La battaglia delle bionde
Documentari Il torinese Michele Fornasiero racconta in «SmoKings» la storia dei fratelli Messina in carcere per evasione e contrabbando e della loro azienda, la Yesmoke
Documentari Il torinese Michele Fornasiero racconta in «SmoKings» la storia dei fratelli Messina in carcere per evasione e contrabbando e della loro azienda, la Yesmoke
Va bene tutto. Anche le sigarette. Insomma, bando alle ciance e al politically correct, che chissà poi chi lo ha deciso ciò che poteva e doveva essere correct. Anche il male può essere utile. Un male, che si scaglia contro un altro male. Molto, molto più grande. In SmoKings, il documentario diretto da Michele Fornasero, si parla dell’avventura dei fratelli Carlo e Giampaolo Messina. Torinesi, proprietari della fabbrica di sigarette Yesmoke, se non fossero personaggi veri i Messina dovrebbero essere inventati da un grande sceneggiatore. E forse non italiano. Puro understatement sabaudo, con tanto di mamma ex professoressa intervistata, con loro, al tavolo di un modesto tinello o cucina, con la frutta tra loro «mi piacerebbe che diventaste come Olivetti» gli dice. «Noi siamo come Olivetti» rispondono.
Orfani di padre, fumatori e al contempo sportivi incalliti, i Messina hanno compiuto gesti incredibili. Appassionanti quasi. Hanno ottenuto un successo economico incredibile, ma non si capisce se questa sia una componente da loro cercata quanto più un fattore accaduto, capitato nel cervello e tra le mani di due genialoidi inseparabili, praticamente gemellari, incapaci di produrre qualcosa di diverso dall’ardito e trionfale.
Un giorno Carlo uscì dalla doccia e disse «Mi è venuta un’idea, vendiamo sigarette via internet». Fu così che partì il sito Yesmoke.com con sede a Balerna, Svizzera, e gestito da Mosca dove i due risiedevano nel 1999. Ogni giorno decine di migliaia di persone acquistavano stecche di Marlboro, Lucky Strike e Camel a un prezzo stracciato, facendogli fatturare fino a 100 milioni di dollari. Tutto funziona senza intoppo per un po’ fino a quando il colosso per eccellenza, Philip Morris, non decide di fargli causa per 550 milioni di dollari, appoggiati dal governo statunitense che, dopo aver permesso che le sigarette venissero consegnate via postale e non aver preteso alcuna tassa, li accusa di frode.
I Messina non battono ciglio. Anche dopo la chiusura forzata del sito nel 2004. Anzi, rilanciano. Sempre Carlo nel film «Mi arrivò la lettera del vice presidente che diceva: Philip Morris non ti perdonerà nulla. Allora decidemmo di aprire la fabbrica in Italia!». A Settimo Torinese. Imprenditori molto più che atipici, amici di Radio Black Out che nei momenti duri li ha sostenuti. Murales anticapitalisti in ogni dove in fabbrica. Unico obiettivo: ostacolare le grandi multinazionali del tabacco. Riuscendoci! Ma più il prezzo delle loro sigarette viene mantenuto basso più lo stato italiano, complice dei grandi capi, continua a mettere loro i bastoni tra le ruote. Dal canto loro i Messina hanno più volte citato in giudizio lo stato per le palesi incoerenze palesate dalle dinamiche del monopolio. Infinite battaglie, molte delle quali vinte.
Come quella per le Diana, sigarette dal packaging completamente italiano ma nella concretezza prodotte da Philip Morris «perché devi difendere anche un po’ l’italianità dei prodotti». Lotte lunghe la cui correttezza è stata riconosciuta anche dalla Corte Europea. Il docu film è assolutamente appassionante, sia nel ritmo che nella narrazione. Il contenuto non solo c’è ma è necessario. È un’incredibile storia d’imprenditorialità italiana. Ardita e coraggiosa, romanzata nell’essenza. Eppure, la realtà di questo paese non può che farci sempre e comunque lo stesso effetto: tristezza. Abituiamoci a perdere. Mettiamoci nella posizione giusta per farci meno male possibile perché questo deve succedere, ci si deve piegare. Ora, il mondo delle sigarette di per sé è già difficile da rendere amabile a tutti, ma tant’è fino a non molti anni fa il 95% delle bionde che aspiravamo era italiano. Oggi, c’erano praticamente solo più loro. C’erano.
Il 27 novembre 2014 i fratelli Messina vengono arrestati con l’accusa di contrabbando di tabacchi lavorati ed evasione per 90 milioni di Euro. L’operazione è stata condotta da Italia, Germania e OLAF su segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli -Direzione Centrale Antifrode e Controlli. Attualmente sono in attesa di processo. «Fare sigarette dovrebbe servirci a impegnarci in qualcosa di più grande» affermano. E ancora «Non date per scontato che Stato e legalità dicano Vangelo».
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