Italia, turismo fermo per il contratto. E nel mondo la lotta è #FightFor15
Salario Scioperi e proteste in 200 città e 35 Paesi: tutto è partito dai lavoratori dei fast food americani, che chiedono una paga minima di 15 dollari l'ora. Gli addetti italiani alle prese con un rinnovo che tarda da due anni e una Naspi che li penalizza: manifestazioni a Roma, Milano e Taormina
Salario Scioperi e proteste in 200 città e 35 Paesi: tutto è partito dai lavoratori dei fast food americani, che chiedono una paga minima di 15 dollari l'ora. Gli addetti italiani alle prese con un rinnovo che tarda da due anni e una Naspi che li penalizza: manifestazioni a Roma, Milano e Taormina
Tre manifestazioni a Roma, Milano e Taormina. Un legame con le proteste per il salario dignitoso, in contemporanea in tutto il mondo: #FightFor15. La richiesta alle imprese di rinnovare il contratto, e al governo di modificare le norme su ammortizzatori sociali e appalti: ieri è stata la giornata di sciopero dei lavoratori del turismo. Oltre un milione di addetti che dalle mense, dalla ristorazione autostradale, dai pubblici esercizi, dai tour operator, dagli stabilimenti balneari e dagli alberghi chiedono maggiore attenzione e il giusto riconoscimento del proprio lavoro.
Prima di passare alla specificità italiana, è importante citare la mobilitazione globale di #FightFor15: il movimento per rivendicare il salario minimo di 15 dollari l’ora è partito nel 2012 dai lavoratori dei fast food americani, in special modo di grosse catene come McDonald’s, e in poco tempo ha conquistato gli addetti alla ristorazione e al turismo di tutto il mondo, tanto che ieri la protesta si svolgeva contemporaneamente in 200 città e 35 Paesi. Un movimento che ha già raccolto l’ideale adesione del presidente Usa Barack Obama, che si è espresso per l’opportunità che venga riconosciuto un salario minimo orario.
And now, we ARE winning, spiegano dal web gli attivisti di #FightFor15, citando i primi risultati della mobilitazione: «Seattle e San Francisco hanno approvato una legge che porterà la paga minima oraria a 15 dollari entro i prossimi due anni, e in città come New York o Los Angeles i salari si stanno ugualmente incrementando». «Ma c’è ancora tanta strada da fare per ottenere i 15 dollari l’ora e i diritti sindacali – conclude #FightFor15 – Sarà una lotta dura, ma sappiamo che possiamo farcela. Non abbiamo altra scelta».
In Italia i nodi sono differenti, perché i nostri lavoratori hanno ancora un contratto nazionale: ma c’è il rischio che le imprese vogliano destrutturarlo, come è già successo ad esempio nel settore bancario: con l’attacco dell’Abi respinto in un accordo, siglato di recente, che ha confermato la centralità della contrattazione nazionale.
A denunciare questa pretesa è Brunetto Boco, segretario generale Uiltucs Uil: le controparti, spiega, «rompendo una lunga tradizione, pretendono di scomporre l’unicità contrattuale. Una pretesa inaccettabile, perché creerebbe differenze pregiudizievoli tra mansioni similari in un settore già oggi molto frammentato e caratterizzato da forte flessibilità: Angem, Fipe, Federturismo, sono accumunate dalla pretesa di far pagare il rinnovo contrattuale ai lavoratori, senza riconoscere alcun miglioramento nelle tutele».
Delle richieste al governo ha parlato la Fisascat Cisl: «È necessaria una rivisitazione della Naspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego, che dal 1° maggio prossimo avrà pesanti ripercussioni sui circa 250 mila lavoratori stagionali del turismo che vedranno dimezzarsi la durata e il valore del sussidio. Gli effetti della Naspi, se non si interverrà, saranno devastanti soprattutto nelle realtà del Sud, dove i lavoratori del turismo vivono soprattutto di stagionalità».
I sindacati hanno ricordato che il turismo, gli alberghi e la ristorazione sono un settore chiave in vista dell’Expo e del prossimo Giubileo. «Chi lavora, negli alberghi e nei pubblici esercizi per pochi mesi all’anno, vive nella totale precarietà, anche a causa delle nuove misure avviate dal governo – ha spiegato Elisa Comellini, segretaria nazionale Filcams Cgil – La mancanza del rinnovo contrattuale accresce le incertezze».
Secondo Cristian Sesena, segretario nazionale Filcams, «il governo non può dire che il turismo rappresenta il futuro della nostra malandata economia e poi togliere, col Jobs Act, l’indennità di disoccupazione agli stagionali e introdurre la nuova Naspi». «Non si può affermare che il turismo è il nostro petrolio e poi trattare i lavoratori degli appalti come se non fossero di nessuno, togliendo il diritto alla reintegra a ogni subentro, indipendentemente dall’anzianità maturata».
«Il contratto è un diritto e un dovere: garantisce regole, tutele e risposte salariali per rispondere anche alle esigenze del settore», ha concluso Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale Filcams, ricordando la lotta dei #FightFor15: «Un filo che ci unisce agli altri lavoratori del mondo».
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