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Israele, per gli exit poll testa a testa Herzog – Netanyahu

Israele, per gli exit poll testa a testa Herzog – NetanyahuBenjamin Netanyahu – Lapresse/Reuters

Elezioni in Israele Il Likud vince le elezioni politiche anticipate in Israele. I palestinesi: il processo di pace è finito, denunceremo Tel Aviv a L'Aja e chiederemo il rispetto dei nostri diritti all'Onu

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 18 marzo 2015
Michele Giorgio Gerusalemme

Il Likud di Benjamin Netanyahu ha vinto nettamente le elezioni anticipate in Israele. In base al 99,5% dei voti scrutinati il partito di destra ha ottenuto 30 seggi contro i 24 dell’Unione sionista (centro-sinistra). Terza con 14 seggi la lista araba unita che si presentava per la prima volta alle elezioni (aggiornamento redazionale delle 9.50 del 18 marzo 2015)

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Netanyahu ha dichiarato che entro 2-3 settimane procederà al varo di un governo di destra con gli alleati storici del Likud. il segretario laburista Herzog si è congratulato e ha ammesso la sconfitta. Zehava Galon, la leader della sinistra sionista, Meretz (4 seggi) si dimette.

Gelide le reazioni palestinesi viste le dichiarazioni elettorali del premier uscente. A questo punto il processo di pace è finito e ci rivolgeremo all’Aja e alle Nazioni unite per il rispetto dei nostri diritti, hanno detto autorità palestinesi ad Haaretz in mattinata.

(di seguito l’articolo pubblicato ieri alle 22.30)

Ieri sera a caldo, invece, i primi exit poll aveva dato l’illusione di un testa a testa tiratissimo, 27 seggi per il Likud del primo ministro e della destra Benyamin Netanyahu e la lista Campo Sionista del laburista Yitzhak Herzog. Subito dopo c’è la Lista Araba Unita con 13 seggi a rappresentare il terzo gruppo alla Knesset, una vetta mai raggiunta in passato dai partiti arabi. Ecco la prima schermata basata sugli exit poll:

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È questo l’exit poll che ha reso pubblico «Canale 10» alla chiusura dei seggi elettorali. Simili i dati emersi dagli exit poll delle altre reti televisive, con il Likud in leggero vantaggio. Risultati che confermano che il premier è riuscito a recuperare il gap di 3-4 seggi a vantaggio di Herzog che i sondaggi indicavano appena qualche giorno fa. L’era Netanyahu potrebbe non essere finita. Il presidente Rueven Rivlin ha comunicato che premerà per la formazione di un governo di unità nazionale.

(di seguito l’articolo pubblicato ieri alle 21.45)

Tutti ora attendono l’esito, atteso questa mattina alle prime luci del giorno, dello spoglio delle schede, il computo dei voti effettivi, per capire chi tra Netanyahu e Herzog risulterà il vincitore, anche se ieri sera i sostenitori del Likud già festeggiavano.

Alle 22 è cominciata una notte elettorale senza precedenti nei passati 15 anni, da quando con Ariel Sharon la destra israeliana, attraverso governi diversi, ha preso possesso del potere. Nelle sedi dei due schieramenti opposti, Likud e Campo Sionista, la tensione era molto forte. I leader dei partiti minori temevano di pagare le conseguenze degli appelli al «voto utile», lanciati dai due rivali principali. A destra rischia di sparire il partito razzista Yisrael Beitenu, per l’innalzamento dello sbarramento elettorale dal 2 al 3,25% voluto dal suo leader e ministro degli esteri Avigdor Lieberman.

A sinistra potrebbe non farcela il Meretz, la sinistra sionista. Netanyahu e Herzog, spiegano gli esperti, potrebbero non essere in grado di formare una coalizione. Il primo ministro in realtà ha possibilità maggiori del suo avversario di dare vita ad un nuovo governo, di destra estrema. Herzog infatti è bloccato anche dal veto che tutti i partiti sionisti pongono all’ingresso nell’esecutivo della Lista Araba. L’intesa di cui parlava ieri sera Netanyahu per l’appoggio esterno degli arabi a un possibile governo Herzog, è solo frutto della «strategia del panico» portava avanti dal premier.

