A distanza di oltre 35 anni, ci vuole una certa dose di immaginazione per comprendere il grado surreale di questa storia. Perché oggi, che tanto è cambiato, figurarsi nella mente il «Sud del Sud dei Santi» – quel Salento fuori da qualsiasi rotta di viaggio convenzionale – è cosa alquanto ardua. Eppure, la vicenda raccontata in Kissing Gorbaciov, il film da poco arrivato nelle sale italiane per la regia di Andrea Paco Mariani e Luigi D’Alife, è completamente vera: fra l’estate del 1988 e il marzo del 1989, a pochi mesi dalla caduta del muro di Berlino, una manciata di band sovietiche e italiane dette vita a un incredibile scambio culturale viaggiando da un Paese all’altro per diffondere il verbo del punk. I luoghi di questo gemellaggio furono Mosca, Leningrado e Melpignano, un minuscolo paesino quasi al limite del tacco d’Italia, uno spazio che si potrebbe definire fuori dal tempo, ma che in realtà ha rappresentato un’esperienza politica e culturale assolutamente fuori dall’ordinario.
La folle idea nasce da un manipolo di amministratori tesserati col Pci del comune pugliese, forti di una stagione politica irripetibile e soprattutto di una sfrontata fiducia nelle potenzialità di un’utopia che, allora, pareva ancora realizzabile. «In effetti si tratta di una storia surreale – racconta Sergio Blasi, deus ex machina di questa avventura, nonché politico che da sempre ha individuato nella cultura uno strumento fondamentale del progresso di una comunità – . Avevamo presentato questo progetto “Le Idi di Marzo” (scritto assieme all’allora responsabile Arci pugliese Antonio Princigalli) alla Commissione Cultura del Parlamento, ma senza successo. Riuscimmo ad avere un’audizione con la Commissione Europea, che decise di non finanziarci, ma anche l’Associazione Italia-Urss non ci diede mai risposta. Poi un giorno, quando ormai avevamo perso le speranze, arrivò una telefonata a casa dei miei genitori; era il sindaco di Melpignano Antonio Avantaggiato, che mi diceva di fiondarmi in municipio perché era accaduta una cosa importante. Quando arrivai lì, mi fece vedere un telefax proveniente dall’ambasciata Sovietica, la nostra ultima e avventata speranza. Il progetto era stato approvato e quando ci recammo all’ambasciata a Roma, fummo ricevuti dall’addetto culturale che ci disse queste parole, ’Il Presidente Michail Gorbaciov ha letto il vostro progetto e ha deciso di finanziarlo’».
Succederà attraverso l’agenzia sovietica Sputnik. Un contributo per le spese dei gruppi nostrani in Puglia arriverà dal comune di Melpignano e dalla vendita dei biglietti. Da questo momento le sorti di Melpignano cambiano completamente, in un progetto di progresso culturale che unisce le radici di quel luogo alle istanze culturali del contemporaneo. Da territorio prevalentemente latifondista, quel pezzo di Salento decide di non emulare il settentrione, bensì di ripartire dalla propria identità e dalla propria storia. Un percorso che Sergio Blasi, oggi un bibliotecario, completerà anni dopo con il festival di musica popolare La Notte della Taranta.

REALTÀ DISTANTI
Kissing Gorbaciov racconta dunque una delle fasi più profonde di questo cambiamento, l’incontro assurdo fra due realtà assolutamente distanti come l’Urss e il profondo Sud dello stivale, e lo fa attraverso le voci dei protagonisti della controcultura dell’epoca. Innanzitutto i CCCP-Fedeli alla Linea, per l’occasione riuniti al completo nella loro storica formazione con Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur.
Grazie al loro commento e ai loro ricordi, l’incredibile viaggio di 3.500 chilometri diviene un’opportunità per ripercorrere la storia di questo storico gruppo, ma anche per comprendere come l’impatto con la realtà sovietica di fine anni Ottanta andò a collidere con il comune immaginario occidentale legato a quei luoghi. Nella pellicola compaiono anche Rats, Mista & Missis e Gabriele «Pedro» Pedrini, artisti che in quegli anni sono stati protagonisti assieme ai Litfiba di quell’esperienza epocale. Nell’estate del 1988, infatti, i gruppi punk sovietici arrivano nelle Puglie ed è la primissima volta che oltrepassano la cortina di ferro.
«Il sindaco Avantaggiato scriveva in quegli anni che “la cultura sta al governo come l’acqua, nel greto del torrente, lo segue e lo modifica” – ricorda Blasi -. Per noi era assolutamente così, la cultura non consisteva solo nel recuperare il patrimonio storico e monumentale, ma anche essere uno strumento di cambiamento. Per la mia generazione la musica, e quella rock in particolare, rappresentava la possibilità di trovare un linguaggio nuovo, era un’occasione per segnare un abbandono di quella marginalità a cui eravamo consegnati e provare a darci una presenza. Invece ha ragione Ferretti quando, nel documentario, dice che oggi la musica è sostanzialmente intrattenimento».
Kissing Gorbaciov si gioca tutto su questo doppio canale: da una parte l’affascinante archivio di quegli anni, fatto di viaggi e concerti, footage oggi di altissimo valore storico e culturale, con la Melpignano comunista straordinariamente coesa e vitale. Resta imperdibile il momento in cui – il 23 marzo 1989 – i CCCP eseguono a Mosca A Ja Ljublju Sssr, la traccia di apertura di Socialismo e Barbarie, e tutto il pubblico si alza in piedi con la mano sul cuore per rendere omaggio all’inno nazionale, alterato dallo stridore delle chitarre elettriche. Dall’altra il commento di quei protagonisti dopo 35 anni, in cui la nostalgia non prende il sopravvento, mentre si impone nello spettatore la necessità di colmare il gap di questi decenni per comprendere dove la macchina si sia inceppata. In primis nelle profonde contraddizioni di una capitale come Mosca, in cui la grandiosità della Piazza Rossa si scontrava con la mestizia del rimanente contesto cittadino, ma anche nella missione della controcultura italiana, in parte fallita nella banalizzazione del linguaggio e nell’omologazione al contesto televisivo.

MOTTO GRAMSCIANO
«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».
«Quel motto gramsciano per noi era un postulato fondamentale – prosegue Blasi -. Noi volevamo governare, non semplicemente amministrare. Perché amministrare significa farsi arrivare addosso i problemi e provare a gestirli, mentre governare significa prevederli e avere un orizzonte dentro il quale muoversi, affrontare di petto le situazioni, sapendo di dover produrre scelte che condizionino in meglio la vita dei cittadini. C’è voluto molto coraggio, ma anche tanta incoscienza». E quando gli si domanda se il Sud, oggi, ce l’ha fatta, la sua risposta è quasi inappellabile. «Se devo essere sincero, penso non ce l’abbia fatta, almeno non nella misura in cui doveva riuscirci. Penso che un processo di cambiamento passa solo se si modificano i fondamentali: la salute, l’ambiente e i trasporti, i servizi pubblici determinanti. Stiamo parlando di livelli essenziali, il minimo indispensabile. Nei trasporti pubblici, se guardo al Salento, in quegli anni viaggiavamo con la littorina a 50 Km all’ora… e con quella continuiamo ad andare. Mentre a noi servono risposte complete».