Visioni

Karate, uno scioglimento non è mai per sempre

Karate, uno scioglimento non è mai per sempreKarate – foto di Daniel Bergeron

Note sparse A vent’anni dall’ultimo lavoro in studio, la band di Boston scopre nuove identità con «Make It Fit»

Pubblicato un giorno faEdizione del 30 ottobre 2024

Anche limitandoci soltanto agli ultimi mesi, il vasto campionario di reunion ha dato vita a un ampio spettro di tipologie, che vanno dal rappacificamento fraterno in casa Gallagher al wrestling sul palco dei Jane’s Addiction. Nel piano cartesiano tracciato dalle coordinate della nostalgia e del denaro c’è una piccola zona franca in cui un gruppo come i Karate può legittimare il proprio ritorno non soltanto su basi celebrative e finanziarie, ma in senso pienamente evolutivo, ripartendo dalla propria vecchia identità e integrandola con nuovi elementi frutto della maturazione musicale e personale dei membri.

Dieci brani che mescolano post punk e funk energetico

DOVE eravamo rimasti quindi? Alle prime avvisaglie di un ritorno di fiamma, avviato da una ristampa del loro introvabile catalogo lanciata da Numero Group, prima mossa di un effetto domino che ha coinvolto pubblico e band ed è stato suggellato dal tour di fine 2022, col quale Geoff Farina, Gavin McCarthy e Jeff Goddard avevano interrotto il silenzio che durava da diciassette anni. Se il palco aveva dato confortanti notizie riguardo i problemi di udito del frontman — causa clinica dello scioglimento nel 2005 — in pochi avevano avuto motivo di sperare in un degno ritorno in studio, un nuovo capitolo capace di proseguire lungo la linea tracciata dai sei precedenti, continuando ad aggirare le identificazioni stilistiche: come definire i Karate? Slowcore? Indie? Emo? Post-rock?

A VENT’ANNI esatti da Pocket, il nuovo Make It Fit — prodotto dal trio di Boston e registrato a Nashville assieme allo storico collaboratore Andy Hong — ripropone il quesito sullo sfondo di un panorama mutato su cui la proposta musicale dei Karate si staglia in maniera ancor più caratteristica. Non necessariamente «nuova», a sentire la chitarra sempre prominente di Farina, tuttora intrisa di jazz (specialmente in Fall The Grace e Silence, Sound) e blues contemporaneo (Liminal, Around The Dial), senza mai rinunciare al suo tipico timbro crunch (Cannibals, Rattle the Pipes). Inoltre, la generale onnipresenza del riff come cellula compositiva fondante dimostra quanto Geoff abbia assimilato l’esperienza con gli Exit Verse, progetto parallelo che lo ha tenuto impegnato nel decennio scorso. Anche in Make It Fit è dunque possibile tracciare un piano cartesiano e disporre i dieci brani come punti nello spazio, talvolta più vicini alla linea post punk dei primi anni Novanta (Defendants, People Ain’t Folk), talaltra maggiormente inclini a un funk energico e sofisticato, come in Three Dollar Bills. Due cose ci dicono i Karate: la prima è che lo scioglimento è ormai una sempre più obbligata tappa intermedia nella carriera di una band; la seconda è che la loro reunion riesce a restare a galla in quell’area evolutiva che ci fa dimenticare ogni istanza di revival e ci fa chiedere, senza alcuna nostalgia, «sono davvero passati vent’anni?».

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