Nel 1867, dopo oltre due decenni di rigorosissimo lavoro, Marx fu finalmente in grado di pubblicare il manoscritto del Libro I del Capitale. Nel corso degli anni, egli decise di ampliare la struttura della sua opera e anche il Libro I continuò ad assorbire molte delle sue energie. Uno degli esempi più evidenti dell’impegno di Marx fu la traduzione francese, che venne presentata come una versione «completamente rivista dall’autore».

AFFIDATA A JOSEPH ROY, che aveva già tradotto alcuni testi del filosofo materialista Feuerbach, venne data alle stampe, dall’editore Lachâtre, tra il 1872 e il 1875, in 44 fascicoli. Il primo di essi vide la luce il 17 settembre, centocinquant’anni fa. Marx aveva convenuto circa l’opportunità di dare alle stampe una «edizione popolare economica» e scrisse: «plaudo all’idea di fare uscire la traduzione in fascicoli periodici. In questa forma, l’opera sarà più facilmente accessibile alla classe operaia e ciò è per me più importante di qualsiasi altra cosa». Tuttavia, consapevole che tale scelta presentava anche «un rovescio della medaglia», Marx anticipò che il suo metodo di analisi rendeva la comprensione della parte iniziale estremamente difficile.

Per ovviare a questo «inconveniente», nella prefazione all’edizione francese avvertì i lettori: «non esiste una strada maestra per la scienza e solo coloro che non rifuggono dallo sforzo di risalire i suoi scoscesi sentieri possono sperare di raggiungere le sue luminose vette».
Marx dovette impiegare molto più tempo di quello preventivato per correggerne le bozze. Roy aveva «spesso tradotto troppo letteralmente» ed egli fu costretto a «riscrivere interi passaggi». Engels affermò che «la traduzione francese procurava a Marx un lavoro colossale» e che spesso egli dovette «rifarla da capo». Al termine delle sue fatiche, Marx commentò che l’impresa gli era «costata una tale perdita di tempo» che non avrebbe «più partecipato, in alcun modo, ad alcuna traduzione».

PUR ESSENDO COSÌ OCCUPATO nella traduzione del testo, nel corso della sua revisione Marx decise di apportarvi alcune rettifiche e nel poscritto non esitò ad attribuirle al libro «un valore scientifico indipendente dall’originale», aggiungendo che doveva «essere consultato anche dai lettori che conoscono la lingua tedesca». Il punto più interessante, soprattutto per il suo valore politico, riguarda la tendenza storica della produzione capitalistica. Se nel 1867 Marx aveva scritto che «il paese più sviluppato industrialmente mostra, a quelli meno sviluppati, l’immagine del proprio futuro», nella versione francese del Capitale le parole in corsivo vennero sostituite con «a quelli che lo seguono nella scala industriale». Questa precisazione limitava la tendenza dello sviluppo capitalistico solo ai paesi occidentali già industrializzati.

MARX ERA ORMAI pienamente consapevole che lo schema della progressione lineare dei «modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese», che aveva esposto in Per la critica dell’economia politica (1859), era inadeguato per comprendere il movimento della storia. Non concepiva lo sviluppo storico in termini di progresso lineare verso un fine predefinito. La più evidente concezione multilineare, che Marx sviluppò negli ultimi anni di vita, lo portò a guardare con ancora maggiore attenzione alle specificità storiche e alle disomogeneità dello sviluppo politico ed economico di diversi paesi e contesti sociali. Questo approccio aumentò certamente le difficoltà che dovette affrontare nel già accidentato percorso di completamento del secondo e terzo libro del Capitale. Nell’ultimo decennio della sua vita, Marx intraprese approfondite indagini sulle società extraeuropee e si espresse senza ambiguità contro le devastazioni del colonialismo. È un errore madornale suggerire il contrario.

Riferendosi, nel 1878, agli aspetti positivi e negativi della versione francese, Marx scrisse che questa conteneva «molte varianti e aggiunte importanti», ma ammise anche di essere «stato anche costretto ad appiattire l’esposizione». Engels decise di non includere tutte le modifiche apportate da Marx nella quarta edizione tedesca (1890) del Capitale che divenne la sua edizione standard.

CIÒ NONOSTANTE, l’importanza di Le Capital per la diffusione del pensiero di Marx nel mondo fu notevole. Esso rappresentò la porta di accesso al marxismo in numerose lingue e nazioni. Poiché il francese era più conosciuto del tedesco, grazie a questa versione la critica dell’economia politica di Marx poté giungere, più rapidamente, in Spagna e in numerosi paesi dell’America ispanoparlante. Ciò che accade con il portoghese fu molto simile. Militanti e studiosi, sia lusitani che brasiliani, ebbero maggiore semplicità ad avvicinarsi all’opera di Marx attraverso la traduzione francese. Il colonialismo fu determinante anche nei meccanismi di diffusione del marxismo nel mondo arabo e Le Capital venne tradotto sia in Siria (1956) che in Libano (1970). Ebbe un peso rilevante anche in Asia, come dimostra la traduzione vietnamita (1959-60).

TRADOTTO IN SETTE LINGUE, senza contare le molte edizioni parziali, centocinquant’anni dopo la sua pubblicazione Le Capital continua ad essere una fonte di dibattito stimolante. Le modifiche apportate da Marx hanno contribuito a fare meglio comprendere la dimensione anticoloniale della sua opera, come dimostrano i contributi più perspicaci della recente letteratura marxiana. Le fatiche di Marx per realizzare la migliore traduzione francese possibile sono state ben compensate.