Sono stati 14.931 i nuovi casi di Coronavirus ieri in Italia su 306.078 test effettuati. Il tasso di positività è sceso a 4,87%. I decessi sono stati 251; 364.835 le persone in isolamento domiciliare. Ancora in aumento i pazienti in terapia intensiva: più 4 rispetto a venerdì, 2.063 in tutto. In calo i ricoveri ordinari: 106 in meno per un totale di 17.725. La regione con il maggior numero di nuovi casi è stata la Lombardia (3.019) seguita da Emilia Romagna (1.724), Campania (1.677) e Veneto (1.244).

In base al report dell’Istituto superiore di Sanità, l’85% dei casi diagnosticati in Italia da inizio pandemia si sono concentrati in 10 regioni: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Lazio, Sicilia, Toscana, Puglia e Liguria. Otto regioni (Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, la provincia di Bolzano, Umbria, Sardegna, Calabria e la provincia di Trento) hanno riportato tra i 30mila e i 70mila casi. Tre regioni (Basilicata, Valle d’Aosta e Molise) hanno riportato meno di 15mila casi ciascuna. Trento e la Valle d’Aosta, in particolare, pur riportando un numero meno consistente di casi presentano un’incidenza cumulativa (numero di casi totali segnalati/popolazione residente) particolarmente elevata, con valori simili a quelli della Lombardia e del Veneto.

I medici morti da inizio pandemia sono 326 ma l’Iss sottolinea che, da quando è iniziata la campagna di vaccinazione, è in calo la percentuale di operatori sanitari contagiati dal Covid rispetto al totale: il tasso, che a gennaio era superiore al 5%, ora è al 2% (ma è un dato da confermare). In totale sono stati diagnosticati 118.879 casi tra gli operatori sanitari (età mediana 47 anni) pari al 4% dei casi totali segnalati. La proporzione maggiore si è raggiunta a marzo, in piena prima ondata, quando un quinto dei contagiati era tra gli operatori sanitari.

Il Lazio ieri ha annunciato l’istituzione di due zone rosse per l’alta incidenza di casi da variante inglese: da oggi per due settimane si applicheranno le restrizioni a Colleferro e Carpineto. Preoccupa ancora l’Abruzzo: salgono i ricoveri totali, che passano da 619 di venerdì ai 642 di ieri; in terapia intensiva ci sono 75 pazienti, a un passo dal record negativo di 77 registrato a fine novembre. Il tasso di occupazione dei posti letto in emergenza è al 39,7%, a fronte di una soglia di allarme del 30%. Nei reparti ordinari il tasso di occupazione è al 38%, due punti sotto la quota limite del 40%. Gli altri 11.841 attualmente positivi (83 in più rispetto a venerdì) sono in isolamento domiciliare.

Fortissima la pressione sull’ospedale di Pescara: il Covid hospital è al completo ed è stato necessario riconvertire altre aree del blocco principale con decine i pazienti già trasferiti in altri ospedali, soprattutto all’Aquila. Le aree più colpite sono le provincie di Chieti e di Pescara, dove dilaga la variante inglese: nel caso del pescarese si stima che sia responsabile del 70% dei contagi, nel chietino del 60%. I nuovi positivi hanno un’età compresa tra sei mesi e 94 anni.

La Procura di Pescara ha avviato un’inchiesta sulla crescita esponenziale di contagi nelle ultime settimane. I Nas sono stati in regione, all’Asl e in ospedale: acquisiti i verbali delle Unità di crisi, gli atti relativi all’emergenza e i dati sui contagi. Il reato ipotizzato è omissione di atti d’ufficio.