Nella sua recente raccolta di saggi, Languages of Truth, Salman Rushdie oppone alla great tradition della narrativa realistica borghese, la tradizione alternativa della letteratura da lui definita proteiforme, che muta genere, struttura, voci, modi «senza sacrificare verità o profondità, passione, forma o interesse, e senza diventare un caos confuso, sconcertante, vuoto e inutile». Una letteratura che riflette, tanto nella forma quanto nei contenuti, l’instabilità del mondo, non essendo «intrappolata nell’errore di vedere il reale come ordinario, mentre invece è straordinario, moderato mentre è estremo, di vederlo, in altre parole, non com’è, ovvero pieno di meraviglie, ma solo come puramente naturalistico»....