Joséphine Baker, il prossimo spettacolo
La cerimonia Il 30 novembre la leggendaria artista entrerà al Panthéon con un cenotafio. La sua è una storia da ricordare
La cerimonia Il 30 novembre la leggendaria artista entrerà al Panthéon con un cenotafio. La sua è una storia da ricordare
J’ai deux amours / mon pays et Paris», canta Joséphine Baker sul palcoscenico del Casinó di Parigi nella rivista Paris qui remue. Siamo nel 1930. Ne ha fatto di strada la piccola Freda Joséphine McDonald, nata il 3 giugno 1906 a Saint Louis nel Missouri. Il suo nome è Joséphine, ma tutti la chiamano Tumpie. Sua madre Carrie è una lavandaia dalla pelle nera, ma il padre sconosciuto è bianco.
A soli tredici anni si sposa con Willie Wells Baker. Il matrimonio, di cui le rimane solo il cognome, è di brevissima durata, ma le permette di uscire di casa e tentare di seguire la sua vocazione. Si presenta al Booker Washington Theatre, una sala riservata ai neri. L’impresario è disarmato di fronte all’adolescente decisa a esibirsi. Le propone di fare la parte di Cupido. Segue la troupe che lascia la città, e impara osservando le ballerine. Tumpie comincia a guadagnare qualche dollaro e una sera, quando una ballerina si ferisce al ginocchio, è pronta a sostituirla. Con le sue mosse sinuose, il movimento delle anche, i salti, le smorfie, diverte il pubblico.
Quando sente parlare di Shuffle Along, una commedia musicale recitata da neri per un pubblico di bianchi, si presenta all’audizione. Lo spettacolo va a Boston e poi a Saint Louis. Guadagna ormai trenta dollari al mese che le permettono di sopravvivere. Nella sua città natale va a vederla anche la madre che, quando si accorge che la figlia recita insieme a donne nude, come elogio le dà due schiaffoni. Shuffle Along arriva a New York e apre a Tumpie le porte di Broadway. All’inizio del 1924 ottiene un contratto nel cabaret Plantation Club, dove recitano sia bianchi che neri. Allo spettacolo assiste Caroline Dudley. La ricca manager teatrale, che cerca artisti di colore per organizzare a Parigi la Revue Nègre, la scrittura. Joséphine arriva così a Parigi.
La rivista debutta al Théâtre des Champs Élysées. Tra il pubblico si notano Fernand Léger, Kees van Dongen, Robert Desnos, Blaise Cendras, Jean Cocteau. Quando la ballerina entra in scena, un mormorio percorre la sala. Il suo modo di danzare, di muovere il lungo corpo d’ebano, coperta solo da un gonnellino di dodici banane, fa vibrare gli spettatori che si scatenano negli applausi. I giornali del giorno dopo usano parole come sorprendente, affascinante, straordinaria. Una venere nera che avrebbe potuto ossessionare Baudelaire.
Va ad abitare in un appartamento nel cuore di Montmartre. Acquista vestiti, scarpe, un ghepardo, chiamato Zozo, e un serpente che porta attorno al collo quando dopo lo spettacolo frequenta i cabaret. Sperpera il denaro, ma non dimentica la famiglia, che col suo aiuto riesce a trasferirsi in una vera casa. Conosce lo scrittore Georges Simenon, non ancora famoso, che diventa il suo segretario e il suo amante. Il 24 aprile 1926 debutta alle Folies-Bergère con la rivista che, secondo l’impresario Paul Derval, deve superare lo spettacolo del Moulin-Rouge dove Mistinguett canta Paris, c’est une blonde. Una sera dopo lo spettacolo accetta di ballare un tango con il sedicente conte di origini italiane Giuseppe Abatino, per gli amici Pepito, di cui si innamora.
È poi la volta della rivista Un vent de folie, accanto al ballerino Jack Stanford, il re del charleston. A Vienna, la Chiesa la condanna come il simbolo della lussuria. Joséphine decide di sorprendere gli spettatori e si presenta con un lungo abito nero chiuso fino al collo e interpreta una serie di blues. Il pubblico stupefatto le riserva un’ovazione. Ritornata a Parigi, incontra l’impresario Henri Varna e, su consiglio di Pepito, accetta di interpretare la nuova rivista Paris qui remue.
