Visioni

Kaori Oda tra le meraviglie del sottosuolo

Kaori Oda tra le meraviglie del sottosuoloUna scena da «Underground» (2024)

Cinema «Underground», il nuovo capitolo della ricerca della regista giapponese, presentato al Tokyo Film Festival

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 1 novembre 2024

Negli spazi sotterranei si accumulano tracce e memorie di presenze passate, sia quelle naturali stratificate in migliaia di anni dai movimenti della terra, sia quelle create dal passaggio sul globo terracqueo dell’essere umano. In questi ultimi tre anni l’artista e filmmaker giapponese Kaori Oda ha esplorato e concentrato la sua attenzione su alcuni di questi luoghi dell’arcipelago nipponico, quelli più carichi di significato, cercando di catturare e evocare esistenze passate attraverso immagini e suoni. Il risultato di questa ricerca, che è sbocciata anche in altre produzioni in diversi media, su cui torneremo più avanti, è Underground, un esperimento sonico-visivo presentato all’edizione numero 37 del Tokyo International Film Festival, in corso in questi giorni, nella sezione Nippon Cinema Now.

«Gama» (2023)

DOPO un documentario personale con cui, nel 2010, rivela alla propria famiglia l’appartenenza alla comunità Lgbtq+, cinque anni più tardi Oda fa uscire Aragane, un documentario sensoriale realizzato come progetto finale dei tre anni passati alla film factory di Béla Tarr, la scuola di cinema fondata dall’autore ungherese a Sarajevo. Il percorso della regista giapponese continua poi nel 2019 con Cenote, documentario ed esperimento visivo in cui cattura ed indaga i significati e lo spazio di alcuni cenote (ts’ono’ot), delle pozze d’acqua salata e dolce venerate come portali dell’aldilà dai Maya.
L’interesse verso il mondo sotterraneo giapponese è quindi una sorta di continuazione di questo percorso portato avanti dall’artista, Aragane è un film ambientato in una miniera, anche se nel frattempo Oda si è impegnata in altri campi, installazioni, mostre o altri cortometraggi, senza dimenticare che, in questi ultimi dodici mesi, ha spesso fatto sentire la sua voce contro il massacro perpetrato in Palestina con sit-in e proteste.

UN PRIMO risultato dell’esplorazione delle zone sotterranee giapponesi è uscito lo scorso anno, Gama, un mediometraggio che porta alla luce, quasi letteralmente, le storie dei suicidi di massa forzati sulla popolazione di Okinawa nelle grotte della zona, durante le ultime fasi della guerra del Pacifico. Alcune immagini di Gama sono state riusate in Underground e arricchite da altre provenienti dai sotterranei di Sapporo e Yubari, in Hokkaido, e Shimane, Saga, Hyogo e Kyoto.
Underground è un lavoro molto diverso da quelli realizzati finora da Oda, o per meglio dire, porta agli estremi alcuni elementi che già erano presenti nelle sue opere precedenti. Si può sostenere, infatti, che si tratta del lavoro più sperimentale realizzato finora dall’artista giapponese, a tratti più simile ad un’installazione, senza considerare il fatto che le immagini ctonie di grotte o spazi artificiali scavati sottoterra sono intervallate dalla performance di Nao Yoshigai, danzatrice e regista lei stessa, nel ruolo di «un’ombra», una presenza astratta che accompagna le discese nei sotterranei della terra.

Fra le immagini delle grotte di Okinawa, quelle della zona sotterranea della città di Sapporo e quelle di strade abbandonate che si inabissano nel mare, nella seconda parte del lavoro vediamo anche quelle di un cinema, luogo oscuro dove memorie, passato e presenze fantasmatiche vengono, letteralmente, portate alla luce.
Se da un lato Underground ha forse il difetto di essere troppo opaco, lascia cioè troppo spazio all’interpretazione dello spettatore senza indicare una direzione o un senso, e di riusare, come detto, alcune parti di Gama che a dir la verità sembrano qui un po’ fuori luogo, eccelle nei momenti più visivamente e sonoramente sperimentali. Secondo le parole della stessa regista, «il mondo sotterraneo è nero come la pece e non si può vedere nulla se non lo si illumina con la luce. Non ci sono riflessi. L’atto di illuminare l’oscurità è come scolpire lo spazio con la luce».

QUESTO GIOCO di luci e oscurità, le sovraimpressioni tra elementi artificiali e naturali e la materialità delle immagini – il lavoro è stato girato su pellicola – trovano un magnifico parallelo nel sonoro, un arazzo sonico che, nei momenti più ispirati, riesce ad elevare l’intero film.
Underground funziona, in definitiva, a tratti e forse dovrebbe essere considerato e apprezzato come una traccia di quella ricerca sul sottosuolo portata avanti dalla regista in questi ultimi anni, ricerca che ha trovato uno sbocco, come si diceva, anche in Gama e in una installazione realizzata per la città di Sapporo nel 2022.

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