Visioni

Jazz & Wine of Peace, al confine dei nuovi ritmi

Jazz & Wine of Peace, al confine dei nuovi ritmiil quintetto di Vincent Peirani – foto di Luca d'Agostino

Note sparse Le giornate al festival di Cormons, osservatorio musicale sempre sospeso fra passato e presente. Nel cast l'eccellente quintetto del fisarmonicista francese Vincent Peirani

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 2 novembre 2016

La lingua più parlata all’Osteria Caramella, tappa obbligata per i festivalieri di Jazz & Wine of Peace di Cormons, è il tedesco. Perché non solo questa è una rassegna da tutto esaurito ma ha anche il primato della maggiore partecipazione di pubblico straniero, oltre il sessanta per cento. Affluenza a parte lo stato di salute di una musica si desume anche da quello che si ascolta nei festival. Dall’osservatorio transfrontaliero di queste giornate al confine orientale il bilancio è incoraggiante.

Se i concerti serali offrono agli appassionati la possibilità di ascoltare nomi famosi e di sicura presa come Jan Garbarek, Trilok Gurtu, Dave Holland, Gonzalo Rubalcaba, Bill Frisell è negli appuntamenti itineranti nelle cantine e nelle dimore storiche che si possono godere sorprese e piccoli gioielli. Oltre che le migliori indicazioni sul jazz di oggi e di domani.In una edizione, la diciannovesima, connotata da una rilevante presenza di chitarristi ha particolarmente convinto il progetto dedicato alle musiche di Carla Bley di Andrea Massaria con il batterista Bruce Ditmas. Massaria lavora in modo particolare sul suono utilizzando un arsenale di pedaliere e oggetti con i quali sfrega e percuote le corde del suo strumento. Ditmas è secco e perentorio. I brani della compositrice sono destrutturati usando solo brevi frammenti melodici per creare affascinanti squarci di lirismo intimista. La celebre Ida Lupino ne esce in una versione ossuta e spettrale. Bellissima. Una vera gioia è ascoltare il quintetto di Vincent Peirani. Il trentaseienne nizzardo è orami l’astro della fisarmonica jazz e dopo il concerto in solo dell’anno scorso è qui con il suo quintetto Living Being formato da Yoann Serra alla batteria, Jiulien Hernè al basso elettrico, Tony Paeleman al Fender Rhodes e Emile Parisien al sax soprano. Una formazione elettroacustica di grande impatto che suona come una band indie rock. Hanno tutti una frequentazione con altre musiche e si sente. Brani che si svolgono in modo narrativo, con una compattezza e una raffinatezza rara.

Musiche originali e tributi, non banali, ai maestri come Monk, Portal e Ellington e poi canzoni macedoni e tanta energia. Peirani è una presenza fascinosa sul palco, scalzo e con un vistoso orecchino alla Corto Maltese. Tecnica strepitosa e idee ben chiare. Con lui un altro musicista del momento: il sopranista Emile Parisien, di due anni più giovane, e ugualmente interessante. Un folletto che negli assoli inscena una danza fatta di salti, torsioni e calci all’aria e sputa note come un Katiuscia. Per atteggiamento e intenzione la band può essere accostata al Tinissima Quartet di Francesco Bearzatti, con Giovanni Falzone, Danilo Gallo e Zeno De Rossi che ha aperto il Festival con una anteprima a Villa Manin di Passariano presentando la suite dedicata alla vita del folk singer Woody Guthrie di cui si è già scritto giustamente con entusiasmo.

Parisien era presente anche ad un altro notevole concerto in compagnia del pianista italo-francese Roberto Negro e del percussionista Michele Rabbia. Un trio inedito il cui orizzonte è la musica improvvisata che guarda alla esperienza della musica contemporanea, non a caso esegue Cantabileuna composizione di György Ligeti. Lunghi brani che si sviluppano a strati sovrapposti, uso di piano preparato e percussioni «creative» di quel genio di Rabbia, musica che si addensa e cresce fino ad esiti esaltanti. Impressionismo e fisicità. Concerto magistrale.
La ricchezza del jazz è anche il ventaglio amplissimo delle declinazioni stilistiche e dei riferimenti. Un carattere che è una risorsa e non un limite come qualcuno vorrebbe farci credere. Lo dimostrano i due poli divaricanti di due altri notevoli concerti. Quello del duo Marco Ambrosini alla nyckelharpa e Jean-Luois Matinier alla fisarmonica che ha fatto risuonare le antiche navate dell’Abbazia di Corno di Rosazzo di suggestioni rinascimentali, danze popolari e fughe barocche e il set meridiano del duo del chitarrista Gaetano Valli e della cantante Lorena Favot. Quest’ultimo un viaggio attraverso standard del jazz da Summertime a God Bless The Childinterpretati con grazia, ironia e passione da una voce di rara bellezza.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento