Ken Loach e Luciana Castellina, il dialogo e le battaglie
Festival del Cinema europeo A Lecce, Luciana Castellina dialoga con Ken Loach sui temi contemporanei della politica
Festival del Cinema europeo A Lecce, Luciana Castellina dialoga con Ken Loach sui temi contemporanei della politica
Due personalità generose e appassionate, Luciana Castellina dialoga con Ken Loach sui temi contemporanei della politica, voci autorevoli, protagonisti di movimenti che non si sono arresi. L’occasione è il Festival del Cinema Europeo di Lecce (9-16 novembre) 25a edizione che assegnerà l’Ulivo d’oro al regista inglese collegato da remoto, autorevole protagonista del cinema europeo.
Il loro primo incontro, gli ricorda Castellina, avvenne negli anni Sessanta a Napoli «Grazie a te abbiamo vinto una battaglia importante. Nella periferia c’era un cinema, chiamato Pierrot, che i proprietari volevano chiudere per farne un supermarket. Facemmo manifestazioni e picchetti e ti chiedemmo di venire ad aiutarci e tu arrivasti da Londra a Ponticelli per fare questa manifestazione in difesa del cinema e abbiamo vinto, il cinema esiste ancora!
Questo è il festival del cinema europeo e senza il tuo apporto l’Europa sarebbe stata descritta solo per metà perché aver descritto la classe operaia è essenziale nella storia europea. Penso al tuo film Lo spirito del 45 che racconta una storia simile a quella italiana, di grande entusiasmo per il welfare dell’immediato dopoguerra mentre oggi si fanno manifestazioni a Roma come a Londra per la salute pubblica distrutta pezzo per pezzo.
KEN LOACH: «È molto importante quello che hai detto, mi vengono in mente le parole di Milan Kundera nella lotta dell’umanità il vero obiettivo è la lotta della memoria contro l’oblio. Questo tipo di approccio è anche quello del cinema, il cinema deve essere testimonianza del presente ma deve anche richiamare il passato.
C’è una cosa importante che voglio dire sul film Lo spirito del 45. Nel periodo post bellico c’è stata una fase di progresso molto importante per la classe operaia, per la prima volta moltissimi servizi erano in mano al popolo, servizi sanitari, ma anche l’istruzione, le miniere, i trasporti, l’industria dell’acciaio. Questi servizi erano controllati e gestiti dalla classe operaia e per la prima volta sembrava un progresso. C’era però un problema, l’economia era ancora di tipo capitalista e con il passare degli anni i capitalisti hanno rivoluto tutto indietro perché non si trattava più di utilizzare quei servizi attraverso il pagamento delle imposte per poter aiutare le persone che ne avevano bisogno, si trattava di utilizzare quei servizi per trarne profitto. E alla base c’è proprio questo, il profitto, che ha poi portato alla perdita di tutto. Quando Margareth Tatcher ha vinto le elezioni sconfiggendo il partito social democratico e laburista nel ’79 è tornato tutto indietro, si è tornati alla privatizzazione dei servizi, se non si affronta la questione alla base si tornerà sempre indietro. Quindi se c’è una lezione che possiamo imparare dal 1945 alla fase successiva è proprio questa, non basta cambiare i rapporti dall’alto, bisogna entrare nel nucleo dell’economia se vogliamo che questo cambiamento sia permanente».
CASTELLINA: Sono molto contenta di queste parole perché indicano che non è vero che il capitalismo ha vinto, è perché ha perso, ha dimostrato che di fronte a tutti i problemi che intervengono oggi, la questione ecologica, il fatto che non si può andare avanti a produrre tante merci superflue, mentre i servizi non funzionano più, sono la dimostrazione che quel sistema ha funzionato bene per i primi decenni dopo la guerra ma non funziona più e quindi bisogna arrivare a un cambiamento, difficile ma indispensabile. Sappiamo bene che bisogna cambiare il mondo altrimenti a sorte dell’umanità stessa è in pericolo.
È molto importante la tua influenza sul nostro cinema perché se c’è una cosa che va bene è la nuova generazione di registi italiani che si dedica al «cinema della realtà» e questo glielo hai insegnato tu, una ragione per esserti molto grati.
KEN LOACH: Sono d’accordo quando hai parlato del fallimento del capitalismo, identificato come una barbarie. Mi viene in mente Rosa Luxemburg che andava in questa direzione. Noi ci troviamo all’interno di una serie di catastrofi, prima di tutto quella climatica. E il problema è sempre quello, il capitalismo cerca il profitto dell’anno successivo, questo è il problema alla base.
