Jazmina Barrera e l’arte del ricamo
GEOGRAFIE La scrittrice messicana parla del suo «Punto croce» (La Nuova Frontiera). «Le tre amiche di cui scrivo sono adolescenti. Quel che contribuisce al loro diventare adulte è la lettura. Una delle ragioni per cui ho deciso di comporre questo romanzo è stato l’insorgere di un movimento #metoo nella scuola superiore e nell’università che avevo frequentato»
GEOGRAFIE La scrittrice messicana parla del suo «Punto croce» (La Nuova Frontiera). «Le tre amiche di cui scrivo sono adolescenti. Quel che contribuisce al loro diventare adulte è la lettura. Una delle ragioni per cui ho deciso di comporre questo romanzo è stato l’insorgere di un movimento #metoo nella scuola superiore e nell’università che avevo frequentato»
«C’è qualcosa nei tessuti. Nel modo in cui si compongono e si ricompongono, si ordinano, si rigenerano, si uniscono e si cuciono. Bisogna cercare le risposte nei tessuti»: il romanzo di Jazmina Barrera, Punto croce, edito da La Nuova Frontiera e tradotto da Federica Niola (pp. 226, euro 17.50), è un tessuto esso stesso. La scrittrice messicana restituisce un testo, che racconta la storia di un’amicizia tra tre ragazze, composto da svariati temi, per esempio dalla scrittura delle donne al femminismo, in un intreccio originale e equilibrato.
Il suo romanzo è si dipana in diverse parti: il passato e il presente delle protagoniste ma anche le considerazioni sull’arte e sul ricamo. Come è nata questa struttura?
Anni fa ero stata invitata a un incontro di giovani scrittrici e per l’occasione avevo scritto un testo breve su ricamo e femminismo. Mi era chiaro che l’idea funzionasse ma non sapevo come svilupparla ulteriormente. Quando, anni dopo, ho iniziato a scrivere la storia di tre amiche ho avuto l’impressione che i due testi si assomigliassero, si chiamassero, poi ho capito: mi sono ricordata di quanto per me e le mie amiche fosse importante cucire insieme. All’inizio, però, non sapevo come far dialogare i due lavori e poi ho preso frammenti dell’uno e dell’altro e li ho semplicemente ricamati insieme.
In «Punto croce» l’amicizia e la lettura sono strettamente connesse. Perché?
Le protagoniste stanno diventando adulte e una delle cose che contribuisce alla creazione della loro identità è la lettura. Leggono insieme, commentano i testi che hanno sotto gli occhi: è come se fossero un club di lettura privato che assomiglia molto all’esperienza dei gruppi di donne che si incontrano per ricamare e che condividono creatività e pettegolezzi. Si tratta di un modo di avvicinarsi all’arte, di capire e di mettere a confronto punti di vista, un’esplorazione della conoscenza collettiva.
Lei mette a tema il legame così importante e tante volte ribadito tra il cucito e la scrittura delle donne. Che cosa rende simili, invece, il ricamo e l’amicizia?
Quando inizi a cercare, trovi metafore del ricamo e del cucito ovunque e l’amicizia è un tipo di ricamo, in fondo. Il libro si intitola Punto croce perché è il primo punto che ho imparato. Per le amiche protagoniste del romanzo il ricamo diventa un pretesto per stare insieme, qualcosa che produce relazione. Inoltre, il tessuto è composto da diversi fili, come la storia del rapporto tra Dalia, Citlali e Mila che in un certo momento si interrompe, perché tutte le trame finiscono.
Lei racconta di una delle esperienze più importanti nella vita: l’amicizia fra ragazze. All’inizio descrive il modo in cui le protagoniste ridono insieme. Può parlarci di queste risate, di questo tipo d’amore?
Una delle prime scene del romanzo vede le protagoniste a casa di un’altra ragazza dove si esercitano nella risata, sperimentano il loro modo di ridere. L’adolescenza è un momento in cui si forma l’identità, in cui bisogna capire com’è fatto il nostro corpo, scegliere che musica ascoltare e anche che cosa sia divertente. Loro lo decidono insieme, si influenzano a vicenda e costruiscono un senso dell’umorismo condiviso, che le connota e che fortifica molto la loro amicizia.
Una delle protagoniste, Dalia, si esprime così sul suo orientamento: «mi piacciono alcuni esseri umani, per la comunanza intellettuale e l’attrazione fisica e chimica, al di là del fatto che abbiano il pene o la vagina». Ultimamente il discorso sulla sessualità in Italia è molto legato al tema dell’identità più che alla libertà. Anche in Messico?
Sì. Credo che ovunque le conversazioni sul sesso e sul genere siano cambiate molto negli ultimi anni e non penso che adesso le persone, per esempio, si definiscano ancora bisessuali, ma queer. Le protagoniste del romanzo erano adolescenti vent’anni fa quando era ancora necessario rompere quelle categorie identitarie così opprimenti: uomini, donne, eterosessualità, omosessualità. Le comunità che io preferisco sono quelle che continuano a cercare di rompere gli argini, in modo giocoso, senza preoccuparsi delle etichette che gli altri e noi stessi sentiamo la necessità di metterci addosso.
Nella narrativa italiana, dall’opera di Elena Ferrante fino a romanzi più recenti, si ritrova spesso il racconto dell’amicizia fra due ragazze. Lei invece scrive di tre amiche.
Nella mia vita non so perché mi sono sempre trovata in gruppi di tre. È un’esperienza interessante perché ci sono gelosie, rivalità, complicità che si alternano in un equilibrio diverso da quello della dualità. Nel mio romanzo il numero tre è importante e compare qua e là spesso, in generale Punto croce è la narrazione di tre diversi momenti della vita delle protagoniste.
Le famiglie e il mondo intorno Dalia, Citlali e Mila sono anche violenti e pericolosi. Sembra siano condannate a essere vittime o guerriere o entrambe le cose.
Una delle ragioni per cui ho deciso di scrivere questo libro è stato l’insorgere di un movimento #metoo nella scuola superiore e nell’università che avevo frequentato che ha coinvolto anche alcuni dei miei ex professori.
L’adolescenza è un momento difficile: i corpi e le identità si trasformano, la sensibilità è elevatissima. Ogni tipo di violenza o di abuso lascia un segno nella mente e nel corpo, qualcosa che alcune riescono a superare e altre no. Il mio romanzo parla anche di questo. Ho sentito il bisogno di riscrivere la mia adolescenza alla luce di una nuova consapevolezza. Il femminismo è anche una riscrittura, non solo della Storia, ma delle esperienze di ognuna.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento