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Italia Music Export, prove di lancio all’estero

Italia Music Export, prove di lancio  all’estero

Progetti Parla Nur Al Habash, ideatrice della start up di Siae finanziata per i prossimi tre anni. «La nostra industria non è propriamente proiettata verso l’estero, e questo è uno dei motivi per cui la musica popolare italiana fuori dai nostri confini non è così popolare»

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 13 gennaio 2018

Un ufficio che si occupi della promozione dei migliori artisti italiani all’estero. Una guida per operatori, organizzatori di concerti, promoter, interessati a far suonare in giro per il mondo i nomi più interessanti (e spesso nascosti) del nostro panorama musicale. E un punto di riferimento per chi, in Italia, sia un autore, una label, un’agenzia di booking, voglia cominciare ad affacciarsi a un mercato non più solo nazionale. È tutto questo Italia Music Export, la nuova start up che Siae finanzierà (almeno) per i prossimi tre anni.

Ideatrice e fondatrice della start up Nur Al Habash, ex direttrice di Rockit, una delle principali riviste online per quanto riguarda la nuova musica italiana. Il nuovo ufficio va a riempire un vuoto che ha costituito finora un handicap notevole per il mondo della discografia italiana. «Da subito abbiamo riscontrato un forte interesse» spiega Al Habash, «proprio perché si tratta di qualcosa atteso da moltissimo tempo. Se pensiamo che i francesi sono partiti con il loro bureau export nel ’98, si capisce che noi siamo arrivati veramente tardi».

L’iniziativa appare come uno strumento utilissimo, in primis per gli artisti e i musicisti, sorta di servizio pubblico dedicato all’intera filiera del mercato discografico. «La nostra industria musicale non è esattamente proiettata verso l’estero, e questo è uno dei motivi per cui la musica italiana fuori dai nostri confini non è così popolare. Ci sono ovviamente delle eccezioni, come Bocelli, Ramazzotti, Pausini, comunicati all’estero con molta efficacia tra gli anni ’80 e ’90. Penso anche a molti nomi del jazz italiano. In altri ambiti tuttavia, complice anche la crisi della discografia mondiale, ci sono state poche risorse da investire sull’estero. E l’interesse di editori e case discografiche si è concentrato sul mercato domestico. Ne è venuta fuori una generazione di lavoratori della musica che non ha delle competenze così solide in questo campo. Italia Music Export vorrebbe dare delle soluzioni, sia dal punto di vista più informativo e educativo, che da quello del supporto economico». A disposizione dei musicisti infatti ci sono tutorial e approfondimenti su come promuovere il proprio lavoro, sono previsti finanziamenti per partecipare a showcase internazionali e, inoltre, dal 2018 tra Milano e Roma si terranno corsi e workshop gratuiti dedicati ai professionisti del settore.

Tutto per far arrivare le produzioni italiane a quante più persone possibili. Perché al centro c’è sempre la musica, una scena quanto mai vitale e diversificata e «quello che spero è che anche in Europa e nel resto del mondo si possano godere tutti questi album bellissimi che stanno uscendo».

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