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Jimmy Katz: «La libertà artistica nel jazz è politica»

Jimmy Katz: «La libertà artistica nel jazz è politica»Concerto Central Park, sessione autunnale: Josie Say, Chris Potter, Joe Martin, Nasheet Waits – foto di Jimmy Katz

Musica Il celebre fotografo e produttore parla delle sue iniziative per valorizzare talenti e le tensioni razziali negli Stati uniti

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 1 giugno 2021

Jimmy Katz è ben noto come fotografo nel mondo e in Italia dove nel 2019 ha tenuto una grande mostra – Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria –  in collaborazione con  Umbria Jazz e Trasimeno Music Festival. Il suo campo d’azione prevede anche   promozione, registrazione, produzione discografica, organizzazione di concerti. Il tutto, altamente professionale, è però mosso da un’intatta passione per il jazz e da una disinteressata azione per valorizzare talenti e figure attraverso specifiche raccolte di fondi. Lo dimostrano i concerti organizzati a Central Park e la produzione discografica della “Giant Step Arts”. Grazie al fotografo Luciano Rossetti – vincitore della “Photo of the Year” per il Jazz Awards dell’americana Jazz Journalists Association e socio fondatore di PhocusAgency che lo rappresenta in Italia – siamo entrati in contatto con Katz che ci ha parlato della situazione attuale e delle prospettive del suo concretissimo e militante agire.

A che punto sono e quali sono le registrazioni effettuate per la sua etichetta, non ancora pubblicate?

Ho fondato l’organizzazione no-profit “Giant Step Arts” a New York con il fine di supportare progetti di jazz creativo, liberi da pressioni di carattere commerciale.vvAvevamo programmato di registrare tre progetti nel 2020, ma tutte le attività si sono fermate quando la pandemia ha bloccato il mondo. Questi progetti comprendevano incisioni guidate da Darius Jones, Marquis Hill e Jason Palmer. Con le tensioni razziali sempre più forti negli USA, fomentate dall’amministrazione Trump, questi progetti discografici rappresentano la riflessione di ogni musicista sull’esperienza “black” nell’America del XXI secolo. Abbiamo pianificato di riprendere le registrazioni non appena la città riaprirà completamente.

Quali saranno i prossimi artisti prodotti e relativi album?

Sinora ho prodotto trenta concerti gratuiti a Central Park, con musicisti di livello mondiale, concerti chiamati “Walk with the Wind”, in onore del compianto deputato e attivista per i diritti civili John Lewis. Voglio realizzare degli album con tre di queste live performances: due guidate da Nasheet Waits che ospita in una Mark Turner e nell’altra Darius Jones; il terzo album con Mark Turner che ospita Jason Palmer. Abbiamo registrato in una zona di Central Park chiamata Seneca Village che fu fondato nel 1826, e fu il primo insediamento nero libero a New York. Fu distrutto nel 1857 per far posto alla realizzazione del parco.

Cosa intende per libertà politica degli artisti rispetto ai progetti?

I musicisti sono completamente liberi di realizzare le produzioni artistiche che hanno sempre desiderato ma che per tanti motivi non gli era stato  possibile fare. Io li incoraggio ad esplorare temi che potrebbero essere ritenuti troppo controversi o non commerciali.  Dal momento che i musicisti sono proprietari delle registrazioni e ricevono il 100% dei proventi della loro musica, non hanno restrizioni  su quanto i loro progetti possano essere politici.

Nella nuova situazione pensava di riproporre i concerti nel parco?

Ho avuto una grande risposta sia dai musicisti che dagli spettatori per la serie di concerti a Central Park. Gli eventi musicali servono molto a limitare il senso di isolamento e devastazione causato dalla pandemia. Sono felice di aver trovato una strada per aiutare i musicisti in questa situazione difficile e di aver messo insieme una comunità di musicisti e fan. La mia missione principale con i fondi che ho raccolto (grazie al generoso contributo di sponsor privati), è di creare un patrimonio discografico che supporti i musicisti nelle proprie carriere. Potrò continuare i concerti se ricevo sponsorizzazioni destinate a questa iniziativa.

Com’è la situazione del Jazz dal vivo oggi a New York?

Anche adesso, con gli affari che lentamente stanno riprendendo a New York, la maggior parte dei jazz club sono ancora chiusi o funzionano con una capienza limitata. Alcuni si servono dei live streaming per proporre musica, sopperendo alla mancanza di pubblico con sponsorizzazioni o donazioni, ma questi sforzi sono ancora sporadici e non in grado di sostenere adeguatamente gli affari. A New York, più che in altri posti, non c’è un modello di business che permetta di tenere i locali aperti con una limitata capacità di posti per un lungo periodo di tempo. Con un po’ di fortuna, se la pandemia si attenua, New York si aspetta di essere pienamente operativa in autunno.

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