Visioni

Javi, disegnatore precario nell’Europa (troppo) globale

Javi, disegnatore precario nell’Europa (troppo) globaleuna tavola del libro Un lavoro vero di Alberto Madrigal

Fumetti Alberto Madrigal racconta il suo primo albo dal titolo «Un lavoro vero»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 29 aprile 2014

«A questo servono i soldi. A fare colazione fuori. Non a comprare la casa». È la frase chiave di Un lavoro vero, primo albo del fumettista spagnolo Alberto Madrigal (edizioni Bao Publishing). Javi è il protagonista, un po’ l’alter ego dell’autore, che si trasferisce dalla Spagna a Berlino in cerca di una vita dignitosa e con la volontà di trovare l’occasione giusta. Appartiene alla generazione Erasmus, è uno dei tanti che dal sud e dall’est dell’Europa sbarca a Berlino senza sapere nulla di tedesco.

Qui le case costano meno e così Javi si può arrangiare nell’attesa di trovare qualcuno che davvero lo paghi per fare il suo lavoro, quello che vuole e sa fare realmente. Il ragazzo si trova ad affrontare la flessibilità, ma è uno dei giovani disposti a muoversi, a emigrare verso le città globali dove è possibile creare comunità vivaci e riconoscibili. Senza nemmeno cercarlo, quando i risparmi iniziano a scarseggiare, Javi si imbatte in un lavoro vero. Tra il biasimo di amici e parenti accetta la fatica malvolentieri, quasi uno scotto da pagare per poter sopravvivere aspettando di vendere le sue storie a fumetti, nella speranza che il suo progetto venga visionato e approvato da qualche editore finalmente «illuminato»… Apprezza il fatto di avere i soldi in tasca per andare a cena fuori o per potersi pagare le consumazioni in un bar, per passare il pomeriggio al tavolino nell’attesa che l’ispirazione arrivi. Ci sono momenti di scoramento quando non trova più il tempo di dedicarsi al disegno. E allora pensa che non ne valga davvero più la pena…

I disegni di Madrigal sono eleganti e pieni di particolari, il colore è morbido e la linea coincisa, precisa senza mai risultare pedante. Sa raccontare con leggerezza e humor, una storia come tante, e lo fa senza mai cadere nell’autocompiacimento dell’artista incompreso o nel vittimismo con cui si narrano troppo spesso le vite della generazione precaria. Ne esce un racconto soprattutto onesto, vero come i personaggi che lo popolano. I coinquilini di Javi sono alle prese con i suoi stessi problemi, alcuni diventano amici, con altri è solo obbligato a condividere la vita tra le mura domestiche. Esistenze parallele che corrono verso una meta, non si sa quanto lontana. Dopo rifiuti e e-mail che cadono nel vuoto, Javi riprende il «suo» lavoro, quello che fa per se stesso. Dietro c’è lo zampino di una ragazza che si prende cura dei suoi disegni, lo incoraggia e si interessa alle sue storie. Perché alla fine una risposta arriva, sta a noi immaginare se sia quella della svolta.

Alberto Madrigal ha elaborato un progetto che racconta una generazione europea, quella per cui capacità e desideri non corrispondono a quanto il mercato offre….: «È vero – spiega – ma non è stato voluto, l’ho compreso solo quando ho letto il libro per la prima volta, appena uscito dalla tipografia. Prima mi sembrava che fosse così personale e che avrebbe interessato solo me e altri fumettisti.».

Un racconto in cui confluiscono inevitabili riferimenti autobiografici: «Molti. Abbiamo gli stessi tempi, lo stesso sguardo di chi sembra non capire, la stessa maniera di non preoccuparsi davanti agli altri delle cose importanti, per farlo poi da soli e di nascosto. C’è molto Alberto negli altri personaggi, ovviamente, soprattutto nelle loro ..mani». Da qualche anno Madrigal vive a Berlino, proprio come tanti personaggi che affollano le pagine del libro… «Anche se, al contrario di loro, non ho una motivazione romantica che mi ha spinto ad arrivare qui. Io non volevo nemmeno andare via dalla Spagna, l’idea di venire a Berlino è stata solo una scusa per lasciare il mio lavoro da grafico. Dopo qualche mese sarei tornato mi dicevo, sono invece passati sei anni e comincio ad avere dei dubbi sul fatto che tornerò mai indietro».

Come scrivevamo all’inizio, una frase dell’albo descrive alla perfezione il rapporto di molti giovani con il futuro, il lavoro, l’idea di felicità: «A questo servono i soldi. A fare colazione fuori. Non a comprare la casa». «Eh, questa frase è proprio il riassunto di quello che è cambiato in me negli ultimi anni, da quando mi sono trasferito. L’idea che la felicità sia più nelle esperienze che negli oggetti. Nello sviluppo di un’abilità piuttosto che nell’acquisto di un paio di scarpe. È facile trovare persone che a casa non hanno molto di più di un letto, perché la stanza che affittano non è altro che il luogo per dormire, mentre la vita ’reale’ si svolge in giro per la città».

Nel fumetto Javi è ancora alla ricerca di un suo stile definito, Madrigal sembra averlo trovato in un tratto riconoscibile pieno di particolari realistici e al contempo leggeri. «Ho cercato uno stile per più di sette anni e non l’ho mai trovato. Ero sempre una brutta copia di qualcun altro. Questa frustrazione che mi trascinavo dietro mi preoccupava, finché, un giorno, vedendo un video di Gipi fatto da Massimo Colella, mi è scattata una molla. Nel video, Gipi dice ’… mi son liberato quando ho avuto davvero qualcosa da dire. Gli autori giovani cercano lo stile, ma lo stile non è una cosa che si trova, lo stile è la tua vita. Quando la tua vita si è arricchita abbastanza di esperienze e tu hai fatto un lavoro di sviluppo di un tuo sguardo e di una tua voce, quello sguardo e quella voce diventano il tuo stile’. Da quel momento, ho cominciato a disegnare per la prima volta senza voler fare bella figura, ma con l’obiettivo di raccontare e trasmettere dell’emozioni. Non mi piaceva ciò che usciva fuori ma ho continuato lo stesso. Quello che non mi aspettavo, è che una volta finito il libro sarebbe piaciuto ad altre persone.».

 

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