L’interno di Monktown House con i divani Mae West lips disegnati insieme da Edward James e Salvador Dalí

La differenza fra eccentricità e stravaganza sembrerebbe un mero cavillo ma per riuscire a isolarla lo storico Henry Adams associò alla prima certi personaggi di Thackeray e alla seconda quelli di Dickens. Ovviamente parlava di un’area culturale precisa: «la mente inglese è unilaterale, eccentrica, sistematicamente asistematica, e logicamente illogica: meno la si comprende e meglio è».
In quello stesso 1907 in cui Adams pubblicava le prime copie private della sua autobiografia, in cui asseriva che l’eccentricità inglese è così diffusa da costituire un marchio ereditario, Edward James nasceva, in Inghilterra, da un facoltoso imprenditore trapiantato dagli Stati Uniti, William, e da Evelyn Forbes, figlia del barone di Newe, che viveva accanto al castello reale di Balmoral. Lei, nota come Mrs Willie, era dunque cresciuta a stretto contatto con la corte, e si diceva che il piccolo Edward fosse figlio del re, Edoardo VII, che lo aveva tenuto a battesimo. Più ragionevolmente, da adulto, Edward James si considerava nipote del sovrano, imputando alla nonna l’adulterio reale, e sottolineava come aggiungendo la barba a una foto della madre risultasse l’immagine di Giorgio V.

Estrosa fino all’audacia, Evelyn brillò fra le favorite del re per il suo spirito: una volta si presentò al sovrano, che era andato a trovarla, chiusa in una scatola, vestita da bambola con una chiave in mano, invitandolo a darle la carica per poi inscenare una danza meccanica. Una vena di follia serpeggiava anche nella famiglia del marito Willie, il cui fratello, persa la propria fortuna, cercò di risollevare le finanze inventando, tra molte cose inutili, uno shampoo per cani aromatizzato al bacon che causava scompiglio quando la bestia incontrava altri simili.

Da personaggi con un tale senso del paradosso non poteva venir su che un asceta o un eccentrico: Edward Frank Willie James fu un po’ entrambe le cose. A cinque anni rimase orfano di padre ed ereditò in pectore la tenuta di West Dean, nel Sussex: terre sconfinate e una dimora lunga come un treno, dotata di torri e di tutti i comfort per i faraonici ricevimenti di rito. Non terminò gli studi a Oxford, dove però si circondò di menti brillanti e si legò al futuro poeta laureato John Betjeman.

Le eccentricità degli anni oxoniensi vennero mitigate dalla vocazione al mecenatismo, ma non senza attenzione al centesimo: nel 1931 pubblicò la prima raccolta di versi dell’amico Betjeman, ma poi si lamentò di avergliene date troppe copie gratis. Scrisse versi lui stesso, senza curarsi del ridicolo che le sue strofe suscitavano in contemporanei ben più dotati, come Stephen Spender, e sulla propria tomba fece incidere accanto al nome la parola ‘poeta’. Nonostante tutto ciò, è passato alla storia grazie alla sua passione per il surrealismo, materializzata in una raccolta, in una casa e in un giardino.

Avrebbe potuto arrestarsi al solito esibizionismo conformista a cui sembrava votato e che contagiava molti suoi contemporanei, ma incontrò due donne che in modo diverso lo fecero deviare da un percorso di ovvietà. La prima era una sirena bellissima,Tilly Losch, ballerina, attrice, coreografa austriaca trapiantata a Londra. Lui fece tutto quel che un eccentrico avrebbe fatto per conquistarla, persino adattare un letto nella Rolls-Royce per farla tornare riposata a West Dean dopo gli spettacoli in città. La seconda era una sfinge, la viscontessa Marie-Laure de Noailles, presso la quale James si rifugiò dopo il naufragio del matrimonio con Tilly a soli tre anni dalla celebrazione. Nella villa Noailles a Hyères il giovanotto da poco divorziato fu introdotto ai misteri eleusini dello snobismo razionalista, e sulle orme dei fantomatici ospiti ideati da Man Ray in quelle stesse stanze (1929, Les Mystères du Chauteau des Dé girata in quegli ambienti) cadde in preda a un furore surrealista.

Per tutto il 1937 pagò Salvador Dalí per ogni opera il pittore avesse realizzato nei dodici mesi; due anni dopo sponsorizzò l’intervento dell’artista alla New York World Fair, quella in cui Dalí pronunciò un famoso discorso chiuso in una tuta da palombaro, comprata con James a Londra dalla celebre ditta Siebe Gorman e tanto ermetica da rendere difficoltosa l’apertura quando l’artista iniziò a dare segni di asfissiamento. A René Magritte commissionò diverse tele, molte delle quali oggi al Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, fra cui i due celebri ritratti del 1937. Ne La reproduction interdite, il più famoso dei due, James è di spalle a mezzo busto rivolto verso uno specchio in cui è una sua identica immagine, ancora di spalle. In Le principe du Plaisir James è compostamente seduto e abbigliato ma il volto è un’irradiazione accecante.

Poi iniziò a progettare lui stesso. Abbandonata West Dean andò a vivere poco distante, a Monkton House, un edificio costruito agli inizi del secolo dal padre. Lì, insieme a Dalí, all’arredatrice Syrie Maugham e ad altri artisti, allestì un paesaggio onirico, ibridando mobili tradizionali con creazioni allucinate come il divano Mae West lips (la bocca scarlatta dell’attrice trasformata in sofà), la lampada fatta con coppe di champagne metalliche sovrapposte e il telefono aragosta, tutti disegnati da Dalí su idee dello stesso James. Per coprire i gradini di una scala a chiocciola fece tessere una moquette in cui erano stampate le impronte della moglie a ricordo di quando aveva percorso gli stessi gradini appena uscita dalla doccia.

Poi arrivò la guerra, e il richiamo della terra ancestrale lo portò su un altro versante dell’eccentricità, anche quello non estraneo a scrittori e artisti dell’epoca: misticismo, Messico e, inevitabilmente, droga. Iniziò dalla colonia di pittori e scrittori a Tao, fondata da Mabel Dodge, dove venne apprezzato per lo spirito e l’allegria. Poi iniziò a girare il paese intero, insieme a Plutarco Gastélum, un giovanotto bello e un po’ primitivo che divenne l’amore degli anni a venire. Con lui costruì finalmente la sua opera maestra, Las Pozas a Xilitla, uno dei più esuberanti paesaggi surrealisti con vertiginose strutture in cemento e acque gocciolanti inestricabilmente circondate da una flora lussureggiante.

I costi di quella Villa d’Este stregata lo costrinsero a vendere quasi tutta la sua collezione d’arte. West Dean, vuota, fu destinata a divenire un’energica scuola per lo studio delle tecniche artigianali e il restauro di manufatti di vario tipo, tuttora operante con successo. Monkton invece fu messa in vendita nel 1987 dalla fondazione Edward James che la possedeva, tre anni dopo la morte del proprietario. In Inghilterra si scatenò allora una campagna affinché la casa fosse considerata un bene da preservare, ma ogni sforzo fu inutile. Nel 2016 si tenne un’asta in cui andarono dispersi più di centocinquanta lotti, fra cui disegni di Pavel Tchelitchew, Christian Bérard, il divano e il telefono aragosta di Dalí.

Ma la moquette con le impronte dei piedi di Tilly Losch, considerata una delle più bislacche testimonianze dell’arredo surrealista, è stata conservata e rimontata con grande rispetto nella scuola di West Dean.