Intorno a Cage. Sì, lui, ancora l’inafferrabile organizzatore di suoni per far vivere i suoni come sono, nella loro presenza nel mondo. Non serve la musica, diceva l’amabile sovversivo, anzi la musica è già una costrizione dei suoni. Poi li organizzava, altroché, chissà se era musica quella che scriveva. Probabilmente sì. Ancora intorno a John Cage perché è difficile trovarne altri così contemporanei. Sorprendenti, divertenti. Prendendolo in parola, un musicista che si sta rivelando protagonista della neo-neo-avanguardia artistica non solo in Italia, Sergio Armaroli, sostiene che con Cage finisce la musica e si apre la stagione degli spazi dove risuonano liberi i suoni. In questo cruciale momento di transizione Armaroli fa musica di improvvisazione, anima circoli di ricerca musicale e, da qualche anno, cura per le edizioni discografiche Da Vinci Classics una collana intitolata appunto Intorno a Cage (About Cage, per la verità). Esce ora il volume 7 della serie. Ci sono le due opere che Cage produsse in sintonia con Erik Satie, uno dei suoi idoli, forse il suo idolo in assoluto. In sintonia è poco: a suo dire Cage cercò di entrare nello spirito di Satie, di agire secondo la sua stessa logica musicale. Una delle due opere è la trascrizione per due pianoforti, fatta nel 1947, del Socrate dell’amato collega, cioè un lavoro per voce e orchestra nato tra il 1917 e il 1918 su testi di Platone. L’altra opera che si trova in questo volume 7, Cheap Imitation, è un pezzo del 1969 per pianoforte (ma arrivarono poi versioni per diversi organici, compresa l’orchestra) in tre movimenti, come nell’originario Socrate. Cage lo scrisse desiderando che fosse una ri-creazione del Socrate, un vitale fantasma che riappariva con altre vesti. Ovvio che entrambi i pezzi, anche la trascrizione, risultano assai cageani. Cheap Imitation fu registrata dallo stesso Cage «in un giorno di pioggia il 7 marzo 1976», come è riportato nell’album della Cramps uscito nel 1977. La versione della pianista Francesca Gemmo nel cd della Da Vinci è più vicina a… Satie che a Cage. C’è meno il tocco dell’avanguardia in chiave di scarna nudità del tracciato melodico e più un qualcosa di morbido, di delicatamente conversativo. La versione del Socrate di Satie-Cage è qui presentata dalla coppia di pianiste Francesca Gemmo-Maria Isabella De Carli. Si capisce dalla sapienza delle interpreti che Cage aveva cercato nella trascrizione di riprodurre non la vocazione «salottiera» di Satie ma gli esercizi di «impassibilità» che quell’autore amava. E allora si pensa alla «nuova oggettività» del Novecento, si pensa addirittura allo Stravinsky neoclassico. Quanti stimoli per la mente!