Le musiche sono composte da Vincent Scotto, mentre le parole sono di Géo Koger. Nasce così J’ai deux amours, la canzone che non l’abbandonerà mai per tutta la sua lunghissima carriera. Nella sala del Casinó de Paris, tra il pubblico si notano Francis Carco, Marcel Pagnol, Le Corbusier. Registrata su un 78 giri, ottiene il Grand Prix du Disque. Sull’altro lato è incisa La Petite Tonkinoise, la prima canzone di Scotto. L’anno seguente è una Cenerentola moderna in La Princesse Tam-Tam accanto al principe interpretato da Albert Préjean. Appare nel film Sotto i tetti di Parigi di René Clair, che le fa scoprire un nuovo ballo, la conga. Albert Willemetz le propone il ruolo principale di La Créole, un’operetta di Jacques Offenbach, che va in scena al teatro Marigny sui Champs-Élysées.
La sua relazione con Pepito è in crisi e si separano. La nuova rivista En Super-Folies rimane alle Folies-Bergère anche per tutto l’anno dopo quando si inaugura l’Esposizione Universale.
Conosce Jean Lion, un industriale commerciante in zucchero di cui si innamora. Approfittando di una vacanza, vanno in Dordogna, dove scopre le Milandes, un castello in rovina. Una volta restaurato, sogna di viverci con i figli che avrà. Il 30 novembre nel municipio di Crèvacoeur-le-Grand, un villaggio dell’Oise, di cui è originario il futuro marito, sposa Jean Lion, diventando a tutti gli effetti cittadina francese. Riprende la tournée, sognando il figlio che metterà al mondo. Ma ha un aborto e fa molta fatica a superare lo shock. Nasce in lei il desiderio di adottare molti bambini. Mentre Jean, non sopportando il suo dolore, la lascia e decide di divorziare da lei. Joséphine con una forza incredibile parte per una nuova tournée.
Con l’impresario Henri Varda decidono di ingaggiare, per la nuova rivista Paris London, Maurice Chevalier, reduce dai trionfi hollywoodiani. Al Casinó de Paris debutta alla fine di ottobre. Dopo l’ultima canzone Mon coeur est un oiseau des îles, l’entusiasmo degli spettatori la commuove. Decide di fare qualcosa di più per la Francia, che ormai è il suo paese. L’opportunità si presenta qualche settimana più tardi quando riceve la visita di Mister Fox, pseudonimo di Jacques Abtey, il capitano del Deuxième Bureau, il servizio segreto francese. I francesi le hanno dato tutto, anche il loro cuore , e lei è pronta a ricambiare. Può raccogliere informazioni agli incontri mondani ai quali partecipa tra uno spettacolo e l’altro. Fa una serie di trasmissioni radiofoniche, destinate a risollevare il morale dei soldati al fronte. Ma non trascura il suo nuovo amore, Jean Menier, erede di una marca di cioccolato.
Il 10 giugno 1940, la sconfitta dell’esercito francese, costringe a interrompere le rappresentazioni di Paris London. Il capitano Abtey le consiglia di fuggire prima dell’entrata dei tedeschi a Parigi. All’alba dell’11 giugno, lascia la capitale con migliaia di altri parigini che pensano sia l’unico modo di sopravvivere. D’accordo con il capitano Abtey, approfitta dei suoi contatti per raccogliere informazioni utili alla Resistenza. Alcune le spilla al reggiseno, sotto il suo ampio vestito. Altre le scrive in inchiostro simpatico sugli spartiti delle canzoni previste per il prossimo spettacolo. Il 15 gennaio 1941 arrivano da Londra notizie allarmanti. La zona libera della Francia sta per essere occupata e Joséphine riceve l’ordine di partire per l’Algeria. Continua a raccogliere informazioni nelle tournée del periodo. È a Marrakech quando si ammala con una febbre altissima. Sarà il primo dei molti problemi di salute che la tormentano durante tutta la vita.
Segue l’evoluzione dei combattimenti tra tedeschi e alleati. Non nasconde la sua ammirazione per il generale De Gaulle, il solo che con il suo appello abbia ridato fiducia ai francesi. Il ritorno ufficiale di Joséphine in teatro avviene sulla scena del cinema Rialto , una delle più belle sale di Casablanca. Gli incassi saranno versati alla Croce Rossa francese. Poco dopo è firmato l’armistizio. La guerra è finita. Il 26 agosto 1944 De Gaulle marcia dall’Arco di Trionfo a Notre-Dame. Accanto a lui cammina Joséphine con la divisa di sottotenente d’aviazione e molte medaglie appuntate sul petto.
Conosce il direttore d’orchestra Jo Bouillon, di cui s’innamora. Si sposano al municipio di Castelmand-Fayrac, il villaggio vicino al castello di Milandes, dove vuole ospitare i bambini di tutte le razze che intende adottare. Quando è in tournée a New York si lascia prendere dall’emozione: «È il momento più importante della mia vita. È la prima volta che torno nel mio paese natale dopo ventisei anni. Che vengo veramente. Perché le altre volte non contano. Posso darvi la mano, e questo ha una grande importanza per voi e per me, per noi, tutti membri della razza umana». L’impatto del recital è talmente forte che l’Associazione per la difesa della gente di colore organizza il «Baker Day» nel cuore di Harlem.
All’inizio del 1954 la invitano a Tokio a un congresso contro il razzismo. Tra gli orfani di guerra trova Akio di diciotto mesi, che era stato abbandonato su un marciapiede protetto da un ombrello. Mentre sta partendo, vede un altro bambino, Teruya, che la guarda in modo struggente. Non se la sente di abbandonarlo e lo ribattezza Janot. Ogni volta che fa una tournée trova un piccolo orfano da adottare. A Helsinki il suo sguardo incrocia quello di un bambino biondo di due anni, Jari. A Bogota, una giovane madre, che ha già sette figli, le affida Luis, l’ultimo nato. Da una tournée in Canada torna con Jean-Claude di tre anni.
A Gerusalemme, adotta Moïse, un bimbo di nove mesi. Ma c’è bisogno di denaro e Joséphine si impegna in una nuova tournée in Algeria, dove è ancora in atto la guerra civile. Lo spettacolo a Algeri , tra colpi di fucile, è un trionfo. L’artista trova due neonati Brahin e Marianne, che si sono salvati perché protetti da un cactus. Dopo una serie di spettacoli in Costa d’Avorio, arriva alla stazione di Tolosa con i due piccoli e con Koffi, trovato in Africa. Da una serie di recital a Caracas, ritorna a casa con Mara, di origine indiana. I bambini sono adesso dieci. L’undicesimo è André e la dodicesima Stellina. Per sostenere le spese della sua grande famiglia, è sempre in tournée.
Milandes è sull’orlo del fallimento. Ancora una volta Joséphine si ritrova disperatamente sola. Jo per sopravvivere abbandona la Francia e va a dirigere un ristorante francese a Buenos Aires. Joséphine si rivolge alla stampa in un ultimo, disperato appello. Al telegiornale del 4 giugno, Brigitte Bardot annuncia che dona a Joséphine un milione di franchi e chiede ai francesi di fare altrettanto. François Mauriac, Antoine Pinay, Marcel Dassault, Bruno Coquatrix, Gibert Becaud sono solo alcuni tra i tanti che rispondono. All’inizio del 1966 va a Cuba, dove Fidel Castro l’ha invitata a una conferenza sul razzismo.
Joséphine ne approfitta per parlare del «Collegio della fraternità». Ma ancora una volta si ammala. Rimpatriata nella notte viene operata. Avvertito, Jo prende un aereo per la Francia e si presenta al suo letto con tutti i bambini e un mazzo di tredici rose con un semplice biglietto: «Papa e i bambini». Quando il castello viene venduto, Joséphine e i bambini si trasferiscono a Parigi in un piccolo appartamento in avenue Mac-Mahon. Jean-Claude Brialy le propone di esibirsi a La Goulue. La première è fissata per il 27 marzo 1969 in una sala di trecento posti ribattezzata «Chez Joséphine».
Salita sul palco, canta una decina dei suoi successi, saluta la folla che l’applaude in piedi, commuovendola fino alle lacrime. André Levasseur, che lavora per la Société des Bains de Mer a Monaco e si occupa del prestigioso gala della Croce Rossa presieduta ogni estate dalla principessa Grace, le propone di essere la protagonista dello spettacolo. All’appuntamento a Monaco arriva accompagnata dai dodici figli, ospitati all’Hotel Hermitage. Ogni giorno, mentre i bambini vanno in piscina, lei si esercita per molte ore.
Arriva la grande serata. La sala dello Sporting è gremita di personalità. Alla tavola d’onore, oltre ai principi, ci sono David Niven, Gregory Peck, Ed Sullivan. Le luci si spengono. Brialy comincia a raccontare la vita di Joséphine a partire dal suo debutto nella Revue Nègre. A quel punto lei appare dal fondo della sala in un sontuoso abito bianco e, a sorpresa, balla il charleston come nel 1925. Al finale esclama. «Mica male per sessantatré anni!».
Alla fine dell’estate non sa dove potrà andare ad alloggiare. Grace le viene in aiuto e incarica un responsabile della Croce Rossa di cercare una grande villa da affittare per la cantante. Così Josephine e i suoi figli abiteranno a Roquebrune. Nel 1973 è eletta «Donna dell’anno». All’inizio del 1974 André Levasseur le ripropone di essere la protagonista della serata della Croce Rossa con la rivista intitolata Joséphine Story. È ancora Brialy che la presenta: «Joséphine, dovrei darvi del voi perché vi ammiro, ma vi darò del tu perché ti amo. Grazie Josèphine di esserci, grazie di essere ciò che sei. Ti hanno chiamato l’uccello delle isole, la perla nera, la venere d’ebano, la pantera. Scegli il nome che preferisci. Per la tua spontaneità, il tuo istinto, il tuo coraggio, la tua tenerezza, la tua poesia, il tuo rispetto per il pubblico e il tuo amore appassionato per la pace e la libertà nel mondo, grazie Joséphine. La più bella leggenda è la storia della tua vita. La tua stella è nata cinquant’anni fa nel cielo di Parigi. Questa sera brilla nel cielo blu di Montecarlo».
Il 24 marzo 1975 iniziano le rappresentazioni al teatro Bobino davanti a una sala gremita, con la principessa Grace, Alain Delon, Sophia Loren, Jeanne Moreau. Lo spettacolo è un trionfo. Quattrocento privilegiati si ritrovano poi all’hotel Bristol per un pranzo di cui Josèphine è l’eroina. Sulla torta il pasticcere ha scritto con lo zucchero «1925-1975». Alle due del mattino raggiunge il suo appartamento in Avenue Paul Doumer, vicino al Trocadéro. Si addormenta con il sorriso sulle labbra. Stroncata da una emorragia cerebrale, non si sveglierà più.
Il 15 aprile , centinaia di migliaia di parigini seguono il corteo funebre che raggiunge la Madeleine, dopo una svolta per via della Gaîté. Si ferma davanti alla facciata illuminata del Bobino, dove lampeggia per l’ultima volta la scritta «Joséphine». Il 19 aprile, un’altra messa si svolge a Monaco alla presenza del principe Ranieri e della principessa Grace. Sarà sepolta nel cimitero di Montecarlo. Jo Bouillon, molto commosso, è attorniato dai figli. Sarà anche lui sepolto a Montacarlo, quando muore nel luglio del 1984.
Le spoglie di Josephine resteranno a Monaco, come ha fatto sapere uno dei suoi figli, ma per volere del presidente francese, un cenotafio, cioè un monumento sepolcrale privo dei resti, sarà collocato il 30 novembre al Panthéon. La data è simbolica e corrisponde a quella del suo matrimonio con Jean Lion, che le permise di ottenere la nazionalità francese. Al Panthéon sono sepolti tra gli altri: Victor Hugo, Jean-Jacques Rousseau, Marie Curie, Simone Weil, Voltaire, Émile Zola.
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