Visioni

Jon Favreau, «Il libro della giungla come metafora di vita»

Jon Favreau, «Il libro della giungla come metafora di vita»una scena del film, sotto il regista

Intervista Parla il regista dell'adattamento live action del classico Disney tratto dal romanzo di Kipling. Successo planetario da due settimane in vetta anche al box office italiano con oltre 7 milioni di euro: «Il Mowgli del libro è il bambino che crea la giungla e al contempo l'adulto che crea il mondo».

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 27 aprile 2016

«Quando la Disney mi ha ingaggiato per dirigere questo remake, penso che non fosse consapevole di cosa mi stava chiedendo. Il libro della giungla è un pezzo dell’immaginario collettivo, una memoria che conserviamo dall’infanzia che proteggiamo con cura. Se ero preoccupato? No anche perché ho usufruito della collaborazione di tanti, dal team di Star Wars agli animatori Pixar». Così parla Jon Favreau, regista dell’adattamento live action delle avventure di Mowgli & co, successo planetario da due settimane in vetta al box office anche in Italia con oltre 7 milioni di euro di incassi. Regista di due Iron man e produttore del terzo, Favreau ha accettato subito la sfida con uno dei classici disneyani. Spiega: «I registi della mia generazione (è nato nel ’66, ndr) stanno imparando che anche se una compagnia detiene i diritti di un film, non ne è proprietaria assoluta. Quel materiale appartiene al pubblico, cresciuto con quelle storie. È quanto accade con Star Wars e Il libro della giungla. Dovevo trovare il tono giusto che da Kipling passasse per il film del ’67 fino a questo.

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Quale è stato il fulcro dello sviluppo del progetto?

Gli effetti speciali hanno avuto un ruolo importante, le nuove tecniche danno l’opportunità di costruire un mondo sconosciuto. Dovevo rispondere alle aspettative dei fan, ma dovevo cercare anche una visione personale.

Ha fatto un grande sforzo per scegliere gli attori con cui dare la voce ad ogni animale. Cosa pensa del fatto che in alcuni paesi come l’Italia il film è stato doppiato?

Non lo sapevo. Mi piacerebbe che l’audience avesse un’esperienza più vicina alle voci che ho scelto, ognuna cela infatti un’interpretazione specifica. È stato importante avere Ben Kinsley per Bagheera, Bill Murray per Baloo, Scarlet Johansson per Kaa.

Quali sono le sue memorie di bambino del film? Quale era il tuo personaggio favorito?

Baloo. Con i miei compagni amavamo Baloo e il suo lato infantile che lo avvicina molto al bambino. Sembra affezionarsi a Mowgli e gli insegna come difendersi, come affrontare la giungla ma nel contempo, come rilassarsi e divertirsi. È quasi un padre, ha fiducia in lui e gli infonde la speranza che tutto si risolverà per il meglio come dovrebbe fare ogni genitore. Sono padre anche io adesso, ho tre figli, e credo che vadano incoraggiati ad andare avanti. I genitori spesso vedono nel figlio una proiezione di sé, invece si deve dar loro fiducia.

Ha avuto accesso al prezioso archivio della Disney?

Si, è stato fondamentale. All’inizio si vede il logo del castello, ho voluto che fosse dipinto con la tecnica del film del ’67. E così alla fine, il libro della storia che si chiude è lo stesso che si vede nel vecchio film. Lo so che è un tentativo di ricostruzione letterale ma per me è stato importante. Il primo Disney mostra il libro che si apre e questo lo chiude. Quando raccontiamo una storia, è sempre una storia che è stata raccontata prima. Se pensi alla favola del ragazzino abbandonato, è Pinocchio, Oliver Twist. Una storia ancestrale, che si ripete nel tempo e si aggancia alle nuove generazioni.

Di cosa voleva parlare Kipling?

Dell’esperienza di uccidere. Viveva in un periodo in cui la natura ancora era imponente. Ora i bambini hanno un rapporto completamente diverso con essa. Viviamo il surriscaldamento globale, le deforestazioni, argomenti presenti nella storia anche se la gente non esce dal film parlando di questo. Mowgli, porta il fuoco e poi lo spegne, capisce di avere un potere forte che può distruggere il mondo che lui ama. L’essere umano è un essere pericoloso. Il senso del film è vivere con rispetto, e prendere responsabilità del futuro.

Lei spinge i limiti della narrazione si addentra nel lato oscuro

Nella prima versione il tono era più moderato, ma per me i momenti più belli sono quando il film spaventa. Mi rendo conto, da genitore, che è un film che mostra violenza. È diverso da Star Wars in cui la battaglia si svolge con spade di luci. Un animale può spaventare molto più. Ma ho cercato di rispondere ai tempi, il mio Libro è un’apologia moderna su come trattiamo gli animali e la natura. Il Mowgli del «libro» è il bambino che crea la giungla e al contempo l’adulto che crea il suo mondo.

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