Netanyahu ieri mattina ha offerto un’idea precisa di ciò che ha in mente quando insiste sul riconoscimento da parte palestinese di Israele come Stato del popolo ebraico.

Il premier ha lanciato un appello affinché gli elettori ebrei andassero in massa a votare per contrastare l’affluenza alle urne, secondo lui superiore rispetto alle passate consultazioni, che si stava registrando nei centri abitati arabi. Come se i cittadini arabo israeliani non stessero esercitando il diritto di voto sancito dalla legge fondamentale e fossero invece un corpo estraneo mobilitato da «entità esterne» per distruggere il suo governo, il suo partito e l’intero Stato di Israele. «Il governo di destra è in pericolo, gli arabi stanno andando in massa a votare. Con il vostro aiuto e con l’aiuto di Dio, costruiremo un governo nazionalista che proteggerà Israele», ha scritto Netanyahu nella sua pagina Facebook rivolgendosi agli israeliani ebrei. È stato un attacco frontale al 20% della popolazione, in linea con le dichiarazioni da leader della destra più radicale fatte dal primo ministro nelle 72 ore precedenti al voto: dalla netta esclusione della nascita di uno Stato palestinese all’annuncio di una ulteriore massiccia espansione degli insediamenti colonici in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Il presidente degli Usa non esorterebbe mai i bianchi ad andare a votare per contrastare un’alta affluenza dei neri e viceversa. Invece per il primo ministro di Israele è naturale appellarsi al voto in massa dei cittadini ebrei per opporlo a quello di cittadini non ebrei. Tutto ciò mentre nessun dato ufficiale confermava in quelle ore una partecipazione massiccia degli arabo israeliani al voto.

Secca la replica a Netanyahu giunta dal leader della Lista Araba Unita, Ayman Odeh. «Di solito il primo ministro in ogni paese incoraggia le persone ad esercitare il loro diritto di voto. Netanyahu invece ha paura quando le persone vanno alle urne. Posso solo commentare che ha motivo di essere spaventato perché rimarrà premier ancora per poche ore». Sull’accaduto sono intervenuti anche due candidati ebrei. «Un primo ministro che fa campagna contro il voto di cittadini che appartengono a una minoranza etnica ha superato la linea rossa dell’incitamento e del razzismo – ha detto Dov Khenin della Lista Araba Unita (che include anche ebrei) – Netanyahu dimostra che è pronto a rompere i principi democratici».

Secondo Shelly Yachimovich, in terza posizione sulla lista Campo Sionista, «a preoccupare Bibi è che tutti i cittadini israeliani si stanno muovendo in massa per farlo cadere democraticamente».

Il Likud ha poi precisato che non è un problema la partecipazione al voto degli arabi. Ma ha tirato fuori ancora una volta la teoria del «complotto internazionale», cara a Netanyahu, sostenendo che «alcune Ong» grazie a fondi ricevuti dall’estero avrebbero favorito in vari modi l’affluenza dei cittadini arabi ai seggi. Netanyahu comunque ha continuato per la sua strada e non ha esitato a convocare una conferenza stampa con un evidende intento di propaganda elettorale.

Il garante per le comunicazioni, su richiesta dei centristi di Yesh Atid, è riuscito però a bloccare la trasmissione alla radio e alla tv. «Nessuno ci chiuderà la bocca», ha reagito il primo ministro sostenendo che i suoi avversari Herzog, Livni e Yair Lapid (il leader di Yesh Atid) avrebbero parlato ovunque, a urne aperte. «Il panico di Netanyahu è imbarazzante», ha replicato Herzog «chi vuole un primo ministro che si preoccupa dei cittadini, che non incita o divide, deve alzarsi in piedi, uscire e andare a votare. Le elezioni sono una battaglia decisiva per futuro della nazione». Poi sono arrivati i primi exit poll.

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