Tra le maggiori e più premiate scrittrici svedesi contemporanee, nata nel 1933, Kerstin Ekman scrive di luoghi selvaggi, sempre al confine tra natura e civiltà, dove gli animali sono ambasciatori di una diversa visione dell’esistenza, lontana dal frastuono delle metropoli, e dalle violenze dell’industrializzazione, che non lasciano in pace neanche i luoghi più isolati. Un tema, questo, caro a molti autori del nord, classici e moderni, da Selma Lagerlöf, a Knut Hamsun, a Tarjeii Vesaas. L’opera di Ekman è stata tradotta in Italia da Carmen Giorgetti Cima, che dal 1998 ha proposto – per il Saggiatore e poi per Cairo – titoli dove viene indicata una linea di confronto con il paesaggio, in tutti i suoi aspetti meno prevedibili: Il buio scese sull’acqua,  La voce del torrente, Sotto la neve, La caccia. Ora esce da Iperborea Essere lupo (nella traduzione evocativa di Carmen Giorgetti Cima, pp. 222, € 17,50). La voce del narratore è quella di Ulf, cacciatore accanito fino dalla giovinezza e ispettore forestale, il cui nome significa lupo, termine a cui un tempo le persone del nord rabbridivano preferendo perifrasi come zampagrigia, il silenzioso o lo sfuggente. Arrivato ai settant’anni, Ulf  viene festeggiato con discorsi, acclamazioni, torte e sherry, mentre gli monta dentro un fastidio che arriva a tradursi in vero e proprio disagio fisico: indotto dalla moglie, rilegge il diario di caccia che ha tenuto dall’età di diciassette anni.

Il suo punto di osservazione è una roulotte nella foresta, e da qui –  trattenendo il respiro – Ulf vede arrivare un lupo, grande, maestoso, reduce dall’uccisione di una preda, che non ha ancora consumato interamente, un animale che si rivelerà capace di mettere in discussione tutti i suoi valori. Avvertita nell’aria la presenza umana, l’animale si volatilizza nel bosco. Il capocaccia, coordinatore degli altri armati, avrebbe il dovere di comunicare l’avvistamento, ma tiene la notizia per sé, fantasticando su dove e quando ricomparirà la bestia favolosa, solitaria come lui.  L’immaginazione si muove, scorrono classici del racconto, sul predatore e la preda: Memorie di un cacciatore di Ivan Turgenev, Il libro della giungla di Rudyard Kipling. Nel pensare a quell’alter ego, che vive lontano dalla sua vista, ma rimane presente per lui, Ulf comincia a rivedere passaggi della sua vita: gli animali impagliati che adornano la sua casa gli danno ormai quasi la nausea, non meno dei  rituali cruenti dei cacciatori che un tempo gli sembravano il sale della vita. Una malattia ora gli dà l’affanno, gli impedisce di muoversi liberamente come un tempo, per cogliere le tracce alla prima nevicata. Intorno a lui, nessuno comprende i mutamenti nel suo pensiero, e tutti gli si rivelano ostili, mentre via via Ulf si sente più vicino al lupo, come lui solitario e silenzioso.