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Istanbul, sindacati in piazza

Istanbul, sindacati in piazzaLa bancarella della manifestazione sindacale a Istanbul – Reuters

Il sultano è nudo I «chapulling» di Gezi park, un laboratorio resistente. Il ministro li riceve

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 6 giugno 2013
Sara DatturiISTANBUL

Quella tra martedì e mercoledì, è stata ancora una notte di scontri. Nella capitale Ankara e ad Antiochia, vicino al confine con la Siria, dove decine di migliaia di persone partecipavano ai funerali di un giovane manifestante ucciso lunedì. 

Perché la repressione continua, setacciando anche il web, più feroce quando calano le luci. Vigilato speciale è il social network Twitter, definito dal premier Erdogan «una cancrena della società». Sono così finite in carcere, la notte scorsa a Smirne, 24 persone accusate di avere «incitato ai disordini e fatto propaganda», pubblicando dei tweet in sostegno alle manifestazioni. Altre 14 persone sono ricercate. Al momento le morti accertate, secondo l’Hurriet Daily News, sono tre, l’ultima vittima è Ethem Sarisülük, un attivista turco colpito alla testa durante gli scontri ad Ankara. Secondo l’associazione di medici turchi, i feriti sono 4.177, ma non ci sono informazioni esatte sugli ultimi scontri che stanno avvenendo nelle città del sud est come Mersin, Antakya e Canakkale. Perché nonostante il bollettino di guerra, le proteste si stanno diffondendo in tutte le zone della Turchia.

Ieri, settimo giorno di resistenza, la mattinata si è aperta con lo sciopero generale indetto dal sindacato dei dipendenti pubblici (Kesk), che ha sfilato in piazza Taksim insieme alla confederazione sindacale progressista (Disk), l’unione della camera degli ingegneri e dei Medici turchi. Accanto a loro anche ricercatori e professori di alcune delle maggiori università di Istanbul. Mentre una delegazione dei dimostranti della protesta veniva ricevuta dal ministro Bülent Arinç. La piattaforma solidale di Taksim ha chiesto al ministro che sia abbandonato il progetto di trasformazione urbana e che il Gezi park non venga intaccato, che il centro di Ataturk non sia demolito e che si apra un’inchiesta sull’ escalation di violenza della polizia. I dimostranti chiedono inoltre che ogni tipo di gas lacrimogeno venga bandito, che tutti i manifestanti incarcerati vengano rilasciati e l’eliminazione di tutti gli ostacoli alla libertà d’informazione.

Anche lo scrittore Orhan Pamuk e il regista Ferzan Özpetek, si sono uniti idealmente alla protesta. Il premio Nobel ha definito il governo «repressivo e autoritario». Il regista delle Fate ignoranti, abbracciando la manifestazione dei sindacati, ha twittato: «Anche io mi fermo».

[do action=”citazione”]Social network nel mirino. Retata a Smirne, 24 arrestati per aver pubblicato tweet anti-governo[/do]

Ieri pomeriggio a Istanbul sembrava tornata alla calma, la guerriglia urbana si è trasformata in resistenza culturale, sociale e solidale intorno al parco di Gezi. Il clima è di festa. Questo spazio verde, scintilla della rivolta, è diventato un vero e proprio laboratorio creativo, una nuova Costantinopoli. Ci sono tante tende di tutte le forme, magliette con simboli opposti, slogan in un unico coro gridati da tifoserie di solito rivali; capelli bianchi che si confondono nei colori sgargianti di ragazzine arrabbiate. Cani, bambini che giocano in spazi auto costruiti, amache che dondolano al ritmo di orchestre improvvisate. Sono loro i chapulling, che letteralmente significa combattere per i propri diritti, un neologismo creato dai manifestanti dopo che il premier Erdogan li aveva definiti chapul, saccheggiatori.

La vita di questo campo in itinere, in costruzione continua, è dinamica e intensa. Gudlen, vegana e femminista, sorride raccontando che la vita a Gezi inizia con la colazione donata dai sostenitori provenienti da tutta la Turchia. C’è il simit, diversi tipi di frutta e verdura, c’è il formaggio bianco e ieri addirittura i tipici biscotti con i semi per dimostrare rispetto anche agli abitanti credenti che oggi festeggiano il kandil, una festa musulmana. Poi lezione di Yoga, la costruzione di librerie a cielo aperto, incontri, suonate di chitarra, cucine che diventano centro informazioni per turisti e giornalisti curiosi. Gulden sostiene che la parte del giorno più interessante e più sentita è la sera quando più gente arriva al parco, si rilassa dopo una giornata lavorativa. L’aria è effervescente, perché, spiega Mert, «È solo l’inizio di un’ondata di rinnovamento più grande. Non ci siamo ripresi solo un parco, ma la fiducia in noi stessi, ci siamo rialzati come società e siamo pronti, ora, per riscriverne un’altra più giusta, per riempire questo vuoto autoritario con il governo del popolo».

Venerdì è previsto il ritorno del primo ministro Erdogan e tutti qui al parco di Gezi si domandano che tipo di reazione avrà nei confronti della resistenza.

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