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Istat, Blangiardo candidato salviniano, curriculum da ciellino

Istat, Blangiardo candidato salviniano, curriculum da ciellinoGiancarlo Blangiardo, ordinario alla facoltà di Statistica dell’università “Bicocca” di Milano

Istat Giancarlo Blangiardo è uno dei favoriti per la presidenza dell’Istituto Nazionale di Statistica. Ma nulla è scontato: i voti decisivi andranno trovati in parlamento

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 25 ottobre 2018

L’Istituto italiano di statistica, uno dei principali enti di ricerca italiani, è in cerca del suo presidente. Quello uscente, Giorgio Alleva, è decaduto alla fine di agosto. Mentre il “facente funzioni” Maurizio Franzini sbriga l’ordinaria amministrazione, una commissione governativa sta valutando i curriculum dei candidati. È una poltrona prestigiosa e politicamente pesante, tanto che in estate la sottosegretaria all’economia del M5S ha auspicato una “sinergia” tra Istituto e Esecutivo “per il raggiungimento degli obiettivi del contratto di governo”.

Sul tavolo del ministro della Funzione Pubblica Bongiorno la rosa dei candidati si è ristretta a pochissimi nomi, con un netto favorito. Si tratta del settantenne demografo Gian Carlo Blangiardo,ordinario alla facoltà di Statistica dell’università “Bicocca” di Milano. Lo ha confermato lui stesso alla Stampa: “Mi ha chiamato il ministro della Funzione Pubblica, ho dato la mia disponibilità e ci siamo incontrati”, ha detto, “è molto probabile che mi debba trasferire a Roma”. Blangiardo è uno dei demografi più noti in Italia, a dispetto di un curriculum piuttosto debole in campo internazionale. Altri candidati, come Giuseppe Arbia e Monica Pratesi, presentano un curriculum migliore. Anche il predecessore Giorgio Alleva fu molto criticato per lo stesso motivo dalla comunità scientifica al momento della sua nomina. Blangiardo, però, ha ben altri assi nella manica.

Ad esempio, la sintonia politica con l’ala leghista della maggioranza. Tutti i temi sensibili per questo governo lo hanno trovato schierato dalla parte “giusta”. A cominciare dalle iniziative anti-abortiste che, da Verona a Roma, tentano di ostacolare l’attuazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza. Già nel 2013, dalle colonne di Avvenire, Blangiardo proponeva di calcolare l’aspettativa di vita a partire dal concepimento, equiparando di fatto due fenomeni diversissimi come le interruzioni di gravidanza e la mortalità infantile: “una diversa elaborazione dei dati sulla sopravvivenza, giustamente orientata ad accogliere il principio che la vita abbia inizio con il concepimento, aiuterebbe a interpretare le dinamiche in atto con doveroso realismo” scrisse. Tenendo conto del “popolo dei non nati”, l’aspettativa di vita degli italiani calerebbe di quindici anni.

Le preoccupazioni per la denatalità però spariscono quando il progetto di un figlio mette in discussione la famiglia tradizionale. L’anti-abortista Blangiardo è tra i fondatori del movimento “Scienza e Vita”, associazione trasversale di scienziati, professionisti e intellettuali che al referendum del 2005 si schierò a favore della legge 40 contro la procreazione medicalmente assistita e tuttora interviene sui temi “eticamente sensibili”, dall’eutanasia alla gestazione per altri.

L’interesse di Blangiardo per la famiglia tradizionale è confermata dalla militanza del demografo lombardo nelle principali agenzie istituzionali e associazioni del settore, dall’Osservatorio nazionale sulla famiglia alla Conferenza Episcopale e al Forum delle associazioni familiari. Con loro ha elaborato proposte politiche come il “Patto per la natalità”. Al centro del “patto”, Blangiardo (con una nutrita pattuglia di demografi accademici di area cattolica) pone il cosiddetto “fattore familiare”, una riforma della fiscalità che allarghi la no-tax area per ogni figlio in più. Se la nota di aggiornamento al Def propone testualmente di “alleggerire il peso dell’imposizione tenendo conto del numero dei figli”, significa che la proposta ha trovato ascolto presso il governo.

Anche sull’immigrazione c’è feeling tra Blangiardo e Palazzo Chigi. Nonostante la preoccupazione per il calo demografico degli italiani, Blangiardo si è schierato contro lo “ius soli”, che darebbe la cittadinanza ai minori nati in Italia. Ha polemizzato con il presidente dell’Inps Tito Boeri, negando che i lavoratori immigrati mantengano in equilibrio i conti della previdenza. Nel saggio “Immigrazione. La grande farsa umanitaria”, scritto con l’ex-senatore di AN e oggi viceministro salviniano Giuseppe Valditara e con Gianandrea Gaiani (che insieme a Casapound auspicava un patriottico blitz militare per riportare a casa i marò), propone di distinguere tra un’immigrazione “buona” e “una che rischia di disintegrare le nostre società”.

Ma Blangiardo non è solo uomo di idee. In Lombardia, il professore è a suo agio nel network di potere di Comunione e Liberazione. L’università Bicocca di Milano è un feudo ciellino: ci insegna anche lo statistico Giorgio Vittadini, uno dei pesi massimi di CL. Insieme a Alessandro Rosina dell’Università del Sacro Cuore, i tre rappresentano la lunga mano cattolica nel settore della statistiche demografiche. Vittadini e Blangiardo in particolare condividono molto dentro e fuori dall’accademia. Blangiardo ha curato vari rapporti su temi sociali per la Compagnia delle Opere e per il suo braccio culturale, la Fondazione per la sussidiarietà (entrambi fondati da Vittadini), è nel comitato scientifico del Banco Alimentare, altra creatura del fondatore di CL Don Giussani, presieduto dallo stesso Vittadini.

Ormai prossimo alla pensione, Blangiardo potrebbe fornire un’utile sponda al governo. Per esempio, il presidente dell’Istat è chiamato a dare al Parlamento il suo parere sulla manovra finanziaria. Per difendersi dalle critiche di Bruxelles, l’imprimatur di un esperto di numeri potrebbe risultare prezioso. Anche in materia fiscale, su cui Salvini punta molto, il suo contributo sarà gradito al governo. Il mandato del presidente dell’Istat dura quattro anni, perciò è presto per dire se Blangiardo cerchi solo una comoda poltrona da 240 mila euro l’anno (il massimo per un dirigente pubblico, per di più in pensione) o intenda lavorare attivamente alla “sinergia” filo-governativa. Innanzitutto, dovrà farsi eleggere e nulla è scontato. Il nome del Presidente deve essere approvato dai due terzi delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Dati i numeri dell’attuale maggioranza, i voti decisivi andranno trovati tra i banchi di Forza Italia e Pd.

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