La battaglia delle «terre rare»
Si chiamano «terre rare» 17 metalli, poco noti, ma di crescente importanza per i settori dei trasporti, delle energie rinnovabili, dell’elettronica di consumo, e delle tecnologie militari. Le terre rare […]
Si chiamano «terre rare» 17 metalli, poco noti, ma di crescente importanza per i settori dei trasporti, delle energie rinnovabili, dell’elettronica di consumo, e delle tecnologie militari. Le terre rare […]
Si chiamano «terre rare» 17 metalli, poco noti, ma di crescente importanza per i settori dei trasporti, delle energie rinnovabili, dell’elettronica di consumo, e delle tecnologie militari.
Le terre rare hanno nomi poetici, talvolta ispirati a divinità classiche: scandio, ittrio, lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio (e queste sono le terre rare «leggere»), e poi terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio, e queste sono le terre rare «pesanti», così suddivise sulla base del peso atomico.
Se potete vedere nello schermo dei televisori e dei telefonini le immagini con colori rossi e blu brillanti lo si deve all’europio che tali schermi contengono; i colori verdi brillanti sono dovuti alla presenza del terbio. Il lantanio è indispensabile per la fabbricazione di vetri speciali usati nelle macchine fotografiche e anche come catalizzatori nella raffinazione del petrolio.
I grandi progressi degli schermi di computer e di telefoni cellulari con cui si può comunicare col tocco di un dito, sono stati resi possibili da rivestimenti di terbio e disprosio; i magneti permanenti delle turbine a vento sono costituiti da una lega neodimio-ferro-boro, scoperta nel 1982, contenente circa il 27 per cento di neodimio; una turbina da 1 megawatt di potenza contiene magneti che richiedono circa 200 chili di neodimio. Il neodimio è indispensabile anche in tutti i magneti permanenti presenti sulla superficie dei Cd e dei Dvd, in quelle striscioline nere delle carte di credito e nelle auto elettriche.
Di questi metalli così importanti la natura è avara; infatti sono presenti in piccole concentrazioni in pochi minerali da cui è difficile estrarli.
Per qualche tempo le terre rare sono state prodotte su scala limitata negli Stati Uniti e in pochi altri paesi. Quando si è scoperto che erano essenziali per le nuove tecnologie, nel mercato mondiale si è inserita prepotentemente la Cina dove sono state scoperte a Bayan Obo, nella provincia di Baotou, nella Mongolia interna, grandi giacimenti ricchi di terre rare. Dopo qualche anno la Cina ha interrotto o limitato le esportazioni di terre rare; in questo modo le industrie cinesi che producevano apparecchiature elettroniche, schermi, magneti per le turbine eoliche e per le automobili elettriche o ibride, si sono trovate favorite dalla disponibilità di grandi quantità di terre rare a basso prezzo.
Così si spiega anche perché la Cina occupa una posizione dominante nel settore delle energie rinnovabili; gli altri paesi industriali si sono visti costretti a dipendere dalle importazioni cinesi. Nel 2017 la Cina ha prodotto l’80 percento delle terre rare del mondo, circa 105.000 tonnellate, assorbite per la maggior parte dalle proprie industrie e ne ha esportato circa 40.000 tonnellate.
Nello stesso tempo gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia hanno riattivato le miniere di terre rare abbandonate: l’Australia oggi produce circa 15.000 tonnellate all’anno di terre rare e altri paesi, fra cui la Groenlandia e il Vietnam, hanno scoperto di possedere giacimenti di terre rare e stanno diventando produttori di questi metalli strategici. Inoltre le industrie utilizzatrici di terre rare hanno imparato ad usarne di meno e sono sorte imprese per il recupero delle terre rare dai tubi fluorescenti e da apparecchiature elettroniche usate.
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