Jonny Greenwood e Dudu Tassa, musiche oltre i confini del mondo
Note sparse Il polistrumentista dei Radiohead insieme all’artista israeliano nell’album «Jarak Qaribak»
Note sparse Il polistrumentista dei Radiohead insieme all’artista israeliano nell’album «Jarak Qaribak»
Poliedrico, indomabile, irrequieto. Compulsivo, praticamente: qualche ora fa The Smile, la sua band con Thom Yorke e il batterista Tom Skinner dei Sons of Kemet, ha rilasciato un nuovo singolo, titolo definitivo Bending Hectic, che i più attenti hanno già avuto modo di ascoltare dal vivo. Brano registrato negli Abbey Road Studios di Londra con gli archi della London Contemporary Orchestra. Greenwood, uno che nel rock – prima più pop poi decisamente sperimentale ma pur sempre rock – ha trovato il benessere, perché i suoi Radiohead sono davvero una macchina da guerra. Eppure mai si è accontentato. Pensare che solo due giorni fa è comparso I Think About You Daily, il nuovo singolo dei Pretenders per cui ha firmato gli arrangiamenti. Cento ne pensa, mille ne fa.
ORMAI da tanto tempo. La sua anima più sperimentale viene questa volta espressa in pieno nel recente disco, Jarak Qaribak, realizzato con il bassista e libero pensatore israeliano Dudu Tassa. Titolo programmatico, più o meno suona così: il tuo amico è il tuo vicino. Greenwood vive da qualche tempo nelle Marche con la moglie israeliana (dove produce persino olio), dopo aver esplorato l’India, ha puntato la telecamera nel Medio Oriente e lo ha fatto a modo suo. Strumenti, ritmiche, scale, accordi che provengono da una tradizione, vengono puntualmente smentiti per essere trasferiti nelle abitudini della tradizione del vicino. Un grande e unico mondo spirituale e melodico/armonico che vede definitivamente – ma probabilmente solo utopicamente – abbattere le grandi differenze. Che intercorrono tra Palestina e Iraq, tra Yemen e Libano.
Equazione musicale che funziona, sia nelle folk song libanesi che nei passaggi vicini al jazz
A GUIDARE la carovana però rimane il suo concetto sonoro, una filosofia che utilizza strumenti e dispositivi digitali. I due sono molto affiatati, si conoscono da tempo, perché la rock band di Tassa, The Kuwaitis, fece da apri pista per alcuni concerti dei Radiohead – prima ancora Dudu chiamo Greenwood per un suo album del 2009 – e subito trovarono un feeling esclusivo. In effetti la loro è un’equazione musicale che molto bene funziona: sia quando si va nelle folk song libanesi degli anni Quaranta, sia quando si inventano traiettorie che sconfinano nell’improvvisazione jazz. Numerosi gli ospiti, ovviamente le voci dal Medio Oriente prevalgono e qualificano il lavoro.
Sincero, impegnato ma non troppo, evocativo, coinvolgente e sognante allo stesso tempo. Da ascoltare e riascoltare persino senza saperne troppo di tutte le culture e le tradizioni che contiene. Che sono davvero tante.
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