Tu citavi il cinema della realtà, credo che la realtà sia l’espressione più bella, più commovente, più coinvolgente della condivisione della realtà, perché noi festeggiamo insieme amiamo insieme, ci arrabbiamo insieme, quindi il cinema deve essere la conferma di questa nostra umanità e la fantascienza o tutte le altre cose che il cinema fa a livello commerciale non toccano questi temi. I film che più mi hanno influenzato sono stati i film neorealisti italiani del dopoguerra, su tutti De Sica,poi altri come Gillo Pontecorvo, film che trattavano i problemi della classe operaia, dimostravano che andava bene parlare della classe operaia e delle loro lotte. L’altra grande influenza è stato il cinema dell’est Europa in particolare il cinema ceco. Ci sono prodotti del cinema ceco degli anni Sessanta straordinari perché era un cinema dell’osservazione, trasformava la macchina da presa in un osservatore empatico, che guarda nell’angolo di una stanza ed è coinvolto e prova un sentimento di vicinanza e di coinvolgimento. Se il film funziona, il film ci tocca nel profondo perché la realtà ci tocca nel profondo. Il cinema dell’osservazione è il modo con cui provo a fare i miei film».
Una rassegna dei film di Ken Loach è stata curata da Massimo Causo all’interno del festival, le sue domande al regista si fanno più dirette rispetto alla situazione internazionale.
MASSIMO CAUSO: Vorrei chieder al maestro una riflessione sul momento storico che stiamo vivendo con due guerre che sembrano averci portato indietro nel tempo
KEN LOACH: Anch’io come voi leggo i giornali guardo i telegiornali e partecipo alle proteste in sostegno del popolo palestinese. Non ho delle riflessioni particolari da condividere se non una mia sensazione. Mi sembra che la guerra in Ucraina sia complicata dalla tendenza espansiva occidentale come pure dalla risolutezza di Putin di mantenere quelle posizioni che ha mantenuto per decenni. La critica nei confronti di Putin c’è sempre stata, l’opinione pubblica americana, non necessariamente di sinistra ha detto cose importanti. Se vai a stuzzicare il can che dorme a un certo punto reagisce. Con questo non voglio manifestare una posizione a sostegno di Putin, tutt’altro, ma questa era una tragedia prevedibile. Non posso dire troppo dell’ascesa di Trump credo però sia ora di avviare delle riflessioni soprattutto da parte delle nuove generazioni.
C’è un altro aspetto che vorrei sottolineare riguardo al conflitto in Ucraina e ci tengo a ricordare. Gli Usa lo hanno fatto e lo fanno ancora in tanti paesi, nel senso che la guerra in Ucraina non è un esempio inedito, penso all’America centrale e all’America latina, a quello che l’esercito americano ha fatto per cancellare quello che era l’Unione Sovietica all’epoca, i tentativi di assassinare Fidel Castro a Cuba e cercare di implementare un certo tipo di economia, penso al Nicaragua, penso a quello che le forze miliari americane hanno fatto per rovesciare il governo sandinista, inviando altri terroristi e distruggendo scuole, villaggi, edifici con tutta una serie di conseguenze che ci fanno capire una cosa: la storia si ripete, la guerra in Ucraina non è un caso isolato o inedito.
Per quanto riguarda il conflitto fra Israele e Palestina io sono come voi, assisto quotidianamente a quelli che sono veri e propri crimini di guerra, veri e propri crimini contro l’umanità. Quello che succede a Gaza è inimmaginabile, ci sono tantissime persone imprigionate, tantissime persone che non hanno la possibilità di difendersi, massacrate, vittime delle bombe e con loro le scuole che cadono a pezzi, i campi di accoglienza dei rifugiati, i luoghi di culto. Le persone muoiono all’interno delle proprie case e le vittime sono stimate attualmente 44- 45 mila ma noi sappiamo dalle associazioni mediche sul campoche sono centinaia di più e quando parliamo di vittime non parliamo solo di chi perde la vita, ma di quanti ne porteranno per sempre le conseguenze. Per me è difficilissimo da immaginare che l’occidente fornisca le armi per perpetrare questi crimini. Ma il mondo lo sa quello che sta accadendo in Palestina e un giorno giustizia sarà fatta, è necessario che questi criminali rispondano delle proprie azioni e vengano consegnati alla giustizia. Da qualunque parte ci deve essere giustizia, I Palestinesi devono avere uno stato, devono poter decidere per se stessi. Non ci fermeremo finché il popolo palestinese non avrà giustizia.
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