Istat, la nomina di Blangiardo agita i ricercatori
Il candidato della Lega, anti-abortista e anti-immigrazione, è accusato di piegare i dati a fini politici Intorno alla nomina del demografo Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat si addensano nubi sempre più scure. Non bastavano le rivelazioni del manifesto sulle sue posizioni decisamente reazionarie su materie […]
Il candidato della Lega, anti-abortista e anti-immigrazione, è accusato di piegare i dati a fini politici Intorno alla nomina del demografo Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat si addensano nubi sempre più scure. Non bastavano le rivelazioni del manifesto sulle sue posizioni decisamente reazionarie su materie […]
Intorno alla nomina del demografo Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell’Istat si addensano nubi sempre più scure. Non bastavano le rivelazioni del manifesto sulle sue posizioni decisamente reazionarie su materie delicate come aborto, immigrazione e famiglia tradizionale e dei suoi legami con Comunione e Liberazione. Ora anche i ricercatori manifestano il disagio nei confronti di Blangiardo, accusato di piegare i dati a fini politici.
La nomina ora è nelle mani delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, che devono ratificarla con i due terzi dei voti. Non bastando quelli di M5S e Lega, anche Forza Italia dovrebbe fare la sua parte. Magari in cambio di una nomina “amica” all’autorità antitrust o in altre agenzie. Lo scambio tra maggioranza e il nemico Berlusconi non è gradito ai grillini, che iniziano a manifestare qualche malcontento. Sotto ai post contro Blangiardo sui social network sono comparsi anche i like di Daniele Frongia, potente assessore ed ex-vicesindaco di Roma nella giunta Raggi.
Secondo il deputato leghista Cristian Invernizzi, che ha difeso Blangiardo in Commissione, «l’assoluta qualità della sua candidatura è indubbia». Non la pensano così i ricercatori dell’Istat che, riuniti in assemblea, hanno ricordato come molte affermazioni politicamente pesanti di Blangiardo non avessero alcun supporto statistico e servissero invece a accreditare tesi gradite a Salvini. Blangiardo è uno dei docenti della scuola di formazione politica della Lega e ai suoi studenti racconta che «siamo il primo paese in Europa per numero di concessioni di cittadinanza», per dimostrare l’inutilità di una legge sullo ius soli. Invece, fanno notare all’Istat, ne concediamo meno di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna secondo i dati Eurostat.
Un simile uso dei numeri non promette nulla di buono per l’indipendenza dell’Istituto di Statistica.
Non è la prima volta che Blangiardo inciampa sui numeri, in teoria la sua specialità. Nel 2015 lanciò l’allarme per l’aumento dei decessi (68.000 in più rispetto al 2014) che lui imputava alle insufficienze del sistema sanitario nazionale. Studi più accurati, come quello dell’economista dell’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Cesare Cislaghi, osservarono che quel «picco» era presente anche in altri Paesi europei. In realtà, si spiegava con le normali variazioni climatiche e con le fluttuazioni demografiche risalenti alla prima guerra mondiale. Nonostante la “toppa”, Blangiardo sul quotidiano Avvenire ha recentemente ripetuto la sua tesi sulla base dei dati del 2017 e ai colleghi che lo smentirono nel 2015 ora tocca correggerlo di nuovo. Per Cislaghi, «se davvero fosse colpa del sistema sanitario l’aumento di mortalità dovrebbe osservarsi anche tra le classi più giovani, e non è così». Cislaghi critica la disinvoltura di Blangiardo: «È sbagliato lanciare allarmi quando i dati sulle cause di morte, fondamentali per analizzare il fenomeno, non sono ancora chiari».
L’errore, consapevole o meno, potrebbe non essere casuale: «Il servizio sanitario pubblico è purtroppo oggi oggetto di attacchi da parte di chi vorrebbe demolirlo per aprire nuovi scenari assicurativi che sicuramente comporterebbero un significativo aumento delle disequità», sostiene. «Per affermare che il sistema sanitario è il colpevole ci vogliono prove scientifiche inconfutabili». E questo getta ulteriori ombre sull’indipendenza di Blangiardo che da sempre sostiene una maggiore apertura alla sanità privata, grande terreno di conquista per gli amici ciellini.
Che il suo curriculum non sia migliore (tutt’altro) rispetto a quello degli altri candidati alla presidenza lo dice la letteratura scientifica. Per valutare i ricercatori si usa da anni il cosiddetto “indice h”, una misura di quanto un ricercatore è citato, e dunque ascoltato, dalla comunità scientifica internazionale. Mentre l’indice di Elisabetta Carfagna arriva a 13 e quello di Maurizio Vichi a 17, l’indice Blangiardo si ferma parecchio sotto la decina, secondo la banca dati di Google Scholar. Evidentemente anche per il governo del cambiamento la lottizzazione conta più del merito.
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