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La battaglia navale tra Salvini e Trenta

La battaglia navale tra Salvini e TrentaElisabetta Trenta

Governo Tanti scontri, anche sugli F35. Ieri l’ennesimo attacco del ministro leghista sulle navi della Marina da mettere in mare

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 luglio 2019

«Trenta propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti»: è l’attacco frontale di ieri del collega di governo Matteo Salvini alla ministra della Difesa. Il vicepremier vorrebbe piazzare un esponente del Carroccio al suo posto perché strategico rispetto alla politica sui migranti e anche perché gli permetterebbe si sfoggiare divise a rotta di collo a ogni campagna elettorale. Lo scorso maggio Salvini a una manifestazione pubblica si era messo il cappello degli alpini per i soliti selfie. Il giorno dopo, alla sfilata a Milano, Trenta rifiutò di fare lo stesso: «Lo possono indossare solo gli alpini. Salvini l’ha fatto? Lui non è un militare, io sì» precisò ai cronisti mettendolo all’angolo.

La Lega chiede la testa di Trenta, i 5S la difendono, il premier Giuseppe Conte fa il muro di gomma: «Non mi è arrivata nessuna richiesta di rimpasto» ha risposto ieri prima del Consiglio dei ministri snobbato da Salvini ma anche da Trenta. Giovedì, dal vertice dei ministri dell’Interno europei di Helsinki, Salvini era andato di nuovo all’attacco: «Un giorno è Fico, un giorno è la Trenta, un giorno è Conte, un giorno è Di Maio, un giorno è Di Battista, governare con quelli che ti insultano è strano». La ministra della Difesa, in sintonia con Di Maio, aveva sollecitato chiarezza sul Russiagate chiedendo a Salvini di presentarsi alle Camere per «dare spiegazioni». Trenta aveva criticato Salvini anche per la presenza al Viminale del sottosegretario dimissionario, perché indagato, Armando Siri all’incontro sulla manovra con le parti sociali.

Lo scontro frontale è arrivato lunedì sul decreto Sicurezza bis. Dal Viminale era trapelata l’intenzione di dire no a un emendamento che stanzia 7 milioni per gli straordinari dei militari di Strade sicure e Trenta sui social aveva reagito: «Voglio una spiegazione di questa ingiustizia. Lo esigo!». Dal ministero dell’Interno era arrivata la replica: «Non sappiamo di che parla». Due giorni dopo era trapelata un’indiscrezione alle agenzie: il posto da commissario europeo a Trenta in modo da piazzare il leghista Raffaele Volpi al suo posto (o Nicola Molteni). In serata era stata la stessa Trenta a smentire: «Si tratterebbe di un caso di promoveatur ut amoveatur, resto dove sto».

Lo scontro più aspro è sulla gestione del dossier salvataggi in mare. Salvini vuole fare da solo in modo da massimizzare gli effetti della sua strategia. Lampante il caso Alex, il veliero di Mediterranea che aveva ottenuto il via libera di sbarcare a Malta i naufraghi. I volontari italiani avevano troppe persone a bordo e, soprattutto, non volevano entrare nelle acque territoriali de La Valletta, dove avrebbero subito il sequestro del natante. Dalla Marina era arrivata la disponibilità al trasbordo sulle motovedette, il caso sembrava chiuso ma il Viminale ha bloccato l’operazione. Così si è arrivati al braccio di ferro con forzatura finale del blocco imposto da Salvini, ingresso a Lampedusa e sequestro.

Effetto collaterale lo scontro tra alleati con Salvini che aveva accusato Difesa e Ministero dell’Economia (da cui dipende la Gdf) di averlo lasciato da solo nella battaglia dei mari: «Domando ai vertici di Forze armate e Guardia di finanza se la difesa dei confini è un diritto-dovere da parte delle istituzioni o no». Dalla Difesa però era arrivata la ricostruzione dei fatti, che svelava la trappola preparata a Mediterranea da Salvini, per poi passare all’attacco con Trenta: «Quanto sta accadendo si sarebbe potuto evitare. Lo avevo detto a Salvini: senza la missione Sophia torneranno le Ong. Non ha voluto ascoltare e si lamenta». Si tratta di quella stessa missione Ue che Salvini ha sabotato fino a ottenere il ritiro dell’impiego delle navi militari.

Ad aprile per bloccare l’altra nave di Mediterranea, la Mare Jonio, Salvini aveva inviato la circolare con il divieto di ingresso non solo alle forze dell’ordine ma anche ai vertici della Marina, provocando l’ira dello Stato Maggiore per la grave ingerenza. Il leader del Carroccio si sente l’unico titolare dell’azione di governo e infatti nella prima stesura del decreto Sicurezza Bis era previsto che la decisione di chiudere i porti fosse in capo solo al Viminale, ai Trasporti doveva arrivare una semplice comunicazione. Dopo un lungo braccio di ferro si è arrivati al testo definitivo con l’obbligo di controfirma per Trasporti e Difesa.
Alla Lega interessano anche gli affari. A marzo Trenta aveva annunciato che sugli F35 ci sarebbe stata una ricognizione per verificare la reale utilità di nuove commesse e Salvini era subito scattato: «Ritengo un danno per l’economia italiana ogni ipotesi di rallentamento dell’acquisto degli aerei».

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