Va detto subito. L’edizione maschile di Wimbledon non è stata scintillante, pochi incontri realmente combattuti, i soliti noti a fare la voce grossa, molti dei (quasi) giovani tennisti attesi che per vari motivi hanno perso l’appuntamento con la gloria, a partire dai russi e bielorussi estromessi dal torneo per motivi discutibili, da Matteo Berrettini costretto ad abbandonare a causa del Covid, ai canadesi Félix Auger-Aliassime e Denis Shapovalov eliminati subito, così come il polacco Hubert Hurkacz. Giocatori che avrebbero potuto incendiare la seconda settimana sui prati londinesi e che, invece, si sono persi per strada. A salvarsi, solo Jannik Sinner capace di portare Novak Djokovic sull’orlo della clamorosa sconfitta, e Carlos Alcaraz eliminato dal nativo di San Candido. L’italiano e lo spagnolo, autori di una gran partita, hanno dimostrato che sono là sul punto di prendere il comando delle operazioni.

NON SARÀ d’accordo Stefanos Tsitsipas, ma per fortuna esiste Nick Kyrgios che si presentò al grande pubblico nel 2014 proprio a Wimbledon sconfiggendo Rafa Nadal. E che è l’unico in attività (l’altro è Lleyton Hewitt che non gioca più da tempo) ad aver sconfitto al primo colpo i tre grandi, Roger Federer, Djokovic e, appunto, Nadal.
Otto anni dopo, ieri per l’esattezza, Kyrgios avrebbe dovuto affrontare lo spagnolo per contendergli un posto in finale, ma come tutti sanno il mancino di Manacor, dopo aver clamorosamente battuto Taylor Fritz nonostante uno strappo addominale, si è dovuto arrendere e ritirare. Così, per completare il desolante quadro del torneo più prestigioso al mondo, la semifinale più attesa (alla quale peraltro avrebbe potuto ambire Berrettini) non si è nemmeno disputata. Un match atteso per tanti motivi e che avrebbe visto il pubblico schierato dalla parte del contendente più titolato (in Europa vige intatto il privilegio dell’egemonia).
Kyrgios e Nadal sono giocatori agli antipodi, entrambi con i loro demoni e con varie personalità. Ma se lo spagnolo tiene tutto ben celato, limitandosi a qualche tic, l’australiano non ha alcun freno ed esibisce tutto ciò che lo agita. Si potrebbe definire una personalità auto-distruttiva se mettessimo il successo al primo posto tra i valori della vita. Perché Kyrgios è uno di quelli che poteva mettere nelle teche di casa decine di coppe. Un talento unico, con un tennis che non può non piacere. Potente e creativo, classico e contemporaneo, capace di affrontare senza timore i tre intoccabili, là dove tutti gli altri sembrano disposti a consegnarsi senza manifestare un cenno di ribellione. Ecco, lo stesso Kyrgios che sconfigge Djokovic per due volte di seguito, che travolge Federer, che batte Nadal arrivando persino a fargli perdere la pazienza, solo nel 2022 è riuscito a centrare la prima finale Slam. Perché? Semplice, il successo non è la sua ossessione, il suo obiettivo primario. Altri tennisti hanno fatto in campo cose raccapriccianti, si vedano i monologhi di John McEnroe e le malefatte di Jimmy Connors, ma avevano la ferma intenzione di vincere in qualsiasi modo. L’australiano è diverso anche nel suo modo di perdere.

SE PER KYRGIOS si può parlare in parte di una sorpresa, certamente non è clamorosa l’ennesima finale Slam di Djokovic. Il serbo quest’anno non ha brillato anche per le note vicende australiane sul vaccino anti Covid e per l’impossibilità di giocare negli Stati uniti in primavera. Arrivato a questo punto della stagione con poche partite disputate, ha pagato l’inattività agonistica a Parigi dove dopo due ore di feroce battaglia con Nadal, si è letteralmente spento. A Wimbledon è giunto in condizioni accettabili e per il livello del torneo è stato più che sufficiente. Senza reali avversari, con il solo inesperto Sinner a dargli degli autentici problemi, il campione in carica ha superato l’ultimo ostacolo che lo separava dalla finale, il britannico ma originario di Johannesburg, Cameron Norrie.
Nato come Kyrgios nel 1995, a conferma che i Next Gen non si sono fatti trovare pronti, sostenuto dal pubblico inglese, l’attuale numero 12 del mondo ha dimostrato sul campo una volta di più quella solidità che giustifica la progressiva ascesa verso l’alta classifica. Ma in quanto a talento e personalità, Norrie ne possiede meno del dovuto per ambire a trofei importanti che, peraltro, l’anno scorso sono arrivati con la conquista di Indian Wells e la partecipazione da riserva al Master di Torino. Nella semifinale, il britannico, avanti di un set, ha sprecato qualche occasione nel secondo parziale quando Djokovic stava ancora procedendo con le marce basse. Appena il serbo ha alzato il livello, la partita è praticamente finita.
Domenica si spera in un incontro degno di una finale. I presupposti ci sono, bisognerà solo capire quale versione di Kyrgios scenderà in campo.