Kirchner salvata dalla crescita
Al voto Domenica il rinnovo parziale del Parlamento. Il partito della presidente perderà terreno ma non la maggioranza
Al voto Domenica il rinnovo parziale del Parlamento. Il partito della presidente perderà terreno ma non la maggioranza
A meno di 48 ore dall’apertura dei seggi per le legislative che rinnoveranno metà della Camera e un terzo del Senato argentino, la campagna elettorale si è chiusa ieri con un pronostico considerato certo: il partito della presidente Cristina Kirchner perderà terreno rispetto al plebiscito del 54% conquistato nelle politiche 2011, ma potrebbe migliorare il risultato delle primarie generali d’agosto e, in ogni caso, non perderà la sua maggioranza parlamentare almeno fino alle presidenziali del 2015.
L’ex capo dei ministri nel secondo governo Kirchner, Sergio Massa, guida ancora i sondaggi con un partito d’opposizione riconducibile al centrodestra peronista, ma in realtà assemblato con proposte rubate a tutto l’arco politico e personaggi reclutati nel torbido feudalesimo della periferia di Buenos Aires. Il Frente Renovador si presenta fin dal nome come una forza che vuole modificare e non sconvolgere quanto fatto finora dal kirchnerismo, tuttavia, un episodio ha ridotto il vantaggio che aveva costruito finora: Cristina è dovuta uscire di scena per sottoporsi a un intervento chirurgico in cui le hanno drenato un ematoma cerebrale e da 20 giorni si sa di lei solo che sta guarendo.
Il beneficio in termini di consensi che questo ha portato al suo partito è stato calcolato in circa 3 punti percentuali: i problemi di salute hanno mostrato una presidente vulnerabile e più umana, potendo dove concessioni di campagna come il riconoscimento di un’inflazione alta (finora sempre negata), di una criminalità di strada in aumento (finora minimizzata), e il rilascio di interviste con giornalisti più o meno credibili (finora mai ponderate) non avevano potuto. Così, ora ci troviamo con il centrodestra di Massa tra il 40,5% (Management & Fit) e il 41,2% (Poliarquia) nella provincia di Buenos Aires, ovvero la circoscrizione più popolosa del Paese, in cui vota il 37% degli elettori e si eleggono 35 deputati su 127 in palio e 0 senatori su 24; il centrosinistra peronista di Martin Insaurralde, candidato kirchnerista, al 33,3% nello stesso distretto ed il peronismo ultraliberista del Pro in vantaggio nella Capitale, che fa collegio a sé con 13 onorevoli e 3 senatori.
Nelle altre regioni di peso è probabile che si imponga un terzo tipo di peronismo non-kirchnerista a Cordoba (9 seggi alla Camera) e che i socialisti mantengano il loro storico bastione nella ricca provincia di Santa Fe, dove ci si gioca altrettanti scranni. Questo, col margine d’errore della vigilia, cambierà poco la politica dei prossimi due anni. Nel presidenzialismo americano il capo dello Stato può governare benissimo anche con il Parlamento contro e Cristina, che ha già amministrato per decreto nel periodo compreso tra le precedenti legislative e le ultime presidenziali, domenica non perderà certo una maggioranza parlamentare che sarà rimessa in discussione solo nel 2015.
Eppure, il valore di queste elezioni supera la loro portata istituzionale. Massa non ha mai parlato come un futuro deputato, ma sempre come un candidato a presidente, e questo voto di medio termine sarà per lui il test d’ingresso nella corsa che tra due anni vorrebbe lo portasse fino alla Casa Rosada. In questa impresa, gioca a suo favore il calo dei consensi di cui è vittima il Frente para la Victoria della Kirchner, diventato evidente nelle primarie obbligatorie per tutti i partiti di metà agosto.
In quella prova generale d’elezione, il kirchnerismo è rimasto la prima forza nazionale, ma se tutti i peronismi che gli si oppongono si unissero, dovrebbe cedere il passo. La ragione del disamore è stata interpretata in modi diversi. La destra critica la corruzione e l’arricchimento smisurato che si attribuisce ai ministri, la perdita di valore del peso, l’inazione contro il crimine violento e i metodi autoritari del governo. La sinistra, la partecipazione nello sfruttamento delle risorse con grandi multinazionali estere (minerarie, petrolifere e telefoniche) e il clientelismo dello Stato sociale: ti do solo se poi tu mi fai. Dalla sua, il governo ha la costante crescita economica nei 10 anni da cui è in sella, l’aumento dell’occupazione e il grande charme di una donna d’intelligenza straordinaria. Domenica, vedremo quanto ciascuna di queste cose pesi nel cuore di ogni argentino con diritto di voto.
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