«E’ nella cave di rue Laffitte che fu composto Il grande almanacco illustrato. Tutti sanno che ne sono autori Alfred Jarry per il testo, Bonnard per le illustrazioni e Claude Terrasse per la musica. Quanto alla canzone, essa è di Ambroise Vollard. Tutti lo sanno, pertanto nessuno sembra aver notato che Il grande almanacco illustrato è stato pubblicato senza nome d’autore né d’editore. La sera in cui immaginò quasi tutto ciò di cui si compone quest’opera degna di Rabelais, Jarry spaventò chi non lo conosceva chiedendo dopo cena il vasetto di sottaceti, che divorò con ingordigia».
Così si legge in una testimonianza di Apollinaire dedicata ad Alfred Jarry (1873-1907), che elesse a proprie muse ispiratrici provocazione e umorismo nero, anticipando, con l’opera di Lautréamont, Vaché e Roussel, i dettami iconoclasti di Dada e del surrealismo. La vicenda esistenziale e letteraria di Jarry ruota intorno alla figura dell’Ubu roi, sconclusionato personaggio ispirato al professore di un liceo di Rennes, tale Félix-Frédéric Hébert il cui nome, a forza di contraffazioni goliardiche, venne storpiato in Père Ubu. Fu enorme lo scandalo provocato dalla prima rappresentazione della pièce, il 10 dicembre 1896 al Théâtre de l’Œuvre di Parigi sotto l’egida di Lugné-Poe, nonché dalla coeva pubblicazione del libro per le Éditions du Mercure de France, con in copertina una xilografia dello stesso Jarry riproducente un Ubu stilizzato con una prominente gidouille, ovverossia un ventre spiraliforme, e la testa allungata a mo’ di pera.
Con il tempo il processo di immedesimazione da parte di Jarry nei confronti di Ubu conobbe esiti irreversibili. Lo scrittore parlava infatti con la stessa voce del suo personaggio, ricca di inflessioni gracchianti e metalliche, scandendo accuratamente le sillabe e deformando vocaboli mirati: «onecchia» invece di «orecchia», «phynanze» al posto di «finanze» ecc. Inoltre Ubu sarà il protagonista di altre opere teatrali di Jarry: Ubu cornuto, Ubu incatenato, Ubu sulla collina. Tra il 1899 e il 1900 Jarry allestì, in collaborazione con gli amici ricordati da Apollinaire, due almanacchi ispirati a questa macchietta dai tratti grotteschi e allucinati. Il primo fu l’Almanach du Père Ubu illustré che copriva soltanto il trimestre gennaio-marzo 1899. L’editore era Ambroise Vollard, il celebre mercante di Cézanne che, dopo la morte di Jarry, imbastì altre opere dedicate a Ubu: Ubu à l’hôpital (1916), Politique coloniale du Père Ubu (’19), Le Père Ubu à la guerre (’20), Les réincarnations du Père Ubu (’25), con illustrazioni affidate di volta in volta a Bonnard o a Rouault.
«Assecondando la tradizione degli almanacchi popolari, non si nominavano né Jarry né Bonnard, e anche i contenuti erano più o meno i soliti: anzitutto il calendario, seguito dalle “Conoscenze utili” – come far diventare verdi i vostri capelli, come affinare l’oro grazie alle salamandre – e da consigli agricoli mensili» avverte Alastair Brotchie nella sua splendida biografia di Jarry. Ma non mancavano i contributi più variegati, tra cui una pièce con Padre Ubu che prendeva di mira gli antidreyfusards e un necrologio di Mallarmé. A questo almanacco ne seguì un secondo, conosciuto come il «grande almanacco» a causa del formato più ampio, il cui titolo era Almanach illustré du Père Ubu che uscì il 1° gennaio 1901 e che diverrà con il tempo una rarità bibliografica. Secondo la testimonianza di Vollard sarebbe stato approntato nell’arco di tre giorni di lavoro collettivo, svolto perlopiù nella sua boutique di rue Laffitte; i nomi degli autori e dell’editore furono omessi a causa degli espliciti riferimenti sessuali contenuti nel testo.
Ora Castelvecchi lo propone per la prima volta in italiano con il titolo Almanacco illustrato di Padre Ubu («Cahiers», pp. 80, € 13,50), ben curato e tradotto da Antonio Castronuovo a cui si devono, oltre a diversi altri lavori imperniati sulla figura di Jarry, anche Ladro di biciclette. Cent’anni di Alfred Jarry e la versione degli scritti che Apollinaire dedicò all’autore di Ubu, Il fu Alfred Jarry. L’almanacco presenta un esilarante «Calendario di Padre Ubu per il 1901» che ha la particolarità di accogliere i nomi più fantasiosi: 19 gennaio: «S. Asparago»; 28 gennaio: «S. Stranonzo»; 20 aprile: «S. Crauto»; 25 aprile: «S.ta Soppressata»; 31 maggio: «S. Puré»; 3 giugno: «S. Coglione, benedettino»; 3 luglio: «S. Anatole F.»; 25 luglio: «S. Culo»; 14 agosto: «S. Cazzo, beato»; 26 ottobre: «S.ta Varice»; 20 dicembre: «S.ta Lesbica». Tali nomi venivano alternati ad altri che rimandano all’esperienza deflagrante di Ubu: 1 gennaio: «Decervellaggio»; 7 febbraio: «S.ta Giduglia»; 10 maggio: «S.ta Merdra»; 20 settembre: «S.ta Phynanza». L’8 settembre, compleanno di Jarry, diventerà la «Natività di Padre Ubu». I nomi contrassegnati dall’asterisco, per quanto eccentrici, erano rigorosamente veri: l’amico Félicien Fagus, critico d’arte e poeta anarchico, lavorava nel municipio di Montmartre e aveva accesso all’elenco completo dei patronimici con cui venivano battezzati i neonati (la legge imponeva che i nomi dovessero essere ricavati da quelli dei santi). Da qui sant’Alopecia, santo Sciacallo, san Guadagno, santa Carpa, santo Specioso, santa Tetta.
La «Confessione di un figlio del secolo», dialogo stravagante tra Padre Ubu e la sua coscienza, è una farsa del libro di Alfred de Musset. Al suo interno è presente l’«Alfabeto di Padre Ubu» in cui sono rappresentate le vocali che rimandano presumibilmente al sonetto di Rimbaud ma con un più aperto intento parodistico. Stupende le illustrazioni di Bonnard, stampate a tre colori (rosso, blu e nero), che si rifanno al modello originario disegnato da Jarry, il quale appronterà a più riprese degli spettacoli teatrali ispirati a Ubu con marionette da lui stesso ideate e realizzate.
In «Conoscenze utili e invenzioni nuove» siamo alle prese con lo Jarry più irriverente e sfrontato che, attraverso una lettera confidenziale di Padre Ubu, arriva a scoprire il parapioggia, le pantofole e i guanti: «Grazie alla familiarità con l’idea di paia ottenuta con l’invenzione delle pantofole (vedere sopra il significato di questo neologismo), abbiamo costruito due motivi simmetrici che ci è parso meritassero il nome di guanti. È la più felice delle nostre scoperte, perché né Madre Ubu né nessun altro può più controllare se ci laviamo le mani oppure no». Viene in mente l’attività del Bureau de recherches surréalistes, sito in rue de Grenelle, dove nel 1924 qualsiasi inventore era in grado di presentare le sue scoperte, con propensione per le più inutili e bizzarre.
Dopo le beffarde nomine dell’«Ordine della giduglia», si arriva alla sezione più controversa della raccolta, quella dedicata all’«Ubu coloniale» in cui si è apertamente parlato di razzismo a proposito dei suoi estensori. Alastair Brotchie avanza l’ipotesi che sia di mano di Vollard (che, non dimentichiamolo, era creolo), anche se infarcito di interventi di Jarry, come dimostrato dagli autografi consultati dallo stesso biografo: «Leggendo oggi certe parti dell’Almanach si è presi dallo sconforto, tanto che verrebbe voglia di far eco ad Apollinaire e biasimare Vollard per la volgarità di “Tatane”, una canzone per far “arrossire i negri”. “Tatane”, parola creola che significa “fingersi stanchi per non dover lavorare”, era il solito lamento dei colonialisti che parlavano di “nativi scansafatiche”». Ma Brotchie asserisce che «né Jarry né Vollard sostenevano il colonialismo». D’altronde non si può dimenticare che Jarry si prendeva gioco di tutto e di tutti, in linea con la patafisica, sorta di scienza da lui stesso concepita nel libro postumo Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico (1911), la quale si riprometteva di occuparsi «delle soluzioni immaginarie». Tale programma è confermato dall’esatta ortografia del termine che viene preceduto dall’apostrofo: ’patafisica.
Jarry, padre Ubu nell’officina Vollard-Bonnard
Avanguardia francese. Tre giorni fitti di lavoro alla galleria del mercante di Cézanne, con le illustrazioni a tre colori di Bonnard: l’«Almanacco illustrato di Padre Ubu», da Castelvecchi

Pagine dall’Almanacco illustrato di Padre Ubu con i disegni di Pierre Bonnard
Avanguardia francese. Tre giorni fitti di lavoro alla galleria del mercante di Cézanne, con le illustrazioni a tre colori di Bonnard: l’«Almanacco illustrato di Padre Ubu», da Castelvecchi
Pubblicato 5 anni faEdizione del 18 febbraio 2018
Pubblicato 5 anni faEdizione del 18 febbraio 2018