Ita decolla. A terra rimangono 8 mila esuberi
Cieli Precari Primo volo della compagnia: la «discontinuità» con Alitalia è solo nei salari dimezzati. Trionfo effimero del «modello Fca» di Altavilla. Il presidente ha già fallito nella gara sulla Sardegna Previste proteste a Fiumicino
Cieli Precari Primo volo della compagnia: la «discontinuità» con Alitalia è solo nei salari dimezzati. Trionfo effimero del «modello Fca» di Altavilla. Il presidente ha già fallito nella gara sulla Sardegna Previste proteste a Fiumicino
Questa mattina alle 6 e 20 decollerà da Milano Linate con destinazione Bari il primo volo di Ita, Italia trasporto aereo. Sarà il trionfo effimero del «modello Fca» applicato a una società pubblica dall’ex manager Fiat Alfredo Altavilla, chiamato direttamente da Draghi a pilotare una compagnia aerea essendosi sempre occupato d’altro.
Sarà soprattutto il decollo della «discontinuità» – imposta dall’Unione europea – più in continuità della storia. Ita è una compagnia nuova ma ha tutto di Alitalia: i 52 aerei (su 110), il codice Az, le divise del personale, i parcheggi, la stessa manutenzione, lo stesso servizio di bagagli, gli stessi slot (sebbene un buon 60% non siano stati acquisiti e siano stati ripartiti fra i concorrenti).
Acquisito nella serata di ieri anche il brand Alitalia per soli 90 milioni contro i 150 di valore di mercato (oggi gli aerei avranno una livrea celebrativa tricolore con su scritto «Born in 2021»), l’unica vera discontinuità riguarda il numero e le condizioni contrattuali dei lavoratori. Ita ha assunto 2.800 lavoratori «a chiamata» e sostiene che «circa il 75%» provengano dai 10.500 attuali dipendenti Alitalia. Il costo è presto fatto: ci sono oltre 8 mila esuberi che resteranno a terra. Quanto alle condizioni contrattuali, ai nuovi assunti è stato applicato un «regolamento aziendale» sancendo la prima volta di un’azienda pubblica che esce dal contratto nazionale. Salario e riposi dimezzati, con buste paga più basse di quasi tutte le compagnie low cost. Condizioni definite da centinaia di dipendenti «meno che dignitose, dopo i tagli già subiti nel 2008» tanto da farli propendere per non partecipare neanche alla selezione «stile Grande Fratello» per essere riassunti, coscienti di essere esuberi difficilmente ricollocabili.
SU TUTTE QUESTE DECISIONI c’è il timbro di Alfredo Altavilla. Uno che alla prima riunione con i sindacati ha subito fatto capire il suo «metodo». La trentina di sindacalisti riuniti per discutere il passaggio da Alitalia a Ita si sono trovati improvvisamente i telefoni isolati – usando il cosiddetto jammer, strumento che impedisce ai cellulari di trasmettere con l’esterno – cogliendo di sorpresa perfino la Digos che pensò ad un attacco hacker. Ancora più chiaro fu il benvenuto: Altavilla guardò il soffitto e mise subito in chiaro che a lui della sorte dei lavoratori Alitalia non interessava nulla. E lo ha dimostrato coi fatti. Peccato che sia a capo di un’azienda con 3 miliardi di capitale pubblico di cui 1,4 già stanziati e sia lautamente pagato con gli stessi. Soldi che il governo ha elargito per risolvere la ventennale crisi Alitalia, provocata dai manager, non certo dai lavoratori.
Detto questo, Altavilla fino a oggi non ha ottenuto molti successi. Al momento di andare in stampa non risultata formalizzato il contratto di cessione del «ramo aviation» Alitalia (aerei e slot) facendo immaginare un «usufrutto gratuito». Stipulati invece – ma non forniti ai sindacati – i contratti di servizio per manutenzione e handlig che, nello spezzatino imposto da Bruxelles, Ita potrà avere concorrendo nelle gare ancora da bandire solo in cordata e in un solo caso in maggioranza.
IN PIÙ ITA HA GIÀ PERSO LA GARA per la «continuità territoriale» con la Sardegna. I voli che per legge devono assicurare i collegamenti con l’isola, da sempre di Alitalia, sono stati appannaggio della low cost spagnola Volotea che in comune con Ita ha l’applicazione di un regolamento aziendale invece del contratto nazionale. Uno smacco epocale e un danno economico rilevante: lo stesso Altavilla parlò della Sardegna come 20% del fatturato estivo della nuova compagnia.
Con un decollo così nano e precario è chiaro che la previsione del professor Ugo Arrigo – fra i massimi esperti di trasporto aereo in Italia – al manifesto – «Ita durerà meno di due anni» – diventa più che realista.
Anche perché oltre alla «bomba sociale» rappresentata dagli 8 mila esuberi, l’altra bomba riguarda le cause che migliaia di lavoratori – riassunti o meno – depositeranno ai tribunali del lavoro da oggi contestando la mancata applicazione del 2112 del codice civile sul trasferimento del ramo d’azienda con conferma dei dipendenti e la selezione che non ha rispettato la legge 428/90 e la «procedura sindacale».
ALTAVILLA IERI HA FATTO dichiarazioni roboanti. «Mi impegno a far sì che entro il 2025 Ita sia la compagnia aerea non low cost più ecologica d’Europa, metta davvero il cliente al centro della politica commerciale e che rispetti i canoni di corretta gestazione economica». Parlando di tutto tranne che dei lavoratori.
Una settimana fa aveva bollato come «vergogna» uno sciopero nel giorno del decollo di Ita. Non avverrà semplicemente perché non c’erano i tempi di legge per indirlo. Tutti i sindacati però terranno oggi un’assemblea a Fiumicino, facendo i conti con la rabbia e le proteste dei lavoratori. Negli stessi minuti non si esclude che Ita traslochi proprio nell’ex sede Alitalia. L’ennesima conferma della «discontinuità» più continua della storia.
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