Israele, il piano di annessione di Netanyahu unisce la sinistra
Israele Erano migliaia sabato sera gli israeliani in piazza Rabin a Tel Aviv a contestare l'espansionismo di Netanyahu e la violenza della polizia contro i palestinesi. Ma resta evidente l'esiguità delle forze di sinistra di fronte allo strapotere della destra.
Israele Erano migliaia sabato sera gli israeliani in piazza Rabin a Tel Aviv a contestare l'espansionismo di Netanyahu e la violenza della polizia contro i palestinesi. Ma resta evidente l'esiguità delle forze di sinistra di fronte allo strapotere della destra.
Da settimane il piano di annessione unilaterale a Israele della Cisgiordania è contestato dalla Giordania, criticato dall’Unione europea e respinto con forza dai palestinesi. Ma c’è anche una opposizione interna. Il piano di Netanyahu avuto il potere di assemblare vari pezzi della sinistra israeliana che sabato sera si è ritrovata in Piazza Rabin a Tel Aviv per una manifestazione descritta da molti come un successo.
Seimila attivisti e simpatizzanti di oltre 30 gruppi di sinistra e di varie organizzazioni pacifiste, hanno affermato il rifiuto dell’annessione del territorio palestinese, ricevendo il sostegno del senatore socialista americano Bernie Sanders. Al raduno ha avuto voce anche la campagna “Palestinian lives matter” idealmente unita a quella negli Usa per l’omicidio di George Floyd e le uccisioni di cittadini neri da parte della polizia. Tanti hanno scandito il nome di Iyad Hallaq, il 32enne autistico palestinese, ucciso senza motivo una decina di giorni fa a Gerusalemme da un poliziotto israeliano. Come porre la manifestazione nel contesto nell’attuale realtà politica e sociale israeliana è l’interrogativo di molti. Il giudizio di Orly Noy, direttrice del sito progressista d’informazione +972, è positivo. In Piazza Rabin a Tel Aviv, sostiene, si è accesa una luce di speranza. «La lotta contro il piano di annessione di Netanyahu non deve essere solo dei palestinesi. Come ebrei dobbiamo impegnarci in questa lotta, per solidarietà e per noi stessi, per dire che non continueremo a uccidere e morire come bastardi senza gloria, padroni di un territorio che non ci appartiene», ha detto sabato sera rivolgendosi ai manifestanti.
Meno entusiasta è il giudizio dell’analista Michael Warshawsky. «Cinque-seimila persone sono un numero irrilevante di fronte al consenso enorme di cui gode Netanyahu» ci dice «alla manifestazione c’erano i resti di una sinistra israeliana senza più sostegno nel paese che continua sterilmente ad invocare la soluzione dei Due Stati (Israele e Palestina) uccisa da lungo tempo dalla colonizzazione della Cisgiordania». Warshawsky allo stesso tempo ritiene significativo il protagonismo dei palestinesi d’Israele l’altra sera a Tel Aviv: «Oggi rappresentano l’unica sinistra, capace di mobilitare anche gli ebrei dietro l’idea di uno Stato per tutti».
Lontano da Piazza Rabin, Benyamin Netanyahu, il ministro della difesa Gantz e quello degli esteri Ashkenazi si preparano domani a ricevere il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas. Al quale hanno riservato una spiacevole sorpresa, riferiva ieri il quotidiano Haaretz. Maas durante la sua visita non potrà incontrare il presidente palestinese Abu Mazen. Ad impedirglielo, gli hanno spiegato gli israeliani, sono le misure di contenimento del coronavirus. Se andasse a Ramallah sarebbe poi costretto ad andare in quarantena al suo rientro in Israele. Davvero strano poiché da un mese si entra e si esce dalla Cisgiordania senza dover poi osservare alcun periodo di quarantena.
Maas verrà ad esprimere il disappunto del suo paese per il piano di annessione unilaterale a Israele di larghe parti di Cisgiordania. E chiarirà la difficile posizione in cui Netanyahu stanno mettendo il suo paese, principale alleato dello Stato ebraico nella Ue. Quella tedesca è l’iniziativa europea più incisiva con cui il premier israeliano deve confrontarsi da quando ha dato vita al «governo dell’annessione» con l’ex avversario Benny Gantz, ora suo partner nella «estensione della sovranità dello Stato di Israele» sui territori palestinesi occupati. Netanyahu non vuole e non può fare marcia indietro. Tuttavia sa di dover dare a Maas una risposta per gli alleati tedeschi. Prometterà con ogni probabilità una annessione di territorio inferiore rispetto al 30% di cui si è parlato sino ad oggi o forse la rinuncia temporanea, solo per qualche mese, all’annessione Valle del Giordano.
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