Israele frena sulla tregua e accelera costruzione muro sottomarino
Gaza Dalla riunione del consiglio di difesa israeliano non è emersa la risposta positiva che si attendevano Egitto e Onu e anche gli islamisti di Hamas che venerdì avevano dato il via libera a una intesa per un cessate il fuoco di lunga durata.
Gaza Dalla riunione del consiglio di difesa israeliano non è emersa la risposta positiva che si attendevano Egitto e Onu e anche gli islamisti di Hamas che venerdì avevano dato il via libera a una intesa per un cessate il fuoco di lunga durata.
No alla tregua a lungo termine con Hamas, niente progetti infrastruttuali per la popolazione palestinese e costruzione a tappe forzate di un “muro” sottomarino volto a rafforzare la chiusura della Striscia di Gaza. Questo l’esito della riunione del consiglio di difesa israeliano, riunitosi domenica per decidere sull’accordo per un cessate il fuoco permanente con il movimento islamico, mediato dall’Egitto e dall’Onu. Con un comunicato stringato, il premier Netanyahu ha fatto sapere soltanto che l’esercito «è pronto per qualsiasi scenario». Motivo principale di questo ulteriore irrigidimento, dopo che venerdì e sabato si era parlato di una tregua di cinque anni ormai a portata di mano, la pressione della maggioranza degli israeliani contraria a qualsiasi allentamento dell’assedio di Gaza fintanto che Hamas non avrà restituito i resti di due soldati caduti durante l’offensiva mdel 2014 e i due civili israeliani (un ebreo etiope e un beduino) detenuti nella Striscia. Gli israeliani preferiscono, per ora, rischiare una nuova guerra piuttosto che andare a una tregua di lungo periodo peraltro a condizioni molto favorevoli per loro visto che ai palestinesi di Gaza garantisce solo aiuti umanitari. «Non c’è alcun processo verso un accordo», ha ribadito ieri il ministro Yoav Galant.
Israele frena sulla tregua e invece accelera sulla realizzazione di una barriera all’altezza della spiaggia di Ziqim, vicino a Gaza. Questo nuovo “muro” avrà una base in parte sommersa larga 50 metri e lunga 200 metri – ormai quasi completata – ed una emersa alta sei metri su cui saranno installati sistema di sorveglianza elettronica. Lo scopo ufficiale del progetto è sventare “infiltrazioni” da parte degli uomini-rana di Hamas. «Ogni giorno che passa Hamas perde le proprie capacità di colpire Israele», commentava ieri il ministro della difesa Lieberman. L’effetto immediato sarà quello di una morsa che si stringe ancora di più intorno a Gaza. Proprio nel fine settimana la Marina militare israeliana ha bloccato in acque internazionali la seconda imbarcazione inviata dalla “Freedom Flotilla” verso Gaza e l’ha trainata fino al porto di Ashdod. I 12 passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo sono stati arrestati e detenuti. Ieri Israele ha cominciato ad espellerli.
La delusione tra la gente di Gaza è palpabile. Per la popolazione civile, stremata da 12 anni di blocco israeliano (molto più di un embargo economico come talvolta viene scritto), al quale contribuisce l’Egitto con la chiusura del valico di Rafah, la tregua vuol dire evitare una nuova offensiva militare israeliana e avviare importanti progetti infrastrutturali che potrebbero generare tanti posti di lavoro. Ma è un colpo anche per la leadership politica di Hamas da giorni riunita a Gaza alla presenza di dirigenti giunti dall’estero per esaminare le proposte giunte dall’Egitto. Dal Libano è arrivato a Gaza anche Saleh Aruri, un importante comandante militare (sulla lista nera di Israele) allo scopo di persuadere il braccio armato armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, a non bocciare all’intesa. Da Israele però non è giunta la risposta che i palestinesi, Egitto e Onu si attendevano. I comandanti militari di Hamas hanno reagito subito mettendo in chiaro che se Israele afferma che il suo esercito «è pronto per qualsiasi scenario», le Brigate Ezzedin al Qassam sono «in grado di infliggere al nemico perdite che il suo governo e le sue retrovie nemmeno immaginano».
Mukraim Abu Saada, docente universitario e analista politico di Gaza, non condivide il pessimismo generale. «Una tregua limitata può essere un inizio» ci diceva ieri «Israele vuole la fine delle tensioni lungo le linee di confine e dei lanci di palloni incendiari (da parte dei palestinesi, ndr). Hamas ha bisogno di soluzioni immediate da offrire alla popolazione e della riapertura dei valichi con Israele e Egitto». Secondo Abu Saada, Netanyahu starebbe tentanto di ottenere il massimo dei suoi obiettivi, ossia la restituzione dei corpi dei soldati morti e dei due prigionieri senza liberare, in cambio, detenuti politici palestinesi. «Ma anche Israele dovrà accettare i termini di un compromesso, altrimenti l’unica alternativa sarà la guerra».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento