I Uno degli effetti prodotti dal piano nazionale di ripresa e resilienza («Pnrr») potrebbe essere l’esternalizzazione delle attività informatiche dell’Istituto nazionale di Statistica (Istat). La norma è contenuta nel decreto legge, il 36, che contiene le nuove regole che modificano in maniera significativa il reclutamento dei docenti e la loro carriera, un provvedimento contro il quale i sindacati della scuola hanno dichiarato uno sciopero il prossimo 30 maggio. Ieri la protesta dei lavoratori dell’Istat in Largo Argentina a Roma, mobilitati da tutti i sindacati presenti nell’importante ente di ricerca (circa 2 mila dipendenti con un bilancio di 200 milioni di euro), ha spiegato la natura dell’operazione. Al presidio hanno partecipato anche la senatrice Maria Laura Mantovani del Movimento 5 Stelle e Stefano Fassina deputato di LeU. Ieri scadeva il termine per la presentazione degli emendamenti al decreto.

Il problema è il seguente: sarà istituita una società chiamata «3-I», composta da Inps, Inail e appunto Istat. Lo scopo di tale società non è ancora sufficientemente chiaro se si esclude il riferimento alla parola-baule «digitalizzazione» della «pubblica amministrazione» che ha attratto una pioggia di miliardi. L’obiettivo ufficiale è quello di rendere «interoperabili le banche dati», incluse quelle dell’Istat, per finalità ancora non chiarite. Il rischio, in questo caso, potrebbe essere quello di confondere i dati amministrativi con quelli statistici, violando gli standard nazionali e internazionali che regolano l’attività dell’Istat.

I sindacati sostengono che, così com’è delineato un simile progetto, si intravvede già la sovrapposizione con una società che già esplica la funzione della digitalizzazione: la Sogei, controllata dal ministero dell’Economia. Al momento è curioso anche il sistema pensato per finanziare una nuova società i cui fondi dovrebbero eventualmente provenire dal «Pnrr» e non dai bilanci degli enti pubblici che la compongono. E invece, a quanto pare, è proprio quello che dovrebbe accadere. I lavoratori dell’Istat in mobilitazione segnano il fatto che i tre enti dovrebbero versare 15 milioni di euro per ciascuno, riducendo così i propri bilanci. A favore della nascente «3-I» andrebbero fondi per acquistare macchinari, strumenti e anche il personale interno che sarebbe necessario per sviluppare l’innovazione all’interno. Invece di essere potenziata, l’Istat sarebbe indebolita da una scelta giudicata «miope» che compromette la sua autonomia.