Cultura

Kurt Gödel, se la letteratura dialoga con la matematica

Kurt Gödel, se la letteratura dialoga con la matematicaKurt Gödel nel 1929

SCAFFALE «Incompletezza», un libro di Deborah Gambetta pubblicato da Ponte alle Grazie

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 1 giugno 2024

La matematica è forse la disciplina più letteraria che esista, o, in ogni caso, quella che si avvicina di più al senso che una o più opere letterarie racchiudono in sé. La matematica, ovvero il calcolo, la precisione, l’esattezza della formula, la sequenza, le sequenze dei numeri, le costanti, le probabilità; e dopo, però, le variabili, i numeri lanciati nello spazio, il naturale tendere all’infinito, il non raggiungerlo, la curiosità, l’ossessione, il rigore, gli innumerevoli sbagli, il calcolo, le funzioni. Il senso per la ricerca, il senso ultimo dell’esploratore, la regola, la sintassi, la grammatica, la verità. Il verosimile, ciò che completa l’incompleto, ciò che trasforma un fatto da com’è a raccontabile. La matematica, la letteratura e l’incredibile libro di Deborah Gambetta, Incompletezza. Una storia di Kurt Gödel (Ponte alle Grazie, pp. 624, euro 20). Un romanzo, la biografia di un genio, di un uomo, un saggio critico, un memoir, uno sguardo al numero, un altro al suono delle frasi. E un oggetto letterario curioso e profondo, che resterà caro a chi ci avrà a che fare, anche a chi fino a quel momento non si sia mai interessato alla matematica, a Gödel.

Chi scrive poesia, chi scrive romanzi, chi si occupa di fisica, di ricerca scientifica, di matematica ha molte cose in comune, una di queste è il tentativo di mettere ordine, se non al caos, alle cose del giorno, quantomeno orientarle verso un senso. Gambetta ci pare, pensi, che matematica e letteratura ci aiutino a spingerci un poco più in là, ad agitarci sul vuoto e qualche volta a spiccare il balzo verso un punto che è sempre meno ignoto, un punto che somiglia al futuro.

GAMBETTA ha svolto un lavoro lungo e rigoroso, da scienziata, da scrittrice. La posta qui non era la vita di Kurt Gödel, e non era nemmeno la matematica, lo scopo del gioco era scrivere un’opera letteraria – una serie di parole, fatti, immagini che raccontassero la storia di un uomo e insieme a quella altre vicende, anche personali, autobiografiche – che non temesse la sfida del teorema, della formula, del numero che ossessivamente ritorna. Gödel ha qualcosa che somiglia a Gambetta? Ha qualcosa che somiglia alle nostre vite? È un aspetto interessante: mescolare il fatto personale all’oggetto osservato, trasformare tutto in un nuovo manufatto che non somigli né a chi racconta né a chi viene raccontato, ma che si muova di pagina in pagina fino a creare un mondo fatto di senso, di intrecci, di parole che rispondano a numeri, che li reinventino.

L’AUTRICE lascia spazio all’immaginario, perché attraverso le vicende di quest’uomo straordinario – che non si accontentava mai – riusciamo in qualche modo a viaggiare con la fantasia senza arrivare da nessuna parte. Gambetta è capace di mostrarci un uomo che ha fondato la sua ricerca nel tentativo di dimostrare l’incompletezza delle formule matematiche. Qualcosa di vero e non dimostrabile, ecco la poesia, ecco la letteratura, ecco la matematica.
La storia ruota intorno a Kurt Gödel e a chi intorno a lui ruotava, come Einstein e Turing, ruota all’interno del Novecento, quando la scienza accelerava, splendeva, si poneva dubbi, aveva paura e aveva coraggio. Gödel conosceva i limiti della logica e della matematica perché sono quelli degli esseri umani, ma sono in pochi a saperli vedere.
All’inizio del libro Gambetta fa una premessa, avverte il lettore e la lettrice, dice che ci sono pagine complesse di cui forse avrebbe potuto fare a meno, ma poi le ha lasciate ed è la scelta giusta, anche quelle più dense di matematica, anche quelle che rimandano a cose che non conosciamo, arrivano in modo diretto, come fanno le pagine dei romanzi più riusciti.

L’incompletezza della matematica di Gödel, in questo libro, somiglia in qualche maniera alla speranza; l’incompletezza di Gambetta, invece, ricorda la grazia dell’Economia dell’imperduto di Anne Carson (Utopia, traduzione di Patrizio Ceccagnoli). Alla grazia di questo libro noi crediamo.

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