Dopo tante promesse sulla «compagnia di bandiera italiana», Giorgia Meloni sul futuro di Ita Airways cerca di salvare almeno le apparenze. Così in consiglio dei ministri viene approvato un Dpcm sul dossier della compagnia aerea, in sostituzione del precedente provvedimento adottato a marzo dal governo Draghi. Ufficialmente con l’obiettivo di velocizzare le procedure di cessione, ma soprattutto permettendo l’ingresso di un partner con una quota non di maggioranza. Quindi salvaguardando, almeno in teoria, la «italianità» della compagnia. Ma aprendo comunque un’autostrada a Lufthansa, che pure da posizioni di minoranza potrebbe avere campo libero nella strategia di gestione dell’ex Alitalia.

A RIPROVA delle intenzioni del governo, già prima del consiglio dei ministri Fabio Lazzerini, amministratore delegato di Ita Airways, aveva certificato lo stato delle cose: «Confermo che stiamo lavorando molto con Lufthansa, in maniera molto collaborativa, stiamo condividendo informazioni con loro». Al tempo stesso Lazzerini aveva rinviato all’esecutivo la decisione finale: «Con quanta quota e in quale modalità lo deciderà il ministero delle Finanze. Io posso solo dire che per la prima volta in vent’anni i ricavi della compagnia superano i costi».

Se l’obiettivo del governo Draghi era quello di cedere la quota di controllo della compagnia aerea, ora ad essere venduto a Lufthansa sarà un pacchetto azionario di minoranza, con un aumento di capitale riservato. Nel nuovo Dpcm peraltro viene messo nero su bianco che «assume una importanza rilevante, ai fini della vendita, il piano industriale del candidato acquirente della compagnia aerea».

PROPRIO SUL PIANO industriale si giocherà infatti la partita vera e propria. Lo ricordava su queste pagine Ugo Arrigo, professore alla Bicocca ed esperto di trasporto aereo, diventato oggi membro del consiglio d’amministrazione di Ita. Per Arrigo la nascita di una «compagnia nana», quando invece investendo durante la pandemia poteva rinascere un vero gigante, era propedeutica alla vendita a Lufthansa, che avrebbe usato Ita come compagnia regionale. Riempiendo invece gli hub tedeschi di aerei della casa madre per i più remunerativi voli a lungo raggio.

PER IL MOMENTO comunque sia l’ad Lazzerini che il governo hanno la priorità di garantire livelli occupazionali ben diversi dai soli 3.750 riassunti da Ita, con oltre 5.000 esuberi. Sul punto Lazzerini ha confermato un piano di 1.200 assunzioni, ribadendo che gli ex dipendenti Alitalia «sono il nostro bacino di riferimento, perché abbiamo consapevolezza che ci sono persone in cassa integrazione pagata dallo Stato che hanno professionalità, e che sono ottime per le nostre esigenze».

Parole ben accolte da Fabio Rampelli di Fdi, vicepresidente della Camera. «Prendo atto con soddisfazione delle dichiarazioni dell’amministratore delegato Lazzerini, secondo cui l’organico dal quale attinge e attingerà Ita è quello del bacino ex Alitalia. Si tratta, come ho avuto modo di dire più volte, di una scelta indispensabile per equità e per convenienza dello Stato, socio unico di Ita». Da Rampelli anche una sviolinata per la mossa fatta dal governo con il nuovo Dpcm: «La sovranità nazionale si esercita anche e soprattutto nel presidio degli asset strategici aggrediti famelicamente da multinazionali straniere». Ma solo dal futuro piano industriale, ricordando sia l’ammonimento di Lazzerini («Più si rafforza il lungo raggio più si sviluppano i voli domestici») che i desiderata, opposti, di Lufthansa, sarà possibile capire quale sarà il futuro dell’ex Alitalia, e delle migliaia di suoi lavoratori e lavoratrici oggi cassintegrati.