L’uscita e il conseguente e plurimo ascolto del nuovo lavoro di Roberto Colombo, suggerisce ciò che Valerio Mattioli chiamava «Superonda»: quella «storia segreta della musica italiana» che messa alla verifica del tempo s’incurva in traiettorie che vanno dal beat al progressive più sperimentale per abbracciare quel tipo di musica applicata alla tv composta di colonne sonore, sigle di programmi e tiggì, segnali orario e jingle commerciali a cui l’orecchio del telespettatore si abitua senza conoscerne gli autori. Colombo appartiene anche quel mondo, in cui autorialità e committenza si strusciano e confondono. E lo si avverte soprattutto sfruculiando la sua precedente ed esigua discografia solista in cui convivono echi dallo Jan Hammer post Mahavishnu e dal Deodato primi ’80 (ambedue tastieristi come il nostro). Ma sono i brani, prelevati da soap cult come Beautiful o da Studio Aperto, il suddetto cardine da cui sembra irradiarsi la cavalcata esperienziale, pubblica e privata, del tastierista e arrangiatore di tanti successi di Jannacci, Matia Bazar e Antonella Ruggiero, De Andrè e PFM (il suo lavoro più riuscito), in un album che è un vero divertissement d’alto bordo.
Jingle e dintorni, storie segrete dalla musica italiana
Note sparse. In un triplo box con inediti e tracce sorprendenti, la carriera di Roberto Colombo

Roberto Colombo - foto Luca D'Agostino
Note sparse. In un triplo box con inediti e tracce sorprendenti, la carriera di Roberto Colombo
Pubblicato 3 anni faEdizione del 27 novembre 2019
Pubblicato 3 anni faEdizione del 27 novembre 2019