Quella sulla cittadinanza è una riforma «indifferibile», da portare avanti «gradualmente» e con il più ampio accordo possibile in parlamento. A piccoli passi, senza forzature, ma anche senza esitazioni perché l’Italia è ormai pronta per costruire un importante cambio di rotta. Cecile Kyenge va avanti nella sua battaglia sullo ius soli, che considera un traguardo non solo per suo ministero ma per tutto il governo.

La titolare dell’Integrazione è tornata sull’argomento intervenendo ieri alla Camera dove, ancora una volta, non sono mancate le provocazioni della Lega, come quando il deputato Nicola Molteni le ha chiesto di condannare l’aggressione compiuta a Milano dall’africano Kabobo. «Non bisogna fomentare l’odio», è stata la risposta. «E’ troppo facile dire che esiste un’equivalenza tra immigrazione e reati, ma non è vero. E’ giusto punire i reati, indipendentemente dall’origine di chi li commette», ha spiegato esprimendo il suo cordoglio per le vittime di Milano.

Nella testa del ministro c’è una versione dello ius soli temperata, non puro come quello che esiste, ad esempio, negli Stati uniti, bensì regolamentata da alcuni requisiti come la residenza regolare dei genitori per alcuni anni. «Alcune mie dichiarazioni sono state strumentalizzate nei primi giorni del mio incarico governativo», ha spiegato Kyenge ricordando le polemiche sollevate dal centrodestra. «L’Italia – ha poi aggiunto – è uno dei paesi europei con una maggiore presenza di stranieri regolari. I nati da genitori stranieri sono il 13% del totale delle nascite. Gli alunni stranieri sono oltre 700 mila. Per molti di loro l’iter per ottenere la cittadinanza è lungo, complesso e farraginoso: nel 2010, 40 mila stranieri sono diventati cittadini italiani, ma ben 50 mila istanze sono ancora in via di definizione».

Occorre dunque procedere a una riforma delle norme in vigore, ha spiegato Kyenge, e questo «può avvenire in un quadro graduale di confronto con tutte le forze politiche». Solo alla Camera sono già 20 i disegni di legge sullo ius soli presentati e che attendono di essere discussi. «Mi auguro che a breve siano esaminati», ha spiegato il ministro facendo intendere che il governo non proporrà un proprio ddl.

Altra questione: il reato di clandestinità. «La competenza è dei ministri della Giustizia e degli Interni con i quali collaboro proficuamente», ha ha detto il ministro. E’ chiaro, però, che un eventuale cancellazione del reato non può prescindere da una revisione delle regole che oggi governano anche i Cie, i Centri di identificazione ed espulsione dove vengono reclusi gli irregolari. «Per i centri – ha detto Kyenge – si spendono 200 milioni di euro, è un problema che dovrebbe richiedere attenzione sull’efficacia della spesa al di là degli slogan».

Scontata, anche se lascia intravvedere una minima apertura, la reazione del centrodestra. «Notiamo che il ministro Kyenge ha sostanzialmente modificato i toni in tema di cittadinanza – ha detto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri -. Ha evidentemente colto anche lei la delicatezza della questione e che forme di automatismo in Italia non sono possibili. Lo ius soli puro non sarà mai legge nel nostro paese ed è bene che la questione sia chiusa. Sul resto, il dibattito è aperto».