Visioni

Kendrick Lamar, viaggio tra i dolori del mondo

Kendrick Lamar, viaggio tra i dolori del mondoKendrick Lamar nella copertina del nuovo disco – foto di Renell Medrano

Musica Il ritorno del rapper americano con un doppio e superbo album, «Mr. Morale e The Big Steppers», in un'alternanza di stili sbalorditiva e di testi densi di significato. Il 23 giugno sarà in concerto all’Ippodromo Snai di San Siro per il Milano Summer Festival

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 18 maggio 2022

Il più amato, il più invidiato, il più iconico della generazione hip hop degli ultimi dieci anni. L’unico in grado di prendersi sulle spalle l’eredità musicale e sociale dell’intera comunità afroamericana. In grado di parlare di se stesso e raccontare, al contempo e come avesse un megafono in mano, disgrazie verità emozioni e rivalse di un intero popolo. Da Louis Armstrong a Miles Davis, da Marvin Gaye a James Brown, da Mohammed Alì a Michael Jordan e da Michael Jackson a Kendrick Lamar, l’albero genealogico ha nuovi frutti. Il ragazzo di Compton nel giro di dieci anni ha già raggiunto lo stesso status di tutti questi altri che hanno (o hanno avuto) venti, trenta, quaranta anni di carriera alle spalle. A quel popolo si rivolge il suo grido, perché pienamente cosciente delle dinamiche, le metafore, i paradigmi della vita. Sul dualismo singolo e collettivo si snocciola questo quinto disco di Lamar, Mr. Morale & The Big Steppers, appena pubblicato: un viaggio nei suoi traumi personali almeno quanto nei dolori collettivi. Non solo di musica si può parlare quando si ha a che fare con lui, tutto ciò che un rapper vorrebbe essere oggi. Di più. Riesce perfettamente a raccontare, come un novellista moderno, la sua vulnerabilità al pari della sua umanità. È una poetica chiara, un percorso lucido, scandito da tanti elementi.

ROMANTICO l’involucro: un doppio cd, che fa un po’ il verso a un vecchio lp doppio, 34 minuti il primo, 38 il secondo, vale a dire circa 15 minuti a facciata. Un salto nel passato, nella storia – materia che il rapper di Compton conosce e studia con cura maniacale – fino al marzo del 1988 quando il duo hip hop DJ Jazzy Jeff & The Fresh Prince, per il loro secondo lavoro in studio, elaborarono un doppio vinile He’s the DJ, I’m the Rapper. Evocativo nell’icnografia: la foto di copertina è un ritratto secco e sofferente della fotografa Renell Medrano, residente artist del Bronx che tratta la libertà e il sogno partendo dalla sofferenza del retaggio culturale del popolo da cui ha origine, quello domenicano. La vita, la morte e la sofferenza, graffi suoi e del suo popolo, segni indelebili dell’essenza umana. È tutto lì dentro. Kendrick con una corona di spine in fronte, la pistola nella cinta e la figlia tra le braccia. Davanti, sul letto, la moglie che allatta e dietro un muro visibilmente martoriato da colpi di arma da fuoco. Caravaggesca la luce che illumina i punti giusti e dona speranza al “peccatore”. Lo fa risplendere, lo redime, lo purifica. L’album, pubblicato il 13 maggio, era stato anticipato dal singolo The Heart part 5, nel quale campiona senza troppi filtri I Want You di Marvin Gaye, eppure, come già in altre occasioni e per la serie The Heart, il pezzo non è contenuto del disco.

MA CE NE SONO tanti altri, belli, alcuni bellissimi. Come la struggente Mother I Sober. Utilizza l’orribile paradigma della violenza che la mamma subì in giovane età per gridare lo strazio della comunità afroamericana in sei minuti di preghiera cosmica in cui si rivolge a lei, al cugino (forse lo stesso transgender che viene raccontato in un altro pezzo), agli amici che non ci sono più e alla famiglia. Rivolgendo lo sguardo sempre fisso a quella luce della copertina. Assai rinforzato dalla presenza della voce speciale di Beth Gibbons dei Portishead. Perché oltre a diversi collaboratori più o meno noti dell’ambiente guarda anche a quei territori espressivi limitrofi nell’estetica – passando con disinvoltura dal jazz al pop – e nelle collaborazioni, la Gibbons come anche il cantante e produttore britannico Sampha. Notevole l’accoppiata tra la nuova icona dell’R&B Summer Walker e il decano Ghostface Killah in Purple Hearts, turbato il dissing tra Lamar e l’attrice Taylour Paige , più devastante di una rissa tra un uomo e una donna. Che però in qualche modo si risolve già nel titolo del pezzo, We Cry Together. Tanta qualità che ha lasciato senza parole tutti, a partire dal primo fan Eminem e che i più fortunati potranno godere il 23 giugno all’Ippodromo Snai di San Siro per il Milano Summer Festival, dopo 8 anni di assenza dall’Italia.

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