Italiani all’estero, voto negato
Elezioni europee Sono 2 milioni gli aventi diritto, esclusi da un decreto del ’94: consolati chiusi
Elezioni europee Sono 2 milioni gli aventi diritto, esclusi da un decreto del ’94: consolati chiusi
I cittadini italiani che hanno diritto al voto e risiedono in un paese non membro dell’Unione Europea erano – alle ultime elezioni politiche del 2013 – 1 milione e 608 mila, più di un terzo dei quali ha regolarmente votato dopo aver ricevuto la scheda elettorale dai consolati italiani di riferimento, come previsto dalla legge del 27 dicembre del 2001. Dunque, un numero di elettori in grado di influenzare l’esito di un’elezione in cui, per esempio, vi sia una barriera d’ingresso del 4%, che corrispondeva a circa a 1 milione e 300 mila voti sui dati dei votanti alle ultime europee del 2009. Alle prossime elezioni europee vi sarà proprio quella barriera, ma più di un milione e mezzo di cittadini saranno di fatto privati del diritto di voto.
Ma perchè dovrebbero avere il diritto di votare per elezioni «europee» cittadini che non hanno residenza nell’Unione Europea? Per la semplice ragione che in elezioni politiche conta la cittadinanza e non la residenza (come invece nelle amministrative) e, residenti o meno in Europa, quei cittadini italiani saranno affetti dagli esiti delle elezioni europee e dalle politiche che sortiranno dalle maggioranze ottenute.
Ma cos’è che li esclude? Le cervellotiche normative vigenti – ed in particolare un vecchio decreto legge (n.408 del 24 giugno 1994) – che non prevedono l’istituzione di seggi consolari o l’invio di schede elettorali per le elezioni europee ai cittadini italiani residenti in Paesi non membri dell’Unione Europea. Lo confermano le indicazioni nei siti del ministero dell’Interno e la sollecita corrispondenza intrattenuta per queste note con l’ufficio affari pubblici dell’ambasciata italiana a Washington, che ribadisce la normativa che ha portato all’esclusione di fatto di quegli stessi cittadini dalle precedenti tornate elettorali europee.
La discriminatoria normativa sul voto per le elezioni del parlamento europeo ha varie cause, ci dice Renato Turano, unico senatore della circoscrizione America Settentrionale e Centrale, eletto nel 2013 nelle liste del Pd, prime fra tutte la «difficoltá degli eletti all’estero di far mantenere a governi e amministrazioni in continuo cambiamento una solida attenzione ai problemi degli italiani all’estero», come dimostrano varie recenti vicende quali “la chiusura di molte sedi consolari senza consultare i rappresentanti eletti all’estero e senza provvedere servizi alternativi, il taglio del 70% ai fondi per l’insegnamento della lingua italiana” e anche vicende più positive quali «la nostra proposta di legge sul recupero della cittadinanza italiana per coloro che per varie ragioni l’avessero persa nel passato» che per avviarsi all’iter parlamentare di approvazione ha richiesto molta costanza e pressione. Ovviamente, queste e molte altre difficoltá di relazione con l’amministrazione e l’apparato politico italiani non favoriscono tempestivi cambiamenti laddove si constati, come nel caso delle elezioni europee, l’inadeguatezza della legislazione.
Si badi infatti che l’esclusione dal voto «europeo» di cui scriviamo è un’esclusione di fatto, non di diritto. E qui viene l’assurdo. Non è che i cittadini italiani che non risiedono in Europa siano esclusi normativamente dal voto alle europee. No! Questi cittadini possono votare ma, come si dice, devono farsela a piedi e per conto proprio dalle Ande agli Appennini. Patria taccagna!
Infatti, quei cittadini hanno, come chi scrive, ricevuto una notifica dal Comune di ultima residenza che li invita a farsi una bella rimpatriata e presentarsi ai seggi il 25 maggio 2014, muniti della «tessera personale elettorale» (nel caso non l’abbiano mai avuta sono invitati ad andare a «ritirarla in Comune», nonostante in termini di diritto non più residenti in quel Comune in quanto appunto inseriti nelle liste dei cittadini residenti all’estero!). Precisa tuttavia la cartolina che la cartolina stessa dá diritto «alle agevolazioni di viaggio» concesse agli elettori. Per esempio, se uno abita in Australia e risiedeva a Roma, la ferrea volontá transoceanica e transcontinentale di andare a votare nella capitale è premiata con una «agevolazione»… sul biglietto da Fiumicino a Roma Termini. Com’è l’indirizzo? rivoluzione@governo.it?
Normativa valida per tutti i paesi e cittadini europei infine? Macchè, i nostro colleghi spagnoli che risiedono qui a Chicago hanno ricevuto la scheda elettorale e votano per corrispondenza, per cui – a paritá di condizioni – se il cittadino europeo è nato in Spagna potrá di fatto votare alle europee dagli Stati uniti e se è nato in Italia potrá votare solo se si incammina – o nuota – per tempo verso il paesello d’origine.
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