È un murale pacifista, contro tutte le guerre. È dedicato a Rino Gaetano, e lo raffigura nella sua città natia. Ma non è un’opera qualsiasi. Il momento storico è grave. E questo Jorit Arloch, lo sa bene.

Il talentuoso street artist napoletano, origini italo-olandesi, al secolo Ciro Cerullo, sin dallo scoppio del conflitto in Ucraina ha ben chiara la sua mission: unire e non dividere, in nome dell’arte. E così quando è deflagrato lo scandalo della cancellazione (poi ritirata) di un corso su Dostoevskij alla Bicocca di Milano, insieme a Does, artista olandese tra i più bravi al mondo, ha dipinto sulla facciata di una scuola napoletana a Fuorigrotta un maximurale di 15 metri con il volto dello scrittore russo.

Un mese dopo Jorit si è presentato nella città pitagorica. In un quartiere difficile e periferico, i 300 alloggi. «Se vogliamo emancipare la società dobbiamo partire dai rioni popolari e la cultura deve parlare sopratutto agli strati sociali più sofferenti» ha detto appena messosi all’opera, munito di casco da edile e protezione d’ordinanza.

«La giustizia sociale è questa: dare a chiunque le stesse possibilità. E Rino Gaetano cantava nei suoi pezzi gli sfruttati, specie di questo sud vilipeso». Poi, ha aperto il capitolo guerra. «Viviamo un periodo storico molto pericoloso, c’è il rischio concreto di un conflitto atomico. Davvero sento nostalgia di artisti coraggiosi come Gaetano che catapultato ai giorni nostri avrebbe sicuramente speso parole di riflessione e fatto ragionamenti più complessi e meno schematici di quelli che ascoltiamo adesso. Le armi ora devono tacere per fare spazio al dialogo e alla diplomazia».

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E COSÌ in pochi giorni un palazzo semiscrostato, emblema di una periferia abbandonata, diventa set di una magnifica opera di arte urbana. Prima l’impregnante sulla facciata di 100 mt, poi la consueta base da cancellare su cui verrà dipinta l’opera, con le campiture, le sfumature e le zone di dettaglio. Solo che stavolta la base è una canzone rivisitata, Nun te reggae più del cantautore crotonese.

Jorit, che era già finito in carcere in Cisgiordania quando aveva provato a dipingere un murale pro Palestina, ha rischiato anche qui, in terra di Calabria. Perché nel cantiere, d’improvviso, si è presentata la polizia per identificare lui ed i suoi collaboratori. La frase incriminata riportava una versione della canzone attualizzata da Jorit con i nomi di Biden e Draghi.

«Mister Biden nun te reggae più e Draghi nun te reggae più, e gli italiani brava gente che sempre armati fino ai denti portano la pace la libertà, prosperità, più dignità, e ya’ alalà, nuove opportunità. Ladri di polli? No manco ladri di polli, solo sciacalli che dove c’è morte e disperazione mandano subito un plotone a tirar su ciò che rimane che hanno avanzato gli americani!». Un po’ di trambusto, null’altro. Perché poi il lavoro è ripreso. E alla fine nella tribù di Jorit è arrivato anche Gaetano.

IL SUO VISO presenta le strisce sulle guance che hanno tutte le sue opere, un segno che rimanda ai riti tribali africani. Jorit firma un’opera metà a colori, metà in bianco e nero, un po’ come «metà Africa metà Europa». Altri dettagli fanno intuire il messaggio dell’artista, negli occhi del cantante è disegnata una bomba atomica affiancata dal simbolo della pace. E a completare l’opera, in basso su sfondo bianco, una strofa: «Se mai qualcuno capirà sarà un altro come me». Il pezzo è Ad esempio a me piace il sud. Quello di Rino Gaetano, quello di Jorit.