Isteria della sopravvivenza al cohousing
Finestre di Orosia Si parla di «sopravvivenza», diventata valore assoluto, finalizzata ad allungare la vita, dove si perde il senso della buona vita...
Finestre di Orosia Si parla di «sopravvivenza», diventata valore assoluto, finalizzata ad allungare la vita, dove si perde il senso della buona vita...
Qui al cohousing, Smirna racconta del Festival, a Piacenza, del Pensare Contemporaneo dal 19 al 23 settembre, seconda edizione, con il tema: «Vivere la meraviglia tra stupore e spavento». Festival di arte, cultura, scienza: più di 70 incontri in 12 location della città e 150 importanti ospiti nazionali e internazionali. Smirna parla di Byung-chul Han, sudcoreano che vive in Germania, professore di Filosofia e Studi culturali all’ Università di Berlino, a cui è andato il Premio internazionale del Festival. Cita tra i suoi libri«La società senza dolore» Ed. Einaudi, 2021, tradotto da Simone Aglan Butazzi. Nel libro, l’autore tratta la rimozione del dolore e della sofferenza, esplosi dopo la pandemia, che portano ad una società “palliativa” che tende all’anestesia della sofferenza, di cui vergognarsi, perché oggi si deve apparire in salute e performanti. Parla di «Algofobia», come paura generalizzata del dolore che porta ad un’anestesia permanente, dove anche le pene d’amore ne sono sospette portatrici. L’ Algofobia porta anche ad una politica «palliativa», che in un contesto «palliativo» perde ogni vitalità, il coraggio della contraddizione e ricerca solo consenso.
Parla di «sopravvivenza», diventata valore assoluto, finalizzata ad allungare la vita, dove si perde il senso della buona vita. Una «isteria della sopravvivenza» che riduce la vita ad un processo biologico da ottimizzare: funzione e non più narrazione in un mondo dove «siamo troppo vivi per morire e troppo morti per vivere». Parla di “insensatezza del dolore” come incapacità di dare senso al dolore, male insensato da affrontarsi con farmaci e medicalizzazione che privano ogni cultura della capacità di integrare il dolore con tutto il resto. Eppure il dolore è importante. Per Heghel non c’è dolore che non porti ad una crescita e non c’è crescita senza dolore. Il dolore è uno “strappo” attraverso cui fa breccia ciò che è “altro”, e dunque conoscenza. Ci permette confronto con l’alterità che manca nella società “palliativa” dove “l’altro”, possibile fonte di dolore, diventa estraneo e nemico, cresce il distanziamento sociale, si perde l’empatia e si perpetua solo l’uguale. Ma, se rimosso, il dolore si somma, creando un capitale invisibile che matura interessi. Commenta Ernesto: “e magari si trasforma in violenza verso sé o gli altri”. Riflette Olga: “allora se vivere con gli altri, che richiede impegno, dà dolore, meglio evitare, e forse questo sta succedendo al cohousing”. Gli altri ascoltano e ognuno ha il suo dolore da rimuovere. Conclude Smirna raccontando della lectio magistrale di Han sulla speranza, antidoto al dolore, di cui tratta Il suo prossimo libro, perché abbiamo bisogno di speranza, in qualcosa di nuovo per un modo di vivere diverso. Speranza come ricerca, tentativo di orientarsi, di spingersi oltre ciò che esiste oggi.
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