Visioni

«Kontora», una vertigine in bianco e nero

«Kontora», una vertigine in bianco e neroUna scena da "Kontora" diretto da Anshul Chauhan

Maboroshi La rivelazione dello Skip City Festival è il film fotografato in uno splendido bianco e nero diretto da Anshul Chauhan

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 9 ottobre 2020

Siamo in autunno, periodo solitamente caldo per le manifestazioni festivaliere, e al momento la situazione giapponese, così come in molte altre parti del mondo, si divide fra eventi che hanno deciso di passare online, di solito quelli minori, e quelli che hanno optato per una edizione ridotta ma dal vivo. Fra quest’ultime, il Tokyo International Film Festival a fine ottobre ed il Tokyo Filmex nell’ultima settimana di novembre, ed è un fatto significativo che entrambe le manifestazioni si svolgano nella capitale. Nel mare delle rassegne che hanno deciso invece per una edizione a distanza, spicca il Skip City International D-Cinema Festival, nato nel 2004 come evento dedicato al cinema girato in digitale. Il programma di quest’anno, è comunque riuscito a restare abbastanza interessante e nella sezione giapponese la rivelazione, in qualche modo annunciata, è stata la vittoria di Kontora.
Il film giapponese diretto dall’indiano Anshul Chauhan, dal 2011 trapiantato nel Sol Levante dapprima come animatore, aveva infatti già ottenuto dei riconoscimenti al Tallinn Black Nights Film Festival in Estonia e lo scorso luglio nella versione online del Japan Cuts, uno dei più importanti festival dedicati al cinema del Sol Levante che si svolge negli Stati uniti.

“KONTORA” è un lavoro in bianco e nero, fotografato da Maxim Golomidov e ambientato nella profonda campagna nipponica, che nelle due ore e mezzo della sua durata tocca due temi apparentemente distanti fra loro come i ricordi di guerra di un anziano giapponese e la rabbia adolescenziale della giovane nipote, due solitudini diversissime ma che qui finiscono per toccarsi. L’uomo in realtà muore nei primissimi minuti del film, ma lascia in eredità alla ragazza il suo diario di guerra, un taccuino dove durante il conflitto bellico ha anotato i suoi pensieri, accompagnandoli con dei disegni. In questo libretto Sora, questo il nome della protagonista, trova una sorta di mappa che dovrebbe portare ad un tesoro sepolto nella foresta che circonda il piccolo villaggio dove la sua famiglia vive. A questa linea narrativa se ne interseca fin da subito un’altra, quella di un uomo, scalzo, vestito di stracci ed incapace di parlare, interpretato da Hidemasa Mase, che attraversa le strade della campagna e del paese camminando all’indietro.
Il film è una vertigine e la musica realizzata da Yuma Koda ha una parte importante nel creare ed infondere al lavoro un’atmosfera quasi metafisica.

ALLO STESSO tempo però la storia tocca anche temi quali il difficile rapporto tra padre e figlia, la vita ai margini, geografici e e sociali, e la rabbia esistenziale della giovane ragazza. Kontora resta un enigma anche dopo la sua conlusione, il film non scioglie tutti i suoi dilemmi, ma gli ultimissimi minuti riescono, in modo alquanto sorprendente, a sublimarne i significati. Un enigma quindi che ha la capacità di restare negli occhi e nella testa dello spettatore e lo stesso titolo, Kontora (Contra) può significare molte cose, dal camminare indietro dell’uomo, alla carica di rivolta e sempre contro tutto e tutti della giovane Sora. Ma il lungometraggio non avrebbe l’impatto e la carica che possiede, se non fosse per la straordinaria prova attoriale della giovanissima (21 anni al tempo delle riprese) Wan Marui, una prestazione stupefacente, paragonabile in qualche maniera, anche se si tratta di due film completamente diversi e che non potrebbero essere più diversi, a quella di Salura Ando in Love Exposure di Sion Sono.

matteoboscarol@gmail.com

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