Visioni

Karrasekare, nel gioioso furore di un carnevale ancestrale

Karrasekare, nel gioioso furore di un carnevale ancestraleScena da «Karrasekare» – foto di Fabio Sau

A teatro Alla ventunesima edizione di Contemporanea, rassegna del Metastasio, lo spettacolo di Igor x Moreno

Pubblicato un giorno faEdizione del 5 ottobre 2024

Si chiude oggi l’edizione numero 21 di Contemporanea, la rassegna del Metastasio che ormai da quasi un quarto di secolo offre ogni anno una panoramica sostanziosa della ricerca teatrale in Italia (e non solo) sotto la direzione di Edoardo Donatini. Una ricerca in tutte le direzioni, e quindi con spettacoli molto diversi (e magari anche di diversa forza di «attrazione») ma che nell’insieme danno un senso molto esteso e informativo della ricerca teatrale in Italia oggi: dalla «via di fuga» che spesso verso il nuovo si intraprende, alla riflessione che con la presenza di soli arnesi da lavoro, corpi e suoni, può stimolare davvero visioni «fuori dal mondo» (quello teatrale, si intende…).
Capita così allo spettacolo in qualche modo «inaugurale», a cominciare dalla sua sede strabiliante, il Refettorio della basilica di San Lorenzo, perla antica di Prato, dove debutta il lavoro di Gloria Dorliguzzo che esegue una partitura di Galina Ustvolskaya, Dies Irae, letteralmente «per martelli e incudine»: rispetto ai quali suoni dieci donne fanno risuonare la propria voce e le proprie esperienze che in trasparenza fanno emergere profondità e dolore. Curioso e vitale nel suo dipanarsi, quell’itinerario lungo le navate di creature che appaiono ora consapevoli, trasmette il proprio denso grumo (di fatica e dolore, ma anche di ritrovata energia) agli spettatori, sorpresi ma conquistati da quei suoni e quelle voci, e spinti a cercare una comunicazione cui forse la «pigrizia« di molto teatro ci va abituando.

La fisicità dei danzatori, il loro mettersi in gioco. Una zampata iconoclasta

ASSISTERE subito dopo allo spettacolo di «nuova danza» After all Springville, della compagnia belga di Miet Warlop, induce a valutazioni contrastanti sulla ricerca dei linguaggi. Ma questo è il bello (ed il senso reale) di rassegne come questa. Che subito dopo ci lanciano nel salto incessante alla corda di Parini Secondo con il suo Hit. I suoi danzatori si accaniscono ossessivamente su quello che in genere è solo strumento di gioco o di allenamento. Qui il roteare ossessivo si fa suono e ritmo di una vitalità da «interpretare» (come avverrà probabilmente nella lunga tournée europea presso i numerosi coproduttori).
Lo spettacolo «principe» di tutta la rassegna è un titolo già noto e visto in altre città, ma che continua a mantenere una tale forza, di fascinazione e partecipazione, da apparire ogni volta nuovo, e già debordante verso altre immagini, e valori, che ogni volta ne possono emergere. Il titolo rimane Karrasekare (ovvero «carnevale») ma a vederlo e rivederlo suscita sempre nuovi stimoli e nuove visioni. A guidarlo (ovviamente autori oltre che interpreti) Igor x Moreno, l’uno basco e l’altro sardo, che attingono da entrambe le culture d’origine, per un incontrollabile «rito» che freneticamente dilaga dal palcoscenico alla platea. Tutti quei «reperti» e riferimenti delle loro due culture originarie, si scatenano e incendiano reciprocamente sulla scena, in un mix davvero esplosivo come raramente accade oggi in teatro.

LA FISICITÀ straordinaria dei danzatori, il loro mettersi in gioco che ogni volta appare «inconsapevole» senza che lo sia, il loro rapporto scatenato con i materiali di scena scoprono una vitalità pronta a beffarsi delle apparenze e dei lagnosi piagnistei. Pronti a dare una zampata iconoclasta sulle danze più tornìte. Modulano martellanti canoni sardi che si fanno ballu tondu, per una sorta di nuova isolana fierezza. Più che una semplice coreografia, il loro appare come un vero rito propiziatorio. Due culture divise dal mare si confrontano, e moltiplicano reciprocamente i propri valori. Una esperienza lancinante per gli interpreti, che si tramuta in un travaso di energia sugli spettatori.

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