Tra la nazionale italiana di rugby e gli All Blacks imbottiti di seconde scelte ci sono più di sessanta punti di scarto e dieci mete a zero, equamente distribuite tra il primo e il secondo tempo. L’ultimo test match autunnale degli azzurri si chiude così, con un impietoso 66-3, consumato in uno stadio Olimpico pieno di pubblico soddisfatto di vedere all’opera la squadra più celebre e più forte del mondo, e forse assuefatto alle sconfitte di una nazionale che per ora non riesce a colmare il gap che la divide dalle squadre più forti. La Nuova Zelanda era reduce dalla sconfitta di Dublino e da una sofferta vittoria contro gli inglesi a Twickenham. Il suo primo posto nel ranking mondiale è insidiato dall’Irlanda e il suo tour europeo ha alternato luci e ombre. Nel prossimo autunno dovrà tentare, nella coppa del mondo che si giocherà in Giappone, la conquista del suo terzo titolo iridato consecutivo. Coach Steve Hansen ha scelto di tenere a riposo un po’ di titolari, giunti agli sgoccioli di una stagione massacrante, e ha gettato nella mischia un po’ di rincalzi, quelli che da qui all’autunno dovranno guadagnarsi un posto nella lista dei convocati. Il match con gli azzurri non presentava del resto motivi per cui preoccuparsi.

OGGI ALL’OLIMPICO il dominio degli All Blacks è stato assoluto in ogni zona di campo e in ogni situazione di gioco. Il poco che l’Italia è riuscita a fare è stato un calcio piazzato tra i pali di Tommaso Allan al 13’ e qualche azione d’attacco nell’ultimo quarto di partita, iniziative sempre stroncate dalla difesa dei tuttineri. Da una parte c’era una squadra che avanzava, vinceva tutti i punti di incontro, gestiva il gioco a piacimento; dall’altra c’era una nazionale italiana priva delle risorse tecniche e agonistiche necessarie per ribattere a tanta superiorità. Il tabellino del match riporta quatto mete di Jordie Barrett (32’, 42’, 72’ e 81’), tre di Damian McKenzie (17’, 27’, 52’), una a testa per TJ Perenara (8’), Ngani Laumape (43’) e Beauden Barrett (45’). Fin dalle prime battute di gioco si è compreso che il match avrebbe visto l’avanzare di una lunga onda nera che tutto avrebbe sommerso. E così è stato, senza nemmeno bisogno che si alzasse vento di tempesta. Jordie Barrett, 22 anni, il più giovane dei tre fratelli schierati in campo, ala di un metro e novantasei per cento chili, un gran bel connubio di forza fisica e di corsa armoniosa, si è guadagnato il titolo di Man of the Match.

L’ITALIA deve ora pensare al prossimo Sei Nazioni. I test match di novembre (una vittoria “chiarificatrice” con la Georgia, due sconfitte con Australia e Nuova Zelanda più quella di Chicago contro l’Irlanda) ribadiscono la realtà del nostro rugby: con le home unions, la Francia e le quattro grandi dell’emisfero Sud al momento non c’è partita. Con tutte le altre del Tier 1 e le migliori della seconda fascia il discorso rimane aperto.