«Italia in crescita», il grande bluff di Gentiloni
Commissione Ue Il Commissario europeo Gentiloni ha espresso grande soddisfazione per la crescita economica dell’Italia, dichiarando che il nostro Pil crescerà nel 2023 dell’1,2%, il tasso di crescita più alto degli altri […]
Commissione Ue Il Commissario europeo Gentiloni ha espresso grande soddisfazione per la crescita economica dell’Italia, dichiarando che il nostro Pil crescerà nel 2023 dell’1,2%, il tasso di crescita più alto degli altri […]
Il Commissario europeo Gentiloni ha espresso grande soddisfazione per la crescita economica dell’Italia, dichiarando che il nostro Pil crescerà nel 2023 dell’1,2%, il tasso di crescita più alto degli altri paesi europei. A parte il fatto che dovremmo finirla di usare questo indicatore per associarlo al benessere di un paese per i motivi più volti richiamati, anche questo dato è frutto di una manipolazione, che funziona grazie al silenzio della gran parte degli economisti mainstream.
Ci spieghiamo meglio. Non c’è bisogno di aver studiato Keynes per sapere che se si immette liquidità aggiuntiva in un determinato paese, attraverso la spesa pubblica, aumenta il reddito nazionale. Keynes, come è noto indicò questa terapia nei momenti di recessione economica, violando quello che fino ad allora era un tabù: il bilancio in pareggio. Attraverso quello che viene chiamato il “moltiplicatore keynesiano” il Pil aumenterà di x volte il surplus di spesa pubblica, in base alla propensione marginale al consumo. Ovvero, a seconda delle modalità di aumento della spesa pubblica la crescita economica sarà più o meno sostenuta in base all’aumento della domanda di beni di consumo e di investimento. Tutto questo è vero solo se non siamo in una fase di piena occupazione delle risorse umane e materiali, altrimenti un incremento di liquidità può trasformarsi in più inflazione o finire nelle bolle finanziarie.
Certo, se la spesa pubblica aggiuntiva va direttamente nelle tasche dei disoccupati, come Keynes proponeva attraverso le famose buche da riempire e svuotare, l’incremento dei consumi sarà molto rilevante e questo avrà un effetto importante sulla domanda aggregata (consumi + investimenti).
Viceversa, se la spesa pubblica aggiuntiva finisce delle mani dei ceti ad alto reddito potrebbe trasferirsi in parte nel mondo della finanza, o nei beni di consumo di lusso, e avere scarso impatto sulla economia reale.
Visti i programmi del Pnrr si può ben ipotizzare che una parte del circa 60 miliardi che quest’anno incasseremo dalla Ue andrà direttamente agli investimenti e ai consumi. In base ad una stima realistica possiamo dire che l’effetto del moltiplicatore della spesa pubblica aggiuntiva sarà per quest’anno di circa 1,5 per cento, che si traduce in una spesa complessiva di 90 miliardi di euro.
Dato che il nostro Pil nel 2022 è stato pari a 1,909 miliardi di euro, questo incremento stimato è pari a circa il 4,7 per cento. Ora è abbastanza facile mettere a confronto questa stima di incremento del Pil con quella del Commissario Gentiloni per dedurne che siamo in netta recessione, che senza questa iniezione di euro dalla Ue avremmo avuto, secondo queste stime, una recessione del 3,5 per cento, fermo restando le altre variabili del mercato interno e internazionale. Inoltre, almeno un terzo di questi 60 miliardi li dovremo restituire e questo significa che ci stiamo ulteriormente indebitando scaricando sul futuro un peso finanziario insopportabile.
Quello che viene sbandierato come un successo è di fatto un grande bluff che le forze di opposizione a questo governo dovrebbero fare emergere anziché cadere nella trappola di questi giochetti da tavolo delle tre carte.
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