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Jean-Louis Trintignant, un signore per bene

Jean-Louis Trintignant, un signore per bene

Il compleanno 90 anni vissuti con sapienza e gentilezza, per l'attore simbolo della sua generazione

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 5 dicembre 2020

«Soyez Polis»: sulla scena del Teatro Liberté di Tolone, lo scorso 11 ottobre, la gente ha applaudito Jean-Louis Trintignant dire questi versi di Jacques Prévert: «Sii educato con il cibo. Sii educato con gli elementi con gli elefanti. Sii gentile con le donne e con i bambini con i ragazzi. Sii educato con il mondo vivente, devi anche essere molto gentile con la terra e con il sole, devi ringraziarli al mattino quando ti svegli…» Una poesia nuova (mai gliel’ho sentita dire nei tanti suoi spettacoli che ho visto in questi anni) e che lui ha scelto per l’occasione: una serata di poesia, nell’ambito dell’evento «Passion bleu» dedicato al rispetto e all’amore per il mare. Avrei voluto esserci anche stavolta ad applaudire Trintignant, ma il covid ha reso tutto troppo difficile, non potevo rinunciare però a sapere cosa avesse fatto, allora ho chiesto a Charles Berling che oltre a dividersi tra cinema e teatro dirige con passione ammirevole il teatro Liberté di Tolone e Châteauvallon se aveva voglia di raccontarlo.

Per rendere omaggio a Trintignant per i suoi 90 anni vorrei partire da qui, dicendogli grazie di tutto, soprattutto di gesti come questo. «Mi ha chiamato Marianne, la moglie di Jean-Louis alla fine di settembre, mi ha detto Jean-Louis è pronto» racconta Charles Berling «Jean-Louis lo sa, gliel’ho sempre detto: basta che chiami, quando vuoi venire il teatro è sempre pronto ad accoglierti.» E allora Charles che avrebbe dovuto dire delle poesie nella Grande Salle, l’ha invitato ad unirsi a lui e l’11 ottobre Trintignant ha recitato i versi di Prévert «Soyez Polis» e altre poesie, prima della chiusura dei teatri arrivata in Francia due settimane dopo.

«Soyez polis», anche la carriera di Trintignant è una questione di gentilezza. Non tanto per i giovani carini che ha interpretato fino a metà anni Sessanta, dal Sorpasso a La mia notte con Maud. Ma, al contrario, proprio per la scelta dei personaggi più lontani da lui. «Se faccio questo mestiere è perché la gente mi interessa, cerco di capirla e la gente è più interessante per i suoi difetti ». Il suo primo cattivo glielo offre Alain Cavalier, poi Bertolucci nel Conformista. A volte gli è capitato di scegliere personaggi talmente cattivi (Flic Story) che poi ci ripensava, ma era troppo tardi. Puoi scegliere di non fare l’eroe, per gentilezza. Persino nel suo unico western il suo «Silenzio» è uno dei pochi cowboy che non vincerà. Vince invece il giudice di Z. l’orgia del potere“. «Non ti si deve notare» diceva Costa-Gavras e lui ubbidì. Gli mise persino gli occhiali scuri, così non si vedevano neanche gli occhi. «Non ti si vede proprio, qualche scena andrebbe rigirata» disse Costa-Gavras a riprese finite. Ma non se ne fece nulla perché erano finiti anche i soldi. E Trintignant vinse a Palma d’oro a Cannes.

E quando Chéreau gli propone un film, Jean-Louis prima rifiuta, poi finisce addirittura per sdoppiarsi in due: un pittore geniale e misantropo con una factory alla Andy Warhol, e il gemello, capofamiglia, borghese con qualche rimpianto. È lì che Charles Berling l’ha incontrato e sono diventati amici. «Ero suo figlio nel film e anche suo nipote». Si intitola Ceux qui m’aiment prendront le train. Uno di quei film girati negli anni ‘90 che sono tra i suoi più belli e che conosciamo troppo poco.

«Abbiamo provato» mi raccontava ancora Berling dello spettacolo di Tolone, «io avevo scelto di dire Le Bateau ivre, e durante le prove mentre la dicevo sentivo Jean-Louis, dirla anche lui sottovoce, la sapeva a memoria, allora gli ho chiesto di dirla insieme: io attacco e poi entri tu, quando vuoi». Sulla voce energica e tesa di Berling, Jean-Louis entra a voce più bassa, sussurrando. «L’avrò registrata duemila volte” diceva Trintignant poco tempo fa, ma «non mi sento ancora pronto». Le poesie le incideva su un piccolo registratore. Con sua figlia Marie invece di scriversi lettere si scambiavano le cassette, era talmente bello condividere quelle poesie che un giorno Marie gli chiese di farlo anche in teatro. Oggi il nipote Roman, figlio maggiore di Marie che fa l’attore anche lui (oltre ad occuparsi del suo ristorante a Uzés), ha convinto il nonno a continuare a farlo «gli ho detto potresti renderti utile e Jean-Louis ha accettato, lo registro con il mio telefonino», racconta Roman sulle pagine di un bel libro da poco uscito in Francia, scritto dall’amico regista Serge Korber: «Jean-Louis Trintignant. Dialogue entre amis». È vero, risponde Trintignant nel libro, essere utile è un po’ la mia ossessione, perché mi sento vecchio e inutile».

«Posso esserle utile? », lo disse anche a me, a Parigi, nel 2004. Alla fine di un’intervista, come se non avesse fatto già abbastanza. Invece di offrire qualcosa di già preparato anche l’intervista diventava un modo per interrogarsi: «oggi sono stato pisento vero?» chiedeva cancellando con quella parola buffa ogni ipotesi di pesantezza. Ero tornata a vedere Apollinaire e capivo perché preferiva il teatro al cinema: il teatro gli permetteva ogni sera di continuare la sua ricerca infinita.

I testi che sceglie fanno parte di una sorta di database che ha sede nel suo cuore, a cui lui attinge ogni sera. Nel suo spettacolo «Trintignant Mille Piazzolla» (ne esiste un cd e persino un dvd bellissimo) attraversa la vita e la morte con leggerezza, li offre al pubblico insieme ad emozioni che non ti è mai capitato prima di provare, un misto di dolcezza e di ironia mescolate a momenti indicibili, di dolore e pietà come nelle poesie sociali di Prévert, o la comicità surreale, dolceamara del Mimo di Allain Leprest o Caro fratello bianco di Senghor, prima di affrontare la tappa più esaltante e dolorosa, la Marche à l’amour di Gaston Miron, dedicata all’amata Marie. Non recita, parla, quasi distratto all’inizio e poi qualche minuto dopo ti accorgi di essere al largo e più vicino a lui, come se avesse cambiato obiettivo e non è tanto la luce sulla scena che a volte cambia, è questo suo usare una lente del cuore di cui solo lui conosce i segreti. ll cammino di ogni gesto che compie in scena è frutto di lavoro e di amore. «Racconteremo agli amici che non ci siamo mai lasciati… si cammina in modo differente ma sempre fianco a fianco».

Un anno fa Jean-Louis è tornato sul set per girare I migliori anni della nostra vita, sequel di Un uomo e una donna, il film che lo lanciò. Da tempo Lelouch glielo chiedeva. Come la prima volta improvvisa e ci mette qualcosa di sé. Ironico, scontroso, generoso «Da giovane ero carino sa?» dice ad Anouk Aimée, amore di una vita. È vecchio, passa le giornate su una poltrona in giardino. Cerco nel film quel punto in cui, come accade quando lo vedo in teatro, Jean-Louis come per magia sembra rinascere e tornare bambino, ma al cinema non c’è. Avvolto in un mantello sembra Prospero nella Tempesta, che si è dimenticato di deporlo. E non ha altre magie da offrire oltre al suo sorriso.

«Il mio coraggio è un abete sempre verde» dice a un certo punto, nella Marche à l’amour. È vero, ogni giorno mette nuove foglie, come a Tolone, o come, qualche mese fa quando ha pubblicato un piccolo video su youtube (si trova digitando Trintignant Poèmes), lì Trintignant più che Prospero sembra Ariel, ha il cappellone di un paysan, dice una poesia di La Fontaine, l’avrà girato sua moglie o Roman, è il regalo di compleanno, da lui a noi, di una persona très poli.

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