nome, come fosse un appello d’amore.

«SONO INTERPRETAZIONI sentite con voci meravigliose» – ha detto Dori Ghezzi che ha evidenziato anche l’importanza di conservare il dialetto e le tradizioni popolari per Fabrizio che si è misurato spesso col ligure (Creuza de ma), affidandosi anche al napoletano (Don Raffaè) e al gallurese (Zirichiltaggia) e c’è stata la brava Elena Ledda con la sua riproposta in sardo di Sas Tres Mamas, proprio uno dei brani dell’album sui vangeli apocrifi. «Le suggestioni e la forza rigeneratrice tornano vibranti ad ogni suo ascolto. Spero che sia proprio una buona novella per la Sicilia, per tentare di dire una volta per tutte, in modo chiaro, che il dialetto siciliano non è la lingua dei mafiosi, è la lingua della nostra cultura migliore», conclude Giunta.

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