Cultura

La biblioteca è una performance

La biblioteca è una performance

Scaffale «Umberto Eco: Tra Ordine e Avventura» di Claudio Paolucci, per Feltrinelli. Quando la chiave di accesso al sapere unico non esiste

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 24 ottobre 2017

Umberto Eco: Tra Ordine e Avventura di Claudio Paolucci (Feltrinelli, pp.240, euro 16) è la prima biografia postuma, un’indagine avvincente del fattore x dell’uomo di cultura più noto della seconda metà del Novecento, il più particolare e universale. Paolucci, l’ex studente sostenuto da Eco alla laurea con una tesi contro il suo Kant e l’ornitorinco (1997), vira dal personaggio Eco all’uomo Eco: un talento assoluto coniugato con una ferrea etica lavorativa. Eco non ha mai smesso di studiare, si isolava prima delle lezioni per riordinare le idee, amava chi instillasse in lui dubbi, lo invitava al bar senza vincoli di rango accademico. Se ha rinnovato il fare filosofia e cultura, è perché ha rovesciato le gerarchie, nelle idee e nei comportamenti.

C’È UN MOTIVO conduttore nel percorso di Eco: ha praticato nel proprio tempo il pensiero del «passaggio» (Michel Serres). I filosofi cercano la verità per via diretta; Eco la bypassa, esplorando altri accessi: la «forza del falso» – le distorte verità – e il «potere del riso» – ciò che «fa ridere della verità» (Il nome della rosa, 1980), le deformate e mascherate verità. Il falso è il contrario della verità, il riso ne è il contraddittorio. Sono il lascito prezioso che Eco elabora dallo strutturalismo: un approccio relazionalista al sapere. Eco ha stabilito relazioni fra domini distanti, con passaggi dall’alto al basso – tramite il riso e il falso – dal basso all’alto – Mike Bongiorno spiegato, criticato e riformato usando Husserl – e alto-basso-basso-alto – l’ornitorinco spiega lo schematismo di Kant, ma la teoria kantiana della percezione e della categorizzazione spiega l’ornitorinco. Caduta, elevazione e feedback: una chiave di accesso al sapere unico non esiste.

Con questo gesto fuori norma, che ha suscitato reazioni violente, Eco forgiava il ruolo dell’intellettuale mediatore: guidare a difendersi dalla manipolazione e a leggere le ideologie sottese alla comunicazione dei media. Apocalittici e integrati (1964), raccolta di saggi sul fumetto, la musica leggera, la radio, la tv, la fantascienza, non è uno spartiacque fra contestatari e sostenitori dei mass media, ma una polemica interna alla cultura alta, che trasmette emozioni già collaudate per subordinare il pubblico: Superman è un «messaggio minimo» con cui la cultura alta controlla le masse. Pulsa il Barthes dei Miti d’oggi: i media creano miti attraverso stereotipi, suggerendo cosa desiderare.

LA SEMIOTICA, che Eco istituisce all’Università negli anni Settanta, nasce come disciplina di militanza, che aiuta a discernere e a opporsi al conformismo; è infatti il «campo» in grado di connettere domini distanti. Dal 1971 Eco scrive sul manifesto con lo pseudonimo di Dedalus, leggendario architetto del labirinto di sentieri in cui muoversi. La biblioteca di Eco sarà a forma di labirinto. Oggi andrebbe portata all’Università, da dove tutto è partito e per risollevarne le sorti. Mediazione e slittamento dei segni (Peirce) hanno sempre avuto una valenza critica, politica in Eco, tanto che «un semiotico è il nome più appropriato per ciò che ha fatto durante la sua vita». L’ambizione era costruire un modello di cultura enciclopedico: conoscenze organizzate in forme di relazione, prendendo la biblioteca come strumento di lavoro e concatenando la propria storia ad altre stockate nell’enciclopedia del già detto.

SI AVVERTE, nella scrittura di Paolucci, il desiderio dell’allievo fidato, che rinfresca gli insegnamenti del maestro per tenerlo in vita e tramandarlo. L’unione delle opere teoriche e dei romanzi è la più grande eredità di Eco, un «ornitorinco» che assembla pezzi di filosofia e non filosofia. Teoria e narrazione si nutrono l’una dell’altra. Ciò che non si può dire nella teoria, si mostra da sé (Wittgenstein) nella narrazione. La lettura di romanzi, cioè di mondi costruiti ma inemendabili e ineluttabili, che hanno come oggetto problemi storici, insegna a vivere moltissime vite, non solo la propria, e quindi a morire. In Eco, però, teoria e narrazione, dire e mostrare restano su binari paralleli.

LA TEORIA SI OCCUPA, con i segni, della realtà; il racconto, ambito della «finzione», non può fare teoria, ma, con il falso e il riso, dona sprazzi di verità per rivedere le congetture sul mondo. Ordine delle idee e ordine delle cose ugualmente si biforcano. Per Paolucci un rilancio importante del pensiero di Eco sta allora in un’enciclopedia tesa all’avventura più che alla classificazione, meno gerarchica e arborescente e più rizomatica, capace di presentare diramazioni, ma anche di incrociarle e districarle. La struttura peer to peer dei social media richiede discipline impegnate nella disambiguazione e nel giudizio, rispetto a imbecilli della rete e non. Ripartiamo da qui. Saremo nuovi Dedalus o non saremo affatto.

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