Kaczynski: «Non vogliamo tutta la colpa della Shoah»
Varsavia non ha intenzione di fare retromarcia sul provvedimento che intende punire con il carcere chi utilizza espressioni come «campi della morte polacchi» in patria o all’estero. La maggioranza della […]
Varsavia non ha intenzione di fare retromarcia sul provvedimento che intende punire con il carcere chi utilizza espressioni come «campi della morte polacchi» in patria o all’estero. La maggioranza della […]
Varsavia non ha intenzione di fare retromarcia sul provvedimento che intende punire con il carcere chi utilizza espressioni come «campi della morte polacchi» in patria o all’estero.
La maggioranza della destra populista di Diritto e giustizia (PiS) punta tutto sull’aftercare diplomatico per ricucire i rapporti con Israele, ma soltanto dopo la firma del controverso emendamento da parte del presidente polacco Andrzej Duda che dovrebbe arrivare nelle prossime tre settimane. A quel punto Varsavia sarebbe disposta a sedersi al tavolo con Tel Aviv per discutere eventuali modifiche alla legge. Ma non è detto che Israele accetti.
Intanto il ministero degli Esteri polacco ha fornito istruzioni dettagliate ai suoi ambasciatori per spiegare fuori dal paese una legge che gode del largo sostegno della popolazione: nessun atteggiamento negazionista dei pogrom come quello di Jedwabne, definiti episodi «sconvolgenti e vergognosi» che si sono verificati in tutto il continente europeo e anche in territorio polacco. I diplomatici cercheranno anche di smontare la teoria dell’effetto-sorpresa da parte di Israele che sarebbe stato a conoscenza delle intenzioni di Varsavia da almeno un anno e mezzo.
L’emendamento alla legge sull’istituto della memoria nazionale (Ipn) non ha mandato su tutte le furie soltanto Israele e Stati Uniti ma anche l’Ucraina. Il testo della legge punta a criminalizzare il negazionismo sui crimini perpetrati dai sostenitori di Stepan Bandera e più in generale sulle «azioni commesse dai nazionalisti ucraini dal 1925 al 1950, caratterizzate dall’uso della forza, del terrore o di altre forme di violazione dei diritti umani contro la popolazione polacca».
«Il provvedimento sul divieto dell’ideologia di Bandera non è in linea con i principi di una partnership strategica tra Polonia e Ucraina», ha dichiarato il presidente ucraino Petro Poroshenko. Considerato un eroe in patria, Bandera è stato il leader di quell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun) che collaborò con le autorità naziste nelle stragi di soldati sovietici e che fu coinvolto anche in massacri che costarono la vita anche a numerosi polacchi nelle zone dei vecchi confini tra le due nazioni.
«Abbiamo perdonato e chiesto perdono. Questa è la nostra strategia benedetta da papa Giovanni Paolo II. Siamo proiettati in un futuro in cui i politici non fabbricano più il proprio consenso sulle ossa e le tombe», ha commentato invece la responsabile della commissione degli Affari esteri ucraina Hanna Hopko.
L’emendamento alla legge dell’Ipn getta altro sale in una ferita ancora aperta che continua a pesare nelle relazioni tra i due paesi vicini. A luglio 2016, il Sejm, la Camera bassa del parlamento polacco, ha approvato una risoluzione che equipara il massacro della Volinia compiuto dall’Oun durante la seconda guerra mondiale, ad un genocidio, suscitando lo sdegno dell’Ucraina.
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