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La beffa degli Emirati «tolleranti»

Diplomazia vaticana Il viaggio di Papa Francesco stato uno strumento di propaganda di un Emirato che con 1,5 milioni di abitanti spende in armi 22 miliardi di dollari l’anno, più dell’Italia. Questa missione del Pontefice è stata usata dalla monarchia assoluta del principe Mohammed bin Zayed per rifarsi un'immagine deteriorata

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 6 febbraio 2019

Quasi da non credere. Ecco un Paese aperto al dialogo e tollerante verso le minoranze. Indovinate chi è? Ma gli Emirati Arabi Uniti certamente, almeno nella descrizione dei reportage della Rai sul papa ricevuto ad Abu Dhabi.

Mai un accenno alla guerra degli Emirati in Yemen, ai massacri contro i civili e gli sciiti e al sostegno dato negli anni a jihadisti in Siria schierati anche contro i cristiani.

Il viaggio di papa Francesco è stato uno strumento di propaganda di un Emirato che con 1,5 milioni di abitanti spende in armi 22 miliardi di dollari l’anno, più dell’Italia.

Questa missione del Papa è stata usata dalla monarchia assoluta del principe Mohammed bin Zayed per rifarsi un’immagine deteriorata: gli Emirati finanziano un esercito di 30mila mercenari per far fuori gli Houthi sciiti e i civili yemeniti in una coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta dagli Stati Uniti. In realtà si tratta di una sorta di Santa Alleanza sunnita che ha pure decretato il bando del Qatar accusato di essere alleato con i Fratelli Musulmani, il versante perdente dell’Islam politico dopo il fallimento delle primavere arabe.

Ma soprattutto si capisce molto bene che sdoganare moralmente le famiglie regnanti del Golfo come quella degli Emirati, legate all’Arabia Saudita – e ormai più o meno direttamente anche a Israele – ha un obiettivo politico ben preciso: quello di stringere in una morsa, utilizzando anche operazioni di immagine, l’Iran, il vero nemico degli assolutisti e dei jihadisti sunniti, che ha colto insieme alla Russia il successo di tenere in piedi il regime di Bashar Assad e che appoggia i ribelli Houthi in Yemen.

Se Assad ha manovrato, proteggendoli, i cristiani a suo favore, gli Emirati e i loro alleati come l’Egitto non sono da meno. Adesso il leit motiv di queste disgraziate dittature oscurantiste è quello di mostrarsi dei paladini delle minoranze del dialogo inter-religioso in modo da potere vantare dei crediti verso l’Occidente nella guerra in Yemen, nella repressione interna e in futuro scontro gli ayatollah di Teheran.

Spiace che il papa sia caduto in una trappola del genere, come se qui non sapessimo che se ci sono state delle potenze ostili alle minoranze e ai cristiani sono proprio le monarchie del Golfo che hanno appoggiato persino l’Isis e i jihadisti pur di far fuori i regimi sciiti e anche i cristiani. Tanto per dirne una gli Emirati riconoscevano il regime di Talebani di Kabul che decapitava in piazza la gente e sbriciolava i Buddah di Bamyan: altro che tolleranza religiosa: ma ormai anche i talebani sono stati sdoganati dagli americani.

Agli Stati Uniti, sostenitori di Israele, l’altro nemico di Teheran, questa new wave è funzionale all’obiettivo di mettere l’Iran in un angolo e di contenere la sua influenza in Iraq, Siria, Libano e nei confronti delle popolazioni sciite del Golfo che si oppongono alle dittature.

Altro che dialogo inter-religioso. Il documento sulla “fratellanza umana” firmato da papa Francesco e dall’Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyeb afferma che “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza”. Ecco gli Emirati sono lì proprio a dimostrare esattamente il contrario. Quasi una beffa.

Qui siamo all’uso strumentale della religione per fini politici. Il Papa ha partecipato all’incontro inter-religioso sul tema “Fratellanza umana” al Founder’s Memorial di Abu Dhabi e haa celebrato messa alla comunità di immigrati cattolici, in gran parte asiatici che lavorano qui in condizioni da servitù della gleba.

Un grande bagno di folla ma anche di lavoratori privi dei diritti più elementari. Senza di loro l’economia degli Emirati, popolati da locali nullafacenti baciati dalla manna petrolifera, non potrebbe funzionare, perché vi è bisogno di manodopera per i lavori più umili, ma anche di espatriati negli uffici e nella finanza.

Certo per la Chiesa è già un grande passo avanti se si pensa alla vicina Arabia saudita dove è proibita perfino la preghiera in privato in una fede diversa dall’islam. Ma dare una patente di credibilità a queste monarchie del Golfo è davvero un po’ troppo